dalla polvere al cielo: laicità del futuro (9/12/2010)

ho ritrovato un contributo che avevo realizzato per il numero 5 di Scripta Manent, mai uscito per ragioni di tempo, collaborazioni sfilacciate,e negligenza nella gestione. ammetto che le responsabilità furono mie in gran parte, da poco avevo assunto la direzione, ma i costi di pubblicazione in primis, e in secondo luogo tutte le vicende relative al reperimento dei contributi e degli articoli mi sono sfuggite di mano, arrivando così ad avere un pugno di articoli non sufficenti per una stampa. nel frattempo gli stessi fondatori del progetto (io e altri tre amici) ci siamo persi di vista mandando in vacca la nostra creaturina che, va detto, era carente in termini di distribuzione (e a nulla valsero i miei sforzi di trovare un editore).
fatto sta che, facendo pulizia nella mia casella di posta, ho ritrovato questo scritto, che credevo perso con la morte della mia chiavetta usb. è uno scritto polemico, perché quel fantomatico numero 5 doveva avere come tema la laicità e in quel perido di polemiche ve ne furono parecchie. vi rimando alla lettura di questo articolo, scritto un anno e mezzo fa (era estate) invitandovi ad una riflessione in merito. riflessione che, oggi è più che mai attuale visti gli scenari incerti della nostra Repubblica. buona lettura.

laicità
In tempi recenti l’opinione pubblica ha avuto modo di assistere, in modo più o meno attivamente, al fervente dibattito che ha ruotato sui temi etici e sulla laicità dello stato. Gli argomenti cruciali sono stati senz’ombra di dubbio il caso di Eluana Englaro, e quindi il testamento biologico; e la sentenza della Corte Costituzionale relativa alla legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita. In entrambe i casi, ciò che si è più contraddistinto è stato l’immobilismo legislativo, oltre al fatto che sono prevalsi i toni dello scontro ideologico, piuttosto che il buonsenso.
Nel momento in cui scrivo queste righe, un altro argomento, squisitamente politico tiene banco: le dichiarazione del Presidente della Camera Gianfranco Fini, in merito alla possibilità di riconoscere il diritto di voto agli immigrati. L’argomento in sé è datato, le prime proposte emersero nei governi di matrice ulivista (parliamo del secolo scorso) e Fini non è certo nuovo a queste uscite.
Il lettore si chiederà il nesso di queste due vicende, apparentemente separati. Ma il nesso è semplice e merita un piccolo preambolo. In primavera, mi sono trovato a seguire, per dovere di cronaca, una conferenza sulla fecondazione assistita, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, in particolar modo rivolta ai risvolti futuri che questa comporterà. A conclusione della conferenza ho posto la domanda ai relatori, su come in futuro la questione laicità, diritti e salute potrà venire affrontata in relazione ai processi di integrazione con gli immigrati di altre religioni. Perché se oggi lo scontro è tra laici e Chiesa Cattolica, domani, tra gli interlocutori di peso, potrebbe esserci anche l’Islam.
In Italia, su una popolazione di 60 milioni di abitanti, quasi il 7% sono stranieri, vale a dire quattro milioni e mezzo di persone, di questi, una cifra non meglio precisata, ma che si aggira intorno al milione sono musulmani.  E comincia ad essere un numero influente per quello che può riguardare determinate scelte politiche.
Il 97% della popolazione è battezzato secondo il rito della Chiesa cattolica, e un dato rilevante, a giudizio di chi scrive, è che quando si parla di temi etici, c’è un 3% che viene puntualmente escluso. Se si volesse dare più importanza e più valore alla laicità, e quindi sviluppare il nostro sistema civico su di un modello simile a quello francese, dove prevale l’etica di stato, non ci sarebbero problemi di sorta. Ma in Italia la direzione non è questa, di conseguenza sulla bilancia dei valori, in merito alle decisioni da prendere sui temi etici, prevale un indirizzo di carattere religioso,nel senso di cattolico.
Si fa un gran parlare, in questo paese, dell’accoglienza, soprattutto nei confronti di chi viene da fuori dei nostri confini. Un parametro questo, che viene puntualmente smentito dalla falsa tolleranza che caratterizza la cittadinanza italiana, prima permissiva ai limiti dell’inverosimile, poi reazionaria in eguale misura non appena gli stranieri commettono un passo falso. E le generalizzazioni sono d’obbligo, con la conseguenza che a tutt’oggi, l’Italia non brilla per le sue politiche sull’immigrazione. Ma è una colpa, questa sì generalizzata, ben divisa tra cittadini e istituzioni.
Le cronache locali, quelle dei quotidiani di provincia, mettono in luce situazioni che si sono venute a creare nei centri urbani d’Italia, soprattutto nelle zone più industrializzate, dove il fenomeno migratorio è più presente, e sono situazioni di richiesta di spazi per luoghi di culto o per luoghi di sepoltura dei morti, e queste richieste attirano maggiormente l’attenzione e dividono l’opinione pubblica quandosi provengono dalle comunità musulmane. È quindi un dato di fatto, che questa componente della società italiana è presente e vuole la sua parte di diritti a cui naturalmente dovranno conseguire dei doveri.
Ma la richiesta dei diritti, e soprattutto l’ottenimento degli stessi, passa, in liberaldemocrazia, per il gioco delle rappresentanze e di conseguenza per il voto.
Quello che potrebbe comportare un processo di integrazione che riguardi gli stranieri e i loro credo religiosi, sarebbe, oltre al diritto di voto, anche il diritto/dovere di rappresentanza della propria identità e cultura all’interno delle istituzioni, con l’immediata conseguenza di voler vedere rappresentati i propri valori. E in un paese come il nostro, dove i processi di integrazione sono lenti e farraginosi, la richiesta di rappresentanza di determinati valori, potrebbe confondersi con processi di rivendicazione.
Non è da escludere, che un domani, la comunità musulmana (insisto su questo tasto perché a tutt’oggi è la più numerosa dopo quella cattolica) potrebbe voler dire la sua in merito ai temi etico- sociali oltre al rapporto di questi con la laicità. E in questi termini lo scontro sarà molto più grave di quello attuale.
Il fatto di aver sempre dovuto fare i conti con un’ etica di tipo confessionale, salvo quando le questioni erano trasversali e scuotevano realmente l’opinione pubblica (nei casi di divorzio e aborto), ha fatto sì che nel nostro stato abbia avuto il sopravvento un’incapacità totale di legiferare su temi etico-sociali senza dover prima avere l’avvallo delle gerarchie ecclesiastiche.
Con il fenomeno migratorio in costante crescita, e col costante inserimento in società di altri credo religiosi (è un dato di fatto che anche senza politiche per l’integrazione questi inserimenti avvengano) sarà inevitabile che un giorno, anche questa fetta di popolazione vorrà avere la sua rappresentanza in nome dei propri diritti. E allora sarà ancora più difficile far prevalere una linea laica, in un paese caratterizzato da diverse tipologie di scontro che talvolta arrivano a superare il paradosso. Prova ne sono gli esempi emersi dopo l’11 settembre, le contraddizioni evidenti che emergevano nel mondo femminista, il quale sposava il ciecopacifismo e contemporaneamente dimenticava la condizione delle donne nell’Islam; o le contraddizioni di una certa area di sinista radicale, la quale nel difendere a spada tratta l’Islam, ne scordava le avversioni di questo, nei confronti dell’omosessualità. Di conseguenza non è improbabile vedere in futuro, una eventuale presa di posizione dei laici a favore delle mozioni islamiche, solo per il principio di avversare la Chiesa Cattolica. In questo paese c’è da aspettarsi questo ed altro.
In un paese come il nostro, incapace di politiche di integrazione su tutti i fronti, e incapace di cogliere le reali esigenze di carattere etico-sociali; ci sarà da aspettarsi, in futuro, uno scontro aperto e violento, quando non sarà più possibile ignorare le istanze provenienti dal mondo dell’immigrazione e che, attraverso le seconde generazioni, e attraverso l’imposizione di fatto nel tessuto cittadino, sarà influente nelle decisioni della vita del paese.
I portavoce della laicità ma anche quelli dell’integrazione, dovranno farsi carico di questo processo. L’Italia non può più fingere di dimenticare i problemi sociali al suo interno, dalle coppie di fatto, alla fecondazione assistita, il testamento biologico, i trattamenti salariali, le questioni abitative, la ghettizzazione delle città e l’integrazione tra le diverse fasce sociali. Di conseguenza occorre una seria presa di posizione che, per una volta, vada nella direzione di prevenire il problema, anziché trascinarlo. E la soluzione, per una migliore convivenza di tutti i fattori che si verranno a creare, dovrà andare in direzione della laicità. Laicità come mezzo di dialogo, laicità come mezzo di integrazione, laicità come mezzo di salvaguardia della democrazia e del pluralismo.
Occorrerà farlo senza cecità e nella garanzia del più ampio dialogo possibile. A prevalere però dovrà essere, allora più di oggi, la ragion di stato, per una migliore convivenza di tutti i cittadini. Solo così si potranno trovare soluzioni etico-sociali che avranno sì un impatto sulle comunità religiose, ma ne favoriranno in qualche modo la convivenza, di fronte all’esigenza, di dover adempiere prima ai doveri civici, che non a quelli religiosi.
Il confronto tra laici e cattolici, un giorno sarà più ampio, e quel giorno potrebbe essere più vicino di quanto si pensi.

Stefano Bonacorsi


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