C’è solo il video della Rassegna ad Alta quota oggi

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A corollario della rassegna in notturna di oggi, segnalo un articolo di Maria Giovanna Maglie che penso vada letto e riletto, per capire realmente lo stato delle cose, in termini di narrazione. Ultimamente ho avuto modo di prendermela spesso col tipo di narrazione che i giornali fanno dei fatti di cronaca, soprattutto a livello locale, ebbene, questo articolo della Maglie, ovviamente controcorrente rispetto al main stream dominante, fa un po’ di luce sulla situazione elettorale di Trump. E’ un altro film rispetto a quello che si vede e si legge in giro e nel dirlo, ricordo che la Maglie aveva previsto con anticipo la vittoria di Trump nel 2016.
Il resto sono pagine chiuse, cose che non ho avuto il tempo di leggere e che quindi non troverete qui. Buonanotte.
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Negli ultimi anni sono stato spesso a Milano, dal 2018 almeno una volta all’anno per formazione o altre vicende. Sempre andata e ritorno in giornata, il più delle volte in treno, le altre volte in auto, come quest’ultima, un po’ perché la zona da raggiungere era più periferica (il Gallaratese), e un po’ perché la paranoia da Covid-19 mi fa vedere il treno, mezzo che adoro (soprattutto la Tav) con altri occhi.
Milano non la conosco, ci sono passato, ci sono stato, ma non mi ci sono fermato. Conosco la stazione centrale, so prendere la metro, sono passato per piazzale Loreto, ma la totalità delle volte Milano è stata un passaggio, un episodio, una meta esotica o meglio, una passeggiata in America. Si perché se per me che vivo a un’ora di macchina dal Passo dell’Abetone, Bologna mi fa l’effetto di “Topolino va in città”, Milano mi sa di America, con buona pace dei Timoria.
Il quartiere dove mi sono recato è di fatto di fianco al paese di Pero, intuisco che da lì Novara si raggiunge in breve tempo, mentre aspetto di ripartire faccio un giro in auto, cerco di capire il funzionamento delle Ztl, vedo uno scorcio dello stadio Meazza, l’ippodromo di San Siro e un parco enorme delle vicinanze. Per me che è grande il parco Ferrari a Modena (quello del Modena Park di Vasco Rossi per intenderci), vi faccio pensare cosa mi sia potuto sembrare.
Probabilmente ai residenti di zona, non avrà fatto una gran differenza trovarsi un montanaro in pantaloncini corti e maglietta armato di taccuino che passeggiava avanti e indietro semmai, possono essersi domandati chi fosse quel disgraziato che, in un centro commerciale, era entrato senza mascherina. Sì perché se a Pavullo nel Frignano qualche temerario senza mascherina in giro lo trovi e nemmeno viene guardato troppo di traverso. Invece (avrete capito che il disgraziato ero io) non mi sono mai sentito così osservato e così additato a vista come criminale, come nei minuti che ho passato cercando una farmacia nella quale acquistare un pacchetto di benedette mascherine. Un’autentica figura da campagnolo.
Non ho potuto fare a meno di provare claustrofobia pensando a tutti quei grattaceli che somigliano a termitai. Nei paesoni di montagna (a meno che non capiti a Sestola dove c’è l’unico grattacielo a 1020 metri di quota in zona) al massimo le palazzine sono di tre/quattro piani. A Modena certi direzionali sono enormi, se poi capiti all’ErreNord quasi ti spaventi per la sproporzione rispetto a quello che vedi in città. A Milano invece, i maxi condomini sono normali e ti chiedi come diavolo hanno fatto a sopravvivere in quei termitai durante il lockdown.
Poi ritorni, e conoscendo Milano più per i video de “Il Milanese Imbruttito” che non per esperienza personale, rimani stupito dalla scorrevolezza della tangenziale ovest. Sarà che è il weekend e c’è meno traffico, ma quando verso la fine del tuo viaggio di ritorno ti imbatti in quella circonvallazione improvvisata a una corsia e mezzo che è via Bottegone tra Madonna dei Baldaccini e Miceno, e poi fai la Pratolino-Malandrone, tutto per evitarti i cantieri e i semafori del Carrai e bypassare Pavullo; e nel farlo incontri colonne di automobili che non hai visto nemmeno a Milano…
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Non è un metronomo quello che scandisce i giorni, non è regolare il battito di chi aspetta e negli interstizi ristagna la stanchezza il desiderio di quello che non è potuto essere il minuto di silenzio ad ascoltare una volontà caduta. Eppure resiste, ma non per resistenza il frammento che fa battere il cuore l'istante di vita in cui si vive il quarto d'ora davanti al proprio specchio. Non si può aggiungere tempo per scrivere del tempo che manca, sarà sufficiente chiedere perdono per non aver cambiato posto al segnalibro.
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Non entro nel merito di una partita di cui ho visto solo i calci di rigore e, sapendo che Buffon pur essendo stato un grande portiere, non ha mai avuto un grande intuito nel cercare di pararli, ne ho intuito l’epilogo dopo il primo sbaglio di Dybala. E pazienza, ma chi ha seguito la rassegna di oggi, sa che da juventino distratto auspicavo la vittoria del Napoli, di modo che non ci fossero le solite polemiche su Juve, arbitri eccetera. Avevo scordato però, quanto sono insopportabili gli juventini appassionati, incontentabili sempre, europeisti (nel senso di aspirare a vittorie oltre il confine) mai. L’unica nota a margine è che spero che riaprano presto gli stadi al pubblico, perché più che l’Olimpico e una finale di Coppa Italia, stasera pareva il campo da calcio parrocchiale di Castellaro per la seconda partita serale del Torneo delle Frazioni. Sentire solo le voci di chi gioca, in diretta tv, è qualcosa di tremendo.
Segnalo anche l’unica altra notizia che ho letto stasera e cioè la censura di Radio Radio da parte di YouTube, ben raccontata da Massimo Del Papa su Italia Oggi. Per tutto il resto, vi rimando a domani.
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Curiosando su e giù per il web in cerca di un approfondimento della serata, pur avendo una vaga idea di pescare dall’estero, sono inciampato anche nella meravigliosa polemica che attanaglia la bassa in questi giorni, con la “Mirandolexit”, l’uscita del comune di Mirandola dall’Unione dei comuni dell’area Nord della Provincia di Modena. Nel link da La Pressa che vi segnalo colgo due piccioni con una fava, perché c’è sia l’intervista all’Onorevole Golinelli della Lega, sia il giusto contraltare di Paolo Negro del Pd.
In secondo luogo, mi permetto di segnalare La Verità alle Sette di questa sera, con il dialogo tra Daniele Capezzone e Stefano Graziosi sulla situazione negli Stati Uniti, al di fuori del main stream mediatico e poco trasparente che contraddistingue le italiche cronache.
Buona lettura e buona scolto.
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Secondo i propostiti della fase 1+n, la rassegna ad alta quota nel weekend si riposa. Niente più video, semmai post sommari di impressioni varie. Il che non vuol dire che non abbia letto i giornali anzi, ma mentre pensavo se fare un riassunto dei giornali del fine settimana ha preso forma l’idea, per questa tornata, per la prossima vedremo tra sette giorni, di raccontare alcuni squarci di quotidianità.
Ieri sono tornato a fare un giro Bologna, città che non amo particolarmente e dove non andavo dall’1 marzo; e mentre aspettavo gli che gli impegni altrui venissero portati a termine, mi sono fatto un giro per il centro, via Riva di Reno, via Ugo Bassi, Piazza Maggiore e ritorno, un tentativo di visita in Sala Borsa ma era chiusa. Per me, che sono un provinciale, il classico giro da Topolino va in città.
Il deserto.
Sarà che in provincia di certe cose te ne accorgi meno, le file sono relative, sarà che le mie giornate le passo in un villaggio artigiano quindi figurati cosa vedo io del centro dei paesi, sarà che qui, sarà che la, ma l’impressione è stata di vedere persone deformate dal lockdown, facce imbruttite, mascherine per nascondere la paranoia, il sottoscritto alle prese con una sempre più forte intolleranza verso ambulanti, saltimbanchi, buskers, attivisti del WWF eccetera eccetera. Poi saranno stati i primi caldi (ma verso le 17 il cielo s’è coperto di brutto) e allora le strade erano deserte per quello, forse qualcuno è scappato in campagna, in montagna o al mare non lo so, già l’1 marzo comunque si percepiva la paranoia da Covid-19.
L’idea che mi son fatto, per la prima volta in una grande città da quando hanno riaperto le gabbie, è che non è vero che è andato tutto bene e non è vero che il lockdown ci ha reso migliori. E’ vero solo il fatto che ci dobbiamo fidare nient’altro che di noi stessi e delle nostre mani, che non dobbiamo affidarci a governanti, Stati Generali e altre trovate del BisConte, al limite fidarci dei nostri amministratori locali se proprio dobbiamo scegliere qualcuno.
E’ vero che ogni tanto è utile scrivere più per fare un diario che non per riportare notizie. Mi sarebbe piaciuto una sorta di diario di viaggio, mi rendo conto che ho scritto un diario post bellico.
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Da appassionato di basket, da tifoso moderato di volley (perché Modena E’ volley), da simpatizzante del rugby e altri sport “minori” oggi posso dichiarare che sì, abbiamo perso. Forse il plurale maiestatis non ci sta, forse è il caso di dire che questi sport hanno perso, laddove il calcio (che comunque apprezzo molto) ha dimostrato che si può fare, si può giocare e si può andare avanti.
Argomento futile? Nient’affatto, per mesi ci siamo tormentati con le corsette, le passeggiatine e i droni, il calcio è uno squarcio di normalità in un era che di normale non ha niente e che segnerà per sempre in maniera irrevocabile il futuro. Si potrà dire che è solo sport, che le vite sono più importanti di ventidue milionari che corrono dietro a un pallone. Certo, è così, tuttavia quel pallone significa soldi, pil, la squadra di calcio della vostra parrocchia o del vostro quartiere. Tutto a cascata, perché il Coni dal calcio ci guadagna, e tramite quei soldi, finanzia anche lo sport di base.
Per anni abbiamo sentito quanto fosse diverso il basket, la pallavolo, il rugby da tutto quello che era il calcio milionario delle femminucce che al minimo contrasto si rotolavano per terra. Quante volte abbiamo sentito la manfrina, e pure io che ne scrivo ho puntato il dito verso quel mondo patinato che però oggi è ripartito, inventandosi protocolli ad hoc, laddove gli sport di provincia (perché soprattutto Volley e Rugby sono sport di provincia) hanno chiuso i battenti e arrivederci alla prossima stagione.
E se il problema è l’assembramento di pubblico, a rugby il problema dove sta, che in tempi di grandi incontri nel campionato italiano, allo stadio ci vanno circa 4500 persone? Un distanziamento sociale si riesce a garantire più che bene, per i giocatori è un’altra storia, ma già si danno abbastanza mazzate che il Covid-19 per alcuni potrebbe essere acqua fresca.
E che dire della pallavolo, sport assolutamente non di contatto, con i giocatori che sono distanziati per ruolo più che per sicurezza e dove il problema spesso è che i catini in cui giocano sono troppo piccoli? Problema analogo nel basket, dove il contatto tra i giocatori c’è, chi ricorda gli imbarazzanti Taliercio e Palabigi in diretta Rai durante i playoff negli anni passati?
La verità, è che stavolta gli sport minori, che poi minori non sono, perché coi palazzetti tutti esauriti di minore non c’è nulla, hanno perso un treno bello grande. La più grande lega al mondo, la Nba, ha deciso di far giocare il campionato a Disney World, location unica per le 22 squadre ammesse al finale di stagione. Lì si terranno la fine della stagione regolare e i playoff, hanno tre arene a disposizione e alberghi per tutti i giocatori. Poi non ho capito come faranno col pubblico, ma loro ripartiranno. In Italia, dove solo nel 2018 si sono inventati l’inaugurazione del mondiale di pallavolo al Foro Italico, tempio del tennis, ma soprattutto all’aperto, non sono stati in grado di ripensare i finali di stagione. Solo un problema di carattere tecnico/economico, magari dovuto al fatto che la quasi totalità degli sport in Italia sono dilettantistici? Il discorso però, allora, non vale per il basket che al pari del calcio è professionistico e ha comunque fatturati di tutto rispetto.
Quante volte abbiamo sentito parlare di impianti inadeguati, location imbarazzanti, coperture televisive pessime? E ora, in un momento in cui il ritorno del calcio significa più che mai normalità, non era forse il caso di reinventare il tutto, dando quel tocco che avrebbe coniugato sport e turismo?Qualcuno aveva pensato di chiudere il campionato di pallavolo all’arena di Verona, ma si è preferito chiudere e basta. Si potevano reinventare spazi fieristici, parchi, spiagge e quant’altro, inventarsi un modo per farci stare comunque il pubblico evitando l’orrore delle porte chiuse e, soprattutto, era il treno da prendere per ripensare gli impianti sportivi in maniera polivalente per la stagione successiva, magari creando intanto i presupposti col finale di stagione in corsa, chissà magari suscitando pure l’interesse del pubblico profano, quello a cui spesso vien detto che gli sport minori sono una cosa “altra” ma che non fanno di fatto nulla per essere realmente appetibili.
E allora cari miei, tenetevi la vostra spocchia, la vostra rendita, la vostra gloria che fu, i vostri sprazzi di celebrità, nei vostri palazzetti stretti e senz’aria condizionata a pensare a quale tipo di soluzione potete adottare per avere più appeal. Non dico che col Covid avreste risolto il problema, ma nel cercare la soluzione per finire la stagione anziché sospenderla per sempre, avreste sicuramente creato dell’interesse. Un’occasione persa, un motivo in più per piangersi addosso il prossimo anno. Peccato.
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Mi è capitato diverse volte e per motivi vari, nella vita, di comprarmi i miei quotidiani al mattino presto e poi la sera, al momento di rincasare, vederli ancora intatti, nemmeno aperti, nemmeno letta la prima pagina. Oggi è stato uno di quei giorni. Troppe cose da fare, troppe da metterne in fila, la necessità di sacrificare qualcosa pur se all’ultimo.
Un sommario ristretto però riesco a farlo, abbastanza per dire che la notizia di rilievo di oggi è il terremoto con epicentro a Frassinoro, sui giornali non la trovate se non online, perché il fatto è avvenuto oggi pomeriggio. Per il resto, l’ennesima notizia sul cantiere Carrai che tira per le lunghe, sa un po’ di riempitivo; laddove invece preoccupa che la vicinanza di un ristorante a una casa di riposo dove sono morti in tanti anziani per il Covid, provochi paura negli avventori del locale, al punto che non ci vanno più. Storie di paranoie post pandemia.
Nella bassa tiene banco la Mirandolexit, ma non studiato la cosa, per cui non approfondisco. La notizia più preoccupante è che solo la metà delle imprese modenesi che hanno richiesto il prestito Covid da 25.000 lo hanno ricevuto, la Gazzetta di Modena ci ha aperto la prima pagina, il Carlino lo ha relegato a pagina otto, preferendo dare più importanza alla giusta riapertura dei centri per disabili.
Detto questo, ci leggiamo domani, e già vi anticipo, che sarà un’altra giornata con diretta in forse.
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