Perché Pd significa soldi e non Partito Democratico

Un parere interessante e diverso dal solito, rispetto a quanto si è letto sulla elezione di Elly Schlein alla segreteria del Partito Democratico, lo ha dato Franco Marino sul suo “La Grande Italia” (lo potete trovare qui, e mentre lo leggete potete ascoltare anche il mio podcast in merito). Per quanto mi trovi d’accordo ho maturato una ulteriore riflessione relativamente a quello che gira intorno al mondo sinistro.
Chi mi ha seguito nei miei vari blog, sa che fino al 2009 ho militato attivamente in politica, pur limitandomi all’ambito universitario e togliendomi anche qualche soddisfazione. Ero tuttavia abbastanza anomalo avendo come punti di riferimento Fausto Bertinotti e Antonio Di Pietro, a oggi potrei essere definito un grillino ante litteram, la cosa curiosa è che quando cominciò a emergere il movimento di Beppe Grillo, lo guardai con enorme diffidenza.
Conoscendo quindi l’area di provenienza di Elly Schlein posso affermare quasi con certezza che le ultime primarie PD sono state una mera questione di soldi. Soldi e potere. Soldi perché un partito che chiede ai simpatizzanti due euro vuol dire che a conti fatti ne raccoglie due milioni che da un lato servono per la macchina organizzativa, ma dall’altro vanno a rimpolpare le casse di di un movimento in costante campagna elettorale. Del resto la politica costa e questo, i radical chic, che dal 2008 si sono visti di fatto cancellare o ridurre ai minimi termini all’interno dello scenario elettorale, lo sanno molto bene.
Lo sanno talmente bene che, dopo anni passati a flirtare coi leaders più propensi a non rinunciare a una fetta residuale di elettori (e che sono costati i voti degli indecisi, che normalmente si piazzano al centro) hanno finalmente trovato il modo di scalzarli. Non più le briciole in termini di voti e poltrone, ma le stanze dei bottoni. Schlein, pur dovendo rendere conto all’establishment di cui comunque è figlia (Franceschini in testa), se manterrà la parola inclusione aprirà le porte a una federazione a sinistra, e sigle come Articolo 1 o Sinistra Italiana diventeranno di fatto correnti interne al Pd. Con la conseguenza che però potranno partecipare attivamente alla spartizione di poltrone elettorali e non che contano, laddove sarà possibile, senza passare per trattative pre elettorali. Da stampella a protesi il passo è breve. Ma soprattutto ci sarà la gestione della cassa e delle candidature. Con conseguenti purghe… ma loro son democratici, si sa-
E gli altri? A coloro che si aspettavano la vittoria di Bonaccini, altro non rimarrà che tenersi stretti i posti di comando laddove li hanno: Bonaccini per l’appunto in Emilia Romagna, Giani in Toscana, De Luca in Campania ed Emiliano in Puglia. Da lì, una volta capita in che direzione andrà la nuova segreteria si capirà dove andranno le alleanze, se in direzione del fantomatico campo largo, o in spacchettamenti radicalizzati verso sinistra o liberali verso il centro. La prova saranno, come sempre le elezioni, perchè i nomi sopra citati hanno in mano quello che conta, e cioè i pacchetti di voti. Voti che significano possibilità di elezione, occupazione di poltrone e, conseguentemente, soldi.
Insomma, laddove l’apparato aveva preferito Bonaccini, Schlein su quell’apparato mette le mani. Prima di un anno, comunicati stampa a parte, non sarà visibile nulla di quanto scritto qui, e forse nemmeno dopo. Ma sappiate che, anche i compagni, alla maniera di Frank Zappa, sono qui solo per i soldi.

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