Passo davanti a un televisore e rivedo la fine de “L’Uomo Bicentenario”. Mi si stringe il cuore, non solo per il film in se, ma anche per l’uomo, l’attore, che non c’è più, distrutto dalla depressione, incapace di ancorarsi a quella voglia di vivere che ci aveva trasmesso coi suoi film. Non ha retto, al pari dello studente suicida de “L’attimo fuggente”, ha ringraziato e ha preso la porta, nel modo in cui tutti meno se lo aspettavano. Quel sorriso malinconico, quella incredibile versatilità. Uno non pensa a quanto un attore è passato nei suoi occhi, a quanto i vari film abbiano lasciato nella sua mente e nei suoi ricordi, fino a che questo scompare. E di colpo, l’attimo è fuggito e con lui l’uomo bicentenario, Flubber, Patch Adams, un redivivo Peter Pan, Mrs Doubtfire, Jumanji e non ricordo quali altri, ma adesso lui è lì, al di là dei sogni, come in quella omonima pellicola. E’ lì con Philip Seymour Offman, suo rivale/amico in Patch Adams, un altro di quelli che ti accorgi solo dopo che se n’è andato che l’hai visto in un sacco di film…
E ora teniamoci i ricordi in celluloide, quei film non saranno più gli stessi, avanzando con gli anni ce ne faremo una ragione. Grazie Robin, per le risate e le emozioni. Mi auguro tu possa aver ricevuto un riconoscimento, per quello che ci hai dato in terra. So long.
Stefano