Lavoro e assunzioni, tutte le novità della Legge di Bilancio

Dalle modifiche all’assegno unico e universale passando per l’incentivo assunzione donne svantaggiate

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Di Stefano Bonacorsi per La Pressa

La Legge di Bilancio 2023 (legge n.197/2022) ha introdotto alcune novità in materia di lavoro, incentivi alle assunzioni e produttività. Vediamo le più importanti novità in merito analizzate da Lapam Confartigianato

Detassazione dei premi di risultato

L’articolo 1, comma 63 riduce dal 10% al 5% l’aliquota dell’imposta sostitutiva per i premi di produttività erogati nell’anno 2023.

Versamenti sospesi nel settore sportivo

All’art. 1, commi 160 e 161, si prevede che i versamenti delle ritenute alla fonte, comprese quelle dovute per addizionali regionali e comunali, già sospesi a favore degli organismi sportivi, il cui termine è scaduto lo scorso 22 dicembre 2022, sono considerati tempestivi se effettuati in un’unica soluzione entro il 29 dicembre 2022 oppure in 60 rate di pari importo, tre delle quali da versare entro la stessa data (unitamente ad una maggiorazione del 3% dell’intero importo) e le rimanenti entro l’ultimo giorno di ciascun mese, a decorrere da gennaio 2023.

Esonero contributi IVS

ll comma 281 rimodula per il 2023, l’esonero sull’aliquota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) dovuta dai lavoratori dipendenti, ad esclusione dei lavoratori domestici. La nuova formulazione della norma prevede che l’esonero a favore del dipendente sia pari al 3%, se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 1.923 euro, o al 2%, se la retribuzione imponibile mensile è superiore a 1.923 euro e non eccede l’importo di 2.692 euro.

Incentivo all’assunzione di percettori di reddito di cittadinanza

Viene introdotto un nuovo esonero contributivo a favore dei datori di lavoro, ad eccezione di quelli domestici, che nel corso del 2023 assumono con contratto di lavoro a tempo indeterminato beneficiari del reddito di cittadinanza.

Ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, il nuovo incentivo consiste in un esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro e spetta per un periodo massimo di 12 mesi, nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.

L’incentivo è previsto per le assunzioni a tempo indeterminato, o per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, purché avvenute dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.

Incentivo assunzione under-36

Con il comma 297, la Legge di Bilancio 2023 estende alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, di soggetti che non hanno compiuto il 36° anno di età, l’esonero contributivo totale già previsto per le assunzioni dei medesimi soggetti effettuate nel biennio 2021-2022.

L’esonero è riconosciuto per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, effettuate nell’anno 2023 e relative a soggetti che non hanno compiuto il 36° anno di età, e non siano stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro nel corso dell’intera vita lavorativa.

L’esonero compete:

  • nella misura del 100% dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro privato (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL e ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche) e nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro annui, riparametrati e applicati su base mensile (aumentati dalla Legge di Bilancio 2023 rispetto al limite di 6.000 euro vigente per gli anni 2021 e 2022);
  • per un periodo massimo di 36 mesi, elevato a 48 mesi per le assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

Incentivo assunzione donne svantaggiate

Con il comma 298 è prevista l’estensione temporale, alle assunzioni effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 di donne cosiddette “svantaggiate”, dell’esonero contributivo totale già previsto per le assunzioni effettuate nel biennio 2021-2022 dall’articolo 1, comma 16, della Legge di Bilancio 2021.

Riprendendo anche in questo caso la norma riferita al biennio precedente, l’esonero è riferito alle assunzioni a tempo determinato, a tempo indeterminato, nonché per le trasformazioni a tempo indeterminato di un rapporto precedentemente agevolato, effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, di donne che si trovano in una delle seguenti condizioni:

  • con almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre 12 mesi;
  • di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione Europea, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
  • di ogni età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità di genere, con un tasso di disparità uomo-donna che superi di almeno il 25% la disparità media uomo-donna, e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
  • residenti in Italia e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi.

A fronte delle condizioni soggettive predette, l’esonero spetta nella misura del 100% dei contributi previdenziali e nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro annui (nel biennio precedente il limite era di 6.000 euro), riparametrati e applicati su base mensile e per un periodo massimo di 12 mesi in caso di contratto a tempo determinato (ovvero la minor durata del rapporto) e di 18 mesi in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato.

Lavoro agile: lavoratori fragili

Il comma 306, articolo 1, della Legge di Bilancio 2023 proroga al 31 marzo 2023 il lavoro agile per i lavoratori del settore privato che sono “soggetti fragili“, ovvero affetti dalle patologie e condizioni individuate dal Decreto del Ministro della salute 4 febbraio 2022.

Fino al 31 marzo 2023, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati cosiddetti fragili, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi di lavoro vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ove più favorevoli.

Disciplina del lavoro occasionale

L’art. 1, comma 342 e successivi, interviene con riferimento ai contratti PrestO apportando alcune modifiche alla disciplina generale delle prestazioni accessorie rese nei confronti delle imprese.

È prevista l’applicabilità della disciplina alle prestazioni che danno luogo per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 10.000 euro (anziché i 5.000 euro precedentemente previsti). È, altresì, estesa alle attività lavorative di natura occasionale svolte nell’ambito delle attività di discoteche, sale da ballo, night-club. È abrogata la previsione che richiedeva, nell’ambito delle prestazioni da rendere a favore di imprese del settore agricolo, l’autocertificazione del prestatore nella piattaforma informatica, di non essere stato iscritto nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli. Infine, è innalzato a 10 il numero dei lavoratori dipendenti dall’utilizzatore al fine di determinare la possibilità di ricorso alla prestazione occasionale.

Sono, inoltre, previste disposizioni speciali per facilitare il reperimento di manodopera per le attività stagionali, favorendo forme semplificate di utilizzo delle prestazioni di lavoro occasionale a tempo determinato in agricoltura. In particolare, le prestazioni agricole di lavoro subordinato occasionale a tempo determinato sono riferite ad attività di natura stagionale di durata non superiore a 45 giornate annue per singolo lavoratore, rese da soggetti che, a eccezione dei pensionati, non abbiano avuto un ordinario rapporto di lavoro subordinato in agricoltura nei tre anni precedenti all’instaurazione del rapporto, ovvero diverso da quello previsto dalla presente disciplina, quali:

  • persone disoccupate, nonché percettori della NASpI o della DIS-COLL o del reddito di cittadinanza ovvero percettori di ammortizzatori sociali;
  • pensionati di vecchiaia o di anzianità;
  • giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un’università;
  • detenuti o internati, nonché soggetti in semilibertà provenienti dalla detenzione o internati in semilibertà.

Modifiche all’assegno unico e universale

All’art., co. 357, si prevede che dal primo gennaio 2023, sia incrementato del 50% l’assegno unico per le famiglie con figli di età inferiore a un anno e per i figli con un’età compresa da uno a tre anni per le famiglie con tre o più figli e con ISEE fino a 40.000 euro. Prevista anche una maggiorazione del 50% dell’assegno unico per le famiglie con 4 o più figli. Sono confermate e rese strutturali le maggiorazioni dell’assegno unico per ciascun figlio con disabilità a carico senza limiti di età.

Congedo parentale

Previsto al comma 359 dell’art. 1 un ulteriore mese di congedo facoltativo di maternità o, in alternativa, di paternità, retribuito all’80%, fino al sesto anno di vita del bambino.

Proroga CIGS per cessazione attività

L’art. 1, comma 329, proroga, per il 2023 e nel limite di spesa di 50 milioni di euro, la possibilità per le imprese che cessano l’attività produttiva di accedere, in deroga ai limiti generali di durata vigenti e qualora ricorrano determinate condizioni, ad un trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale finalizzato alla gestione degli esuberi di personale, per un periodo massimo di 12 mesi, di cui all’art. 44 del DL n. 109/2018.

In merito alla manovra, il presidente di Lapam Gilberto Luppi ha commentato «Possiamo dire di essere moderatamente soddisfatti dalla legge di Bilancio dopo il via libera definitivo del Senato. Il lavoro che abbiamo fatto come Confartigianato Lapam in questi mesi ha dato i suoi frutti, infatti sono state accolte diverse nostre proposte. Su altri fronti c’è ancora molto da fare anche se non mancano le premesse positive. Dobbiamo lavorare affinchè le enunciazioni diventino presto realtà. Apprezziamo la continuità con i provvedimenti già assunti dal precedente esecutivo, la compatibilità con le misure del PNRR e i conti della finanza pubblica e la priorità assoluta alla riduzione dell’impatto dei rincari dell’energia su imprese e famiglie. Inoltre, come sollecitato da noi, questa legge è orientata a gettare le basi della tanto attesa riforma fiscale, a semplificare la vita delle imprese e a salvaguardare concretamente il sistema manifatturiero made in Italy, favorendo anche la creazione di lavoro. Su questi punti Lapam Confartigianato non può che concordare, nella speranza che diventino presto fatti concreti.»

Allo stesso tempo però però, Luppi non lesina l’invito a fare presto e bene, nell’interesse del sistema della piccola e media impresa diffusa sul territorio:

«Riteniamo che vadano assunte rapidamente altre misure per ridare ossigeno alle imprese. Tra queste, in particolare, lo sblocco dei crediti fiscali incagliati delle aziende che hanno utilizzato i bonus edilizia, il taglio degli oneri generali di sistema nelle bollette di luce e gas delle imprese con potenza superiore a 16,5 kW, la decontribuzione triennale per le assunzioni di apprendisti. Sul nostro territorio le piccole e medie imprese sono strategiche, le filiere e i distretti, certamente, ma anche la miriade di piccole realtà artigiane e commerciali che rappresentano una rete fondamentale anche per il welfare di prossimità. Occorre intervenire, e lo chiediamo con forza al Governo, nella direzione di una robusta semplificazione burocratica, sul tema dell’alleggerimento del peso degli aumenti delle materie prime ed è indispensabile pensare al sistema delle piccole imprese come una ‘grande impresa’ formata da tante piccole realtà. Le nostre aziende hanno reagito in modo eccellente alla crisi del Covid, con resilienza e sacrificio, ora ci aspettiamo da chi governa uno sforzo altrettanto forte per avviare un nuovo corso di politiche economiche a misure di artigiani, commercianti e Pmi.»

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Appello a Draghi, Benozzo ai Rettori: “Dimettetevi e forse vi dimenticheremo”

di Francesco Benozzo per La Pressa

‘Concedete agli studenti, ai dottorandi, agli assegnisti, ai giovani ricercatori una speranza per un futuro non asservito agli interessi mercatisti, globalisti e transumanisti: dimettetevi’. A firmare questo provocatorio appello ai rettori delle università italiane con una lettera aperta è il professore modenese Francesco Benozzo dell’università di Bologna insieme al collega romano Luca Marini.
‘Egregi colleghi, ci rivolgiamo a voi in questi termini, senza inutili orpelli, ricordando le volte in cui ciascuno di voi e chi vi ha preceduto si è rivolto a noi docenti utilizzando la stessa terminologia (“Caro collega”) al solo scopo di ottenere il voto. Ovviamente non vi abbiamo mai votato. Come non abbiamo mai votato i vostri predecessori. Per la semplice ragione che il nostro sistema di valori è talmente distante dal vostro e dai “colleghi” che voi rappresentate, da indurci a chiedervi una sola, semplice cosa: dimettetevi – scrivono Benozzo e Marini -. Voi che avete sostenuto o, per lo meno, non vi siete dissociati dalla lettera del vostro collega Ferruccio Resta, che ha impunemente utilizzato la qualifica di Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) per veicolare una sua personale dichiarazione di allineamento al sistema, spacciandola per atto collegiale, fate una cosa per il bene della comunità accademica: dimettetevi (e Resta sia il primo a farlo)’.

Ricordiamo che il numero uno della Conferenza dei rettori delle università italiane, Ferruccio Resta, nei giorni scorsi aveva pubblicato, sul sito istituzionale della CRUI (qui), un appello al premier chiedendogli di rimanare a Palazzo Chigi. ‘Caro Presidente Draghi, l’università ha bisogno di lei. Per questo vogliamo farle avere un rinnovato messaggio di stima e allo stesso tempo una richiesta di aiuto: la formazione, la ricerca e soprattutto le giovani studentesse e i giovani studenti del nostro Paese hanno bisogno di esempi da seguire e di riferimenti da ricordare’ – aveva scritto Resta.

‘Concedete agli studenti, ai dottorandi, agli assegnisti, ai giovani ricercatori una speranza per un futuro non asservito agli interessi mercatisti, globalisti e transumanisti: dimettetevi. E a quelli come noi che non credono – perché per esperienza non possono più credere – nell’etica di un sistema chiuso e autoreferenziale, date un motivo per ricredersi: dimettetevi. Dimettetevi e, quando la grande truffa pandemica e ciò che si cela dietro di essa sarà stata svelata, forse saremo disposti a fare una cosa: dimenticarvi’ – chiudono Benozzo e Marini.

Fiera Economia Montana, la difficoltà di creare eventi in montagna

Dall’autunno 2020 si è assistito a un rinvio di manifestazioni sulla scia di parametri che da un giorno all’altro potevano variare

Di Stefano Bonacorsi per La Pressa

Lascia un po’ interdetti la polemica, tutta pavullese, sul rinvio al 2023 della Fiera dell’Economia Montana. Tra la Giunta guidata da Davide Venturelli (nella foto) e il gruppo d’opposizione di Fratelli d’Italia, con Daniele Iseppi che fino allo scorso anno era vice sindaco, è un susseguirsi di  scambi di accuse di incapacità, contro l’esigenza di avere un evento che possa, in una qualche maniera, mantenere le aspettative  legate alla ricaduta in termini di presenze, soprattutto turistiche.

Vero è che nel 2019, anno dell’ultima edizione, si sono registrate oltre 30.000 presenze, ma è altrettanto vero che i motivi del rinvio dello scorso anno sono stati pressoché simili a quelli di questi ultimi mesi. Nel 2021 infatti sia Iseppi sia il presidente dell’Unione dei comuni del Frignano Giovanni Battista Pasini, hanno legato il rinvio della manifestazione all’incertezza della curva epidemiologica, senza nemmeno pensare a un rinvio a fine estate come era stato invece ipotizzato alla fine dello scorso febbraio. Anzi, per parola dello stesso Pasini, siccome si trattava di un evento a forte valenza agricola, il farlo a settembre l’avrebbe snaturata.

Dal canto suo la giunta Venturelli, dapprima giustifca il rinvio con il fatto che per realizzare la fiera in giugno si sarebbe rischiato un contingentamento dovuto ai protocolli covid, dopo di che, il definitivo annullamento della manifestazione è legato alle disdette di molti espositori dovute alla crisi economica, generata anche dalla guerra in Ucraina.

Ciò che nessuno invece osserva è che in montagna è più difficile che da altre parti organizzare eventi che attirino persone, con tanto di assunzione di rischi legati a normative di sicurezza. Dall’autunno 2020 si è assistito a un rinvio di manifestazioni sulla scia di parametri che da un giorno all’altro potevano variare, nonostante alcune amministrazioni coraggiose si siano comunque sbilanciate a favore del rischio e del ritorno economico (si pensi ai Giochi di Cioccolato e Croccante comunque realizzati a Sestola nel 2020 e alla festa della Castagna invece annullata a Montecreto all’incirca nello stesso periodo). Detta come va detta, troppa responsabilità in mano ad amministratori spesso lasciati in balia dell’emotività anziché della programmazione.

Gli strascichi sono sotto gli occhi di tutti, già nel 2020 notavamo su queste stesse pagine come c’era un’eccessiva timidezza nell’intraprendere attività mirate alla ripresa, laddove poi ci si è provato con norme più restrittive l’anno successivo con tutti gli annessi e connessi legati alla certificazione verde (che, per inciso, quando sarebbe dovuta essere calendarizzata la fiera lo scorso anno, cioè a giugno) ancora non era in vigore.

Stupisce che un comune con le spalle larghe come può essere Pavullo nel Frignano sia più timido rispetto ad altri, anche se va detto che le manifestazioni estive non mancheranno, anche se la tradizionale Fiera dell’Economia Montana forse ne sarebbe stata il fiore all’occhiello.

Sarà invece poco più che una pezza l’evento incentrato sulle eccellenze enogastronomiche previsto per settembre e annunciato dall’Assessore al commercio Alessandro Monti. Non si comprende infatti come si possa limitare la visione di Pavullo e del Frignano al mondo agricolo e culinario, quando oramai sono anni che anche in Appennino è avvenuto uno sviluppo industriale e, vivaddio, occupazionale che dovrebbe essere valorizzato, al punto di creare eventi che possano attirare investitori, magari anche con ricadute sul turismo, invece delle solite manifestazioni mangerecce, fatte per riempire i paesi nei weekend.

Carlo era la radio, e ci portò l’America, con lui se ne va un piccolo mondo

Carlo Savigni (1944-2022) fondatore di Modena Radio City

Gianni Galeotti per La Pressa

L’altra sera, dopo avere letto la breve storia sulla nascita di Modena Radio City che Carlo ci ha lasciato postato sul suo profilo Facebook, volevo chiamarlo, per chiedergli se avrei potuto pubblicarla. Qui, su La Pressa. Perché era bella, vera. Quella storia di cui molti 40 o 50enni di oggi conoscono il seguito, quello degli anni ’80, ’90, ma non l’inizio. Quella storia che più volte avevo sperato raccontasse, che in passato gli avevo detto (non chiesto), sarebbe stato bello raccontare. Nero su bianco però, non a voce. In modo che rimanesse lì, scolpita, a futura memoria. Anche a grandi pennellate. L’altra sera non gli mandai nemmeno un messaggio, per dirglielo, ma Carlo continuò stranamente ad essere lì. Riflesso con le stesse pennellate, con quei fulminei flash di vita, di libertà, di pionierismo, in quel film che stavo guardando: C’era una volta a Hollywood. Perché erano quei colori, quelle atmosfere, quei dettagli, che nei film di Tarantino sono sempre nuovi anche alla terza, quarta visione, che si rifletteva ciò che Carlo, per come molti lo hanno conosciuto, ci ha saputo trasmettere. Con il suo essere, forse più che con le sue foto. Quel mondo fatto di giovani liberi, di auto enormi e costose, che Carlo amava e che in parte aveva anche avuto, sulle quali, faccia al vento,  sfrecciavano verso un futuro sconfinato negli slanci e nelle possibilità, generazioni di cappelloni, accompagnati sempre da musica diffusa dalle prime autoradio e dalle prime radio libere che avevano negli speaker americani, così come poco dopo successe in Italia, delle vere e proprie star. Bene, Carlo era quello o, meglio, era anche quello. Era quello spirito, era quell’atmosfera, era quello slancio che con il suo essere, seppe assorbire, trapiantare e fare crescere qui, a Modena, nella nostra città. Decodificando quella visione d’oltre oceano nello spirito modenese. Nella Modena capace, pur nel suo piccolo, di fare tendenza, di essere Centro, di fare cose grandi. Come la radio. Che non a caso nacque con Vasco, a Zocca e con Carlo, con Modena Radio City, che nel nome richiamava quel famoso locale newyorkese, il music hall, con la sola aggiunta di Modena. Che non era poco. L’America delle radio libere portata qui. In questo senso Carlo Savigni non era un innovatore nel senso stretto, ma lo era nel momento in cui, dopo avere assorbito e riprodotto stili, tendenze, progetti, arrivava al punto da potersi permettere di imprimere il suo timbro, dare il suo marchio. Fu così, e lo dichiarò più volte, per la fotografia, e fu così per la radio. In tutti i suoi aspetti. Dagli speaker ai jingle, dai compressori per il suono ai microfoni alle cuffie. Che non capii mai come facesse a tenere così alte nel volume, pur non essendo sordo. Quando nel 1993 tornai da un viaggio negli Stati Uniti (regalo che mi feci per una laurea ormai conquistata), e con uno zaino pieno di musicassette sulle quali avevo registrato centinaia di stacchi e di jingle dei network radiofonici americani, passammo giornate, insieme ad Enrico Pagliarini, ad ascoltarle. Malati, di radio. Le radio americane continuavano a fare scuola, ad essere un riferimento, almeno per noi, ma non c’erano internet e altre possibilità per ascoltarle se non andando là. Io passai metà dei quindici giorni trascorsi negli States ad ascoltare radio e a registrare jingle. Gli amici mi compatirono, Carlo e Paglia mi capirono.

Carlo poteva permettersi il meglio, riusciva a farlo suo e a personalizzarlo. Aveva sempre l’ultima tecnologia disponibile e ci accompagnò nel passaggio dalle jingle machine, con cassettoni a nastro riavvolgibile in automatico con le quali si facevano partire le pubblicità ad una ad una con un dito che premeva su bottoni analogici che potevano anche incastrarsi, ai PC, dai vinili ai compact disc, dalle scalette create sulla base della propria fantasia o quella degli ascoltatori alle programmazioni con gli algoritmi di oggi.

La sua voce aveva un timbro speciale, così del resto lo era quella di Chicca e di Enzo (Natali) che magari, caro Carlo, ti saluterà con un sorriso. Anche lui ci ha lasciato a 78 anni. Voci che grazie ad una banda FM che negli anni ’70, quando Radio City nacque, era sostanzialmente vuota, era possibile ascoltare anche durante le vacanze in Trentino. Perché dalla serie di dipoli delle antenne fissate su un traliccio a Serramazzoni le onde, senza interferenze,  arrivavano fino là. Piene di suono, piene di musica, piene di una Modena che grazie a persone come lui era davvero sempre avanti e che ai tempi ci riempiva di tanto orgoglio. Di Carlo ammiravano e oggi, nel giorno dell’addio formale, molti di noi ricordano e mi piace ricordare la passione per la musica e il suono. La sua discografia personale prima in vinile poi in digitale, era sterminata, così come la sua conoscenza ma altra cosa che lo rendeva unico era la passione che aveva per la qualità del suono. Altra cultura persa, o meglio, ridotta ad una vera nicchia di audiofili. Prima con gli ampli analogici poi con quelli digitali. Era capace di passare ore a tarare, con spostamenti millimetrici di minuscoli pomellini, i compressori audio della radio. Guardando l’Orban come fosse un oggetto di culto. Un lavoro certosino, che ti manda in palla, da orecchio speciale. Come lui aveva, del resto. E che se non ce l’hai, non ce la fai. Capace di percepire le sfumature dei suoni degli amplificatori con standard inglesi, americani o giapponesi. E poteva parlartene, a lungo. Ricordo il ritorno in radio, dopo un periodo di assenza. Strepitoso con Sotto a chi Tocca, di cui la radio aveva fatto anche le magliette e le conduzioni a due con quel gigante buono di Victor Sogliani, dell’Equipe ’84 di cui Carlo era fotografo ufficiale. E si potrebbe, usando una frase fatta, parlarne per ore. Perché Carlo era ben più di un grande testimone di un’epoca, di una Modena davvero grande, Carlo Savigni era una epoca. Non faceva radio, era la radio. Per questo mi è dispiaciuto tanto quando lasciasti che la tua creatura, MODENA Radio City, fosse abbandonata in altre mani, mani che non la amavano e che le hanno tolto prima l’anima, poi il nome. Ma va bene così. Le cose accadono e ora basta. Arrivederci vecchio’

Francesco Benozzo: «Green Pass, così il mondo accademico ha fallito»

Francesco Benozzo scrive agli studenti bolognesi No Green Pass dopo sette mesi di sospensione

Lettera pubblicata da La Pressa il 19 aprile 2022

Francesco Benozzo, professore di Filologia e linguistica romanza all’Università di Bologna, poeta e musicista, ininterrottamente candidato al Premio Nobel per la Letteratura dal 2015 con candidature rese pubbliche dal PEN International, è uno dei due docenti universitari sospesi da ottobre 2020 per la sua disobbedienza civile contro il green pass. Da due anni si batte contro la gestione della crisi pandemica, attraverso libri (Poesia, scienza e dissidenza, 2020; Memorie di un filologo complottista, 2021; Covid. Prove tecniche di totalitarismo e Biopandemismo, questi ultimi scritti insieme a Luca Marini; Cronache da un naufragio, scritto con Fabio Bonvicini) e altre azioni pubbliche. E’ l’autore del primo Appello pubblico contro il Green Pass, uno dei tre organizzatori del Referendum No Green Pass, il co-fondatore dell’Osservatorio contro la Sorveglianza di Stato (OSS), e il promotore – sempre con Luca Marini – del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).
Oggi invia una lettera aperta agli studenti bolognesi No Green Pass dopo sette mesi di sospensione.

Care e cari,
dopo sette mesi di sospensione, in maggio dovrei tornare all’Università, dal momento che nell’ultimo decreto governativo si specifica che non verrà chiesto alcun green pass per potervi accedere e che dunque decadono le ragioni della mia disobbedienza civile. So bene che, quasi certamente, a settembre tornerà tutto come nel settembre precedente, e a quel punto naturalmente metterò in atto scelte più drastiche.
Mi rivolgo a voi in quanto siete stati e siete rimasti i miei unici interlocutori all’interno dell’Alma Mater di Bologna (a parte una collega, un collega, e una ventina di persone dell’area tecnico-amministrativa).
Vi scrivo adesso perché le verità si dicono quasi sempre sulla soglia. E vorrei parlarvi di sensazioni e di visioni, non di idee – idee che ho d’altronde illustrato in libri e interventi pubblici degli ultimi due anni.

La mia sensazione di un fallimento totale del mondo accademico come luogo del dibattito e dello scambio di argomentazioni è ora totale.
Non ho mai ricevuto una sola risposta, nemmeno formale, dal nostro Rettore, a cui ho mandato una novantina di mail, e a cui portai in Rettorato, insieme a voi, che siete i suoi datori di lavoro, la vostra lettera in cui chiedevate, nel settembre del 2021, un dialogo civile sui principi di autonomia dell’Università: quei principi su cui avevamo creduto, erroneamente, che poggiasse la “Magna Charta Universitatum”.
Ho assistito, dapprima allibito, poi sbadigliante e infine quasi divertito, alle prese di posizione contro il green pass di migliaia di colleghi italiani – appelli, interventi pubblici nelle varie trasmissioni televisive, sui giornali, in convegni accademici –: colleghi che intanto hanno continuato a fare lezione con il green pass. Come sapete siamo stati in realtà sospesi in due (io e il professor Marco Villoresi di Firenze) su 70.000 docenti universitari.

Ho seguito con un senso di conforto le vostre tante iniziative di lezioni pubbliche e di dissenso concreto e civile nel senso della disobbedienza pacifica e critica. E ho ancora forte la sensazione di gratitudine nei vostri confronti quando decideste di accompagnarmi e di non farmi sentire solo, il 5 ottobre, nel luogo dove avrei dovuto tenere le mie lezioni e dove mi è stato fisicamente impedito di farlo.
Vorrei specificare che è inesatto dire che in maggio io tornerò “a lavorare”. Noi pochi sospesi abbiamo infatti lavorato e stiamo lavorando alacremente in questi mesi. Abbiamo lavorato e stiamo lavorando per la consapevolezza, per la dignità, per la libertà. È più corretto dire che non siamo stati pagati, pur lavorando anche per chi non la pensa come noi e per chi ci ha da un momento all’altro sbattuto le porte in faccia. Personalmente, posso affermare di non aver mai lavorato tanto come in questi sette mesi.

Voglio anche affermare che la mia dissidenza poetica non terminerà certo col mese di aprile. In un certo senso, anzi, la vera dissidenza comincia proprio adesso. Più consapevole. Con ancora meno vergogna. Più spudorata.
Saremo come quei pochi bardi celtici del VI secolo che, errabondando sulle scogliere del Galles, hanno salvato l’Occidente in declino con i loro canti sciamanici. Lontani dal chiacchiericcio dei dispositivi di potere che proprio allora incominciavano a plasmare, con la caduta degli Imperi, le nuove geografie di egemonia politica dell’Europa. In società e comunità dilaniate dalla violenza e dalle guerre.

Sono certo che il mese di maggio – la stagione cantata dai trovatori come rinascita del mondo e dei mondi – porterà nuove immagini e nuovi potenti modi per immaginare un futuro diverso da quello che hanno pensato per noi.
Grazie ancora per le vostre visioni non accecate dal bieco tentativo di decomposizione del pensiero. Ai miei occhi voi rappresentate l’unica Università credibile.

Francesco Benozzo

Reggio, Nanetti: “Dico no alle armi contro la Russia, cacciato da FDI”

‘Sono le conseguenze del dissenso dal pensiero unico sempre più oppressivo e guerrafondaio

‘Come mi aspettavo, rimanendo apertamente non allineato alla sottomissione atlantista di Giorgia Meloni, dopo ripetuti avvisi, mi hanno ufficialmente revocato le cariche di coordinatore territoriale e presidente della sezione di Correggio, da me fondata (quindi ora estinta). Non proprio espulsione che sarebbe più clamorosa (e sincera) ma una degradazione, che da l’avvertimento ai tanti, che la pensano come me, ma tacciono… [Continua a leggere su La Pressa]

Il caso di Andrea Nanetti mette in evidenza l’appiattimento di tutta la politica italiana, ma del resto s’era già visto con la finita opposizione al Green pass, che puntualmente Nanetti ha denunciato, andando contro al suo partito che ha protestato di facciata, ma non è mai sceso in piazza accanto a quelli che definisce “compatrioti”…

Pavullo, con Venturelli vince la vecchia (e buona) politica

Articolo de La Pressa

Cominciamo col dire una cosa: Davide Venturelli non è un politico anti sistema, né ha un nuovo modo di fare politica. Venturelli è parte del sistema, semmai è un non allineato ma dieci anni di consiglio comunale qualcosa vorranno dire. Ma soprattutto, il neo sindaco di Pavullo, è uno che non si è limitato a sedersi in consiglio comunale, ma lo ha portato fuori dalla sala consiliare, pubblicando gli esiti delle riunioni sui social e, soprattutto, riportando la politica nel territorio. Un vecchio modo di fare politica che, non usando più appare nuovo, così come nuovo appare il suo schema civico, slegato dai partiti dai quali sarà, da oggi in avanti corteggiassimo, e bravo lui se riuscirà a fare il suo lavoro senza apparentarsi strada facendo.

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