ROZZEMILIA (a ciascuno il suo blocco)

boia

Un giorno avrò modo di scrivere del mio percorso politico, magari prima riesumando qualche vecchio scritto. Perché l’esasperazione delle elezioni emiliano romagnole mi hanno portato ad una serie di considerazioni politically uncorrect, chi ha orecchie per udire oda, chi dissente mi dispiace per lui. Se ne farà una ragione.

Chi mi segue da tempo, sui vari blog che ho avuto, sa che ho un sinistro passato politico, poi, data l’impossibilità dell’allora sinistra sedicente radica-chic-progressista de mecojoni, di trovare un’alternativa ideologico programmatica all’odio viscerale per Berlusconi e ciò che rappresentava, ho deciso di abbandonare la militanza, preferendo all’epoca, la cronaca e la critica.

Tutto bene, finché rientravo comunque in un recinto liberal, che non vuol dire liberale, ma che comunque mi allargava il raggio dalla restrizione combat-salottiera di Bertinotti, passando per il moralismo giustizialista di Di Pietro (di fatto il precursore dei Cinque Stelle) fino ad approdare al Fanfani 2.0 di nome Matteo Renzi.

Il partitone, come lo chiamano da queste parti, non mi è mai piaciuto, ho sempre preferito guardare ai lati di questa enorme piovra che scandisce i ritmi di chi vive tra il Po e il Cimone, tra l’Adriatico e l’oltrepò Pavese e… tra la via Emilia e il West. Lo spaccone fiorentino sembrava una vaga possibilità di ammodernamento del partitone, soprattutto dalle incrostazioni ideologico-sovietiche ma, per chi conosce le dinamiche, già quando si impossessò dei vertici del partito, la base era rimasta fedele alla linea e, tra un referendum e un’elezione i risultati si sono visti… Poi che il Bomba fosse tutt’altra cosa rispetto a quel che ha fatto vedere agli inizi, beh, quello è una triste realtà.

Fatto sta, che gli emiliano romagnoli, un po’ per paura, un po’ per pragmatismo, un po’ perché è l’usato sicuro (ma questa riflessione va comunque letta), fedeli alla linea lo sono stati, fin troppo, anche se, vivaddio, governeranno si spera, con un po’ di pepe al culo, ammesso e non concesso che la nuova opposizione a trazione leghista faccia il suo dovere.

Ma non è di questo che dobbiamo parlare. Sì perché queste elezioni, vuoi anche perché per la centralità della regione e il significato politico che di conseguenza hanno assunto, hanno creato un clima d’isteria collettiva diviso tra “arrivano i barbari”, “i fascisti alle porte”, “liberiamo la nostra terra”, nuove resistenze e via dicendo. Un clima pesantissimo, un’aria irrespirabile soprattutto sui social dove, inspiegabilmente, gente che hai conosciuto fisicamente, con la quale sei rimasto virtualmente in contatto in virtù dei social ma che normalmente, né ti mette like, né ti chiede in privato come stai; d’improvviso si sveglia perché una notizia condivisa, non rispecchia quella fedeltà alla linea che scorreva un tempo da Piacenza a Rimini. E passi per i militanti, che in quanto tesserati debbono obbedire militarmente a ogni cosa recepita come provocazione “fassista”e che ad un certo punto devi bloccare per poter sopravvivere. Ma gli elettori semplici, quelli che si stupiscono per una tua obiezione, un cambio di bandiera dovuto a un fare semplicemente i conti con una drammatica realtà, quelli che ti commentano ogni starnuto che destabilizza la loro tranquillità piatta, monotona, moderna, attrezzata, benservita, consumata; quelli SONO PEGGIO dei militanti, sono robot lobotomizzati dal pensiero unico demokratiko popolare, intriso di metoo, gretinismo, politically correct ma morte a Salvini, razzismo al contrario e quant’altro.

Non sono disposti ad accettare che un’operaio voti qualcos’altro, perché dall’alto delle élites di cui sono entrati a far parte si sentono comunque inclusivi, non sono abituati a pensare che una partita iva possa essere un lavoratore onesto che deve sopravvivere a tasse, burocrazie e un mercato sempre più spietato; no, quello è un evasore a prescindere. Non pensano che non si vive tutti in case sicure, che fuori dai loro quartieri belli e ordinati e dalle loro posizioni di rendita si possa star male. Non pensano che chi vive in provincia sia condannato all’isolamento o alla mobilità (in)sostenibile. No.

Pensano che occorre fermare i barbari, che bisogna resistere, resistere, resistere,  e allora il tuo spazio di pensiero deve essere neutralizzato, ogni occasione è buona per provocare. E se provi ad argomentare loro ti ribattono con un muro di insolenza misto spocchia, il fottuto complesso dei migliori, misto a quella sensazione che “ti verremo a prendere a casa” una volta che sarà finito tutto. Non possono votare e basta, no, devono spiattellarti che il loro è l’unico voto giusto, con buona pace del libero pensiero. E se tu dici di aver cambiato idea nel corso degli anni, fingono di accettarlo, ma per loro sei sulla via della perdizione, devi essere rieducato. E’ così, è drammaticamente così, può sembrare un banale commento a un post, ma nasconde un’idea di vigilanza che ricorda più l’osceno gesto di Mondovì che non la citofonata goliardica (e stupida) di Salvini. Come se ci fossero delle spie social che poi riferiranno alla Volante Rossa di turno.

E allora resta un’arma, l’unica che i social ti consentono: il blocco. Perché tu puoi fare il democratico, quello che non censura nessuno per principio, perché non vuoi abbassarti di livello. Ma la provocazione fine a se stessa (perché di questo si tratta dato che lo scambio di opinioni è un altra cosa e, soprattutto, non è logorante) non la reggo più, soprattutto non l’accetto. Non accetto di lasciare l’ultima parola. Sono infantile? No, mi sono rotto i coglioni. Perché i ragionamenti non sono possibili, non più. Ti vengono a cercare proprio e non vedono l’ora che ci caschi con un bel vaffanculo che si meritano, ma che ti fa immediatamente passare dal torto e fa il loro gioco. E io non ho tempo da perdere con queste cose. Io non ho bisogno di aver ragione. Se sono convinto delle mie idee, o di ciò che condivido, non lo devo giustificare.

Allo stesso modo, non devo giustificare chi vuole commentare, chiunque lo può fare ma nei limiti della mia personale discrezione. Non giustifico il continuo ribattere, che vuole portare a dovermi giustificare per ciò che penso, come se avessi torto per qualunque cosa che faccio che non appartiene alla fedeltà alla linea. Volete l’ultima parola? Andate a cercarla da un’altra parte. Vi sentite censurati? Non è più un problema mio, portate rispetto per quello che condivido, ma non rompete i coglioni. Diversamente da un po’ di tempo a questa parte la porta è, anche se non vi piace, in fondo a destra.

Pubblicità

Emilia Paranoica, il giorno del giudizio

bonacini borgonzoni

Cinque anni fa, su pagine diverse da queste avevamo detto che, al netto dell’astensione, se il PD avesse avuto un avversario credibile, avrebbe avuto i voti che, al tempo, i loro detrattori facevano notare d’aver perso. Ora l’avversario credibile c’è e, checché ne dica il presidente uscente Stefano Bonaccini, non è la controfigura di Salvini, bensì una donna con del carattere, che già nel 2016 aveva portato al ballottaggio il sindaco uscente di Bologna, Virginio Merola che era in lizza per il secondo mandato. E per la cronaca, a chi dice che appunto, la signora è inesperta e poco convincente senza il suo leader di partito, va detto che a Bologna, a portare il centro sinistra al ballottaggio ci sono riusciti in tre: Guazzaloca (che poi ha vinto), Alfredo Cazzola (sconfitto con venti punti di distacco) e per l’appunto Lucia Borgonzoni, che ha perso per quasi dieci punti di distacco. E Merola, come detto era in lizza per il secondo mandato, dopo che il primo l’aveva conquistato a mani basse. Questo per sottolineare che l’Emilia, non è diventata di colpo leghista, la regione non è in bilico solo perché c’è di mezzo un governo nazionale disgraziato e traballante, ma c’è una storia che parte da lontano.

Tiriamo un sospiro di sollievo col fatto che la campagna elettorale è finita, non se ne poteva veramente più, troppo di tutto, e troppi pochi contenuti. Bonaccini oggettivamente nervoso, Borgonzoni sorridente sempre, al netto degli insulti sessisti anche da parte delle femministe, gli altri cinque candidati totalmente ignorati.

L’interesse è talmente vasto, per questa regione, a differenza di cinque anni fa che nemmeno noi sapevamo a momenti che si votasse, che persino Internazionale sono due settimane che dedica articoli, uno tradotto dal Financial Times su Salvini e, questa settimana alle Sardine con un pezzo di Open Democracy.

Pronostici non ne faccio, so che se vincerà Bonaccini non cambierà nulla, ma sarà una vittoria di Pirro per un agonizzante partito democratico. Tuttavia, come ha notato qualcuno più esperto di me in Emilia i vincitori saranno comunque gli altri. Questo perché un presidente uscente che anziché far valere quanto di buono fatto e quanto di buono potrebbe fare, si è concentrato su una presunta assenza della principale avversaria, irritandosi nei talk show ogni volta che veniva minimamente incalzato. E la Borgonzoni, non ha avuto bisogno di ribattere granché, a fronte della sua pacatezza, che quasi stride col suo leader di partito, la cui presenza in terra emiliano romagnola è stata vissuta con fastidio dal barbuto presidente uscente, perché lui, di per sé non ha potuto contare su una leadership nazionale spendibile.

Ed è questo il dato che emerge in queste regionali (ricordatevi che si vota anche in Calabria!): il PD fino all’altro ieri, non ha avuto bisogno di coinvolgere la leadership nazionale, in quanto la macchina del consenso locale era più che oliata. Ora però, con un partito sempre più in crisi d’identità, sempre più legato alle elités e meno al popolo da cui proviene, e con un sistema che oramai gli emiliano romagnoli, popolo pragmatico più che ideologico, non sopportano più, ecco che la leadership nazionale da un lato manca, e dall’altro è necessario regionalizzare lo scontro, tanto che, se Bonaccini vincerà, sarà solo per merito suo.

D’altro canto però, la regionalizzazione di un elezione, che, a differenza delle precedenti tornate locali (Piemonte escluso) coinvolge 3,5 milioni di elettori, è un maldestro tentativo di distogliere l’attenzione da un governo mal digerito dagli italiani.

Domenica vedremo, nel frattempo, riposate le orecchie, che di rumore in questa campagna elettorale, ce n’è stato fin troppo.

L’intolleranza e il perdono

Perdonare-nel-lavoro-960x480

Che legame hanno tra di loro, la notizia che Sinisa Mihajlovic, allenatore del Bologna calcio, abbia dato il suo endorsement a Lucia Borgonzoni in Emilia Romagna, l’irritazione di Liliana Segre per la titolazione di una via a Giorgio Almirante a Verona, e la foto su Twitter di Ivan Zaystev, capitano del Modena Volley e della Nazionale con Stefano Bonaccini? Ve lo diciamo noi: l’intolleranza a senso unico alternato… [continua a leggere su Caratteri Liberi]

Gli Ayatollah della Costituzione

1744_large

Eccessivamente manipolativo. Non è il quesito referendario sul sistema elettorale bocciato due giorni fa dalla Corte Costituzionale, ma l’uso improprio che si fa della controllo di legittimità delle leggi o dell’ammissibilità dei quesiti referendari secondo la legge fondamentale dello Stato [continua a leggere su Caratteri Liberi...]

Un esperimento sociale riuscito

26a54-happy-fucking-birthday-unk

Ce l’ho fatta. Ho rimosso la mia data di compleanno (31/12) dai social (aggiunta al fatto che, per motivi che non sto a spiegare, impedisco alla gente di pubblicare sul mio profilo Facebook), così da vedere al netto dei social chi veramente mi avrebbe fatto gli auguri. Conto una decina di persone, per lo più famigliari, a cui aggiungo una vecchia conoscenza, compagna di studi all’università, che non vedo da dieci anni. Il resto muto. Ah no, la chat della banda è vero. Un’altra decina di persone. Finito. Poi al solito qualche ritardatario pizzicato per caso in questi giorni di riposo.

Dispiaciuto? In realtà no. Sono peggio gli auguri finti e obbligati su Facebook, soprattutto da persone che non hai mai conosciuto in carne ed ossa, che non le vere dimenticanze. E’ così, fingere non mi piace più, i social amplificano le balle, essere popolari lì sopra vuol dire essere ricchi a Monopoli. Basta. Quando serviranno li adopereremo.

E allora perché questo post tre giorni dopo? Per far sentire in colpa qualcuno? No, altre volte ho scritto in passato sui miei vecchi blog per il mio genetliaco, e li ho sempre pubblicati, con identico risultato: chi vuol leggere lo fa, chi no passa oltre. Ecco passiamo oltre.

Relativamente a questo blog, riprenderemo dopo l’epifania, forse con un po’ di costanza forse no, a riaggiornare la #rassegnaadaltaquota anche qui sopra e non solo su Instagram. Scriveremo quando ci andrà e se ci andrà, non è più una priorità, non deve essere un’idolatria.

Quanto a me mi dedicherò a ciò che mi farà stare meglio. E’ l’unico proposito del nuovo anno che ho è essere me stesso. Buon anno a tutti.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: