Per cominciare, io il basket non lo vedo, lo leggo, lo guardo mediante gli highlights e nonostante tutto questo ne scrivo. Ragion per cui ogni dettaglio tecnico su come hanno giocato gli azzurri sabato 9 luglio, lo lascio agli esperti. Io non sono un hater, non ce l’ho con Bargnani o Gentile, ne ho letto peste e corna, ho letto pareri su Messina e il suo gioco poco offensivo, ho letto che forse sarebbe stato il caso di portare Della Valle o Polonara, chiaramente tutti, come nel calcio, sono coach.
Ma la mia analisi parte da un po’ più lontano. Parte da un presidente federale che ha nominato si, il miglior tecnico italiano (e d’Europa diciamolo) in circolazione, ma che da solo non è riuscito a far trovare la quadra al gruppo con le migliori individualità di sempre che, di conseguenza non riesce a diventare la millantata, proprio da Gianni Petrucci, “nazionale più forte di sempre”. Ma Petrucci aveva tessuto la sua trama spingendo politicamente, per avere il preolimpico dell’Italia a Torino e facendo in modo che il sorteggio ci sorridesse nelle squadre partecipanti. Per poter realizzare tutto questo ha sposato in toto la linea della Fiba su quelle che saranno le coppe europee di qui ai prossimi anni, mettendo all’angolo quello che restava della Lega Basket le cui squadre di maggior successo attualmente (eccetto Milano che farà l’Euroleague) si sono autoescluse dalle coppe organizzate dalla ECA, mentre quelle più modeste faranno la Fiba Champions League (in questo articolo ci sono approfondimenti in merito). Il risultato è che alcuni dei migliori prospetti italiani, non si confronteranno coi pari ruolo, ma giocheranno solo nella mediocre Serie A italiana, a meno che non ci siano cambi di direzione. E naturalmente in barba al professionismo, al libero mercato e alla tanto millantata crescita del movimento.
Già il movimento: quest’anno, con parziale gioia, ho preso positivamente l’esclusione di Della Valle, Cinciarini o Pascolo dai 12 del preolimpico (che già erano dati per partecipanti a Rio, ricordiamo che la grancassa mediatica ha pompato parecchio), non tanto perché non mi piacciono, ma perché finalmente ci possiamo prendere il lusso di lasciare a casa qualcuno di importante e non per infortunio, ma perché ci sono più opzioni disponibili. Non abbiamo i 31 a disposizione che chiamano per il Dream Team, ma è già qualcosa. Poi il risultato è mancato, ma questa è un’altra storia. Quello che emerge è che la base finalmente sta tornando ad allargarsi, anche se quello che manca è, ancora, un campionato in grado di far crescere i talenti. Abbiamo due leghe, la Legabasket serie A e la Lega Nazionale Pallacanestro (Serie A2, B e C Gold) che non si parlano tra loro, che si passano una promozione/retrocessione all’anno (e la A2 è una competizione a 32 squadre!) con regolamenti diversi (la LNP è dilettantistica la Serie A è professionistica) e con la seconda che non è realmente una lega di sviluppo nonostante la meglio gioventù finisca per girare tutta lì, prima di tornare a scaldare il pino in Serie A, dove al posto loro giocano i migliori peggiori stranieri in circolazione.
Ragion per cui, nonostante i migliori giocatori di sempre, capita che questi non solo non siano all’altezza del compito che ci si aspetta da loro, ma nemmeno abbiamo con chi sostituirli: col senno di poi aveva senso convocare Bargnani che non gioca da febbraio perché tagliato e tuttora senza squadra? E Gallinari in ripresa dall’ennesimo infortunio nonostante la sua miglior stagione? Gentile ha debolezze nella sua gestione mentale ma detto ciò, con chi si sostituiscono questi elementi? Con quelli che hanno vinto l’europeo under 20 del 2013? Non scherziamo!
Quindi in sostanza? Se si fosse vinto il preolimpico avrei pensato (e forse non scritto) che il gioco è valso la candela: Petrucci e la Fip avrebbero dimostrato che la nazionale è il fulcro della pallacanestro italiana, che è giusto per i club stare nell’orbita Fiba, che Pianigiani era il Male e Messina il Bene. Invece la nazionale si è fatta fuori da sola, nonostante un torneo, diciamolo, costruito su misura e fatto apposta per celebrare Petrucci e la Fip. Un torneo tra l’altro visto da pochissimi in tv perché la stessa grande federazione non è in grado di imporre visibilità in chiaro, almeno in differita al colosso televisivo che detiene i diritti del preolimpico e che due canali in chiaro dove poter mettere una finestra di basket internazionale li ha. Un torneo la cui organizzazione ha spinto i club all’angolo riducendo la Legabasket a una sigla, un torneo che se vinto, non avrebbe cambiato una virgola di ciò che è il movimento cestistico, un torneo che, per pura politica ci ha portato fuori dall’Europa della palla a spicchi che conta. Un torneo che speriamo ha finalmente messo in luce che cosa è oggi la pallacanestro italiana: un disastro da rifondare, ma per davvero. A partire dai vertici federali, autori di questo capolavoro.
Stefano Bonacorsi