Altro giro altro regalo! Su Blasting News trovate il mio commento alle dichiarazioni di Roberto Mancini circa l’utilizzo degli oriundi in nazionale. Trovate il tutto a questo link! Buona lettura!
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Il caso Parma e i conseguenti dubbi su Roma 2014
Fortunato quel paese che non ha bisogno di Manenti recita un titolo de “L’intraprendente”, e questa intervista ad Alessandro Melli non può che confermare quel titolo. Parma non c’è più, sportivamente parlando o per lo meno, non sta troppo bene, è decisamente in agonia. Ed è un peccato non tanto per la storia sportiva della sua squadra di calcio a cui collego ricordi bellissimi della pre adolescenza, ai tempi dello scontro tra la prima Juve di Lippi e il mitico Parma di Scala; è un peccato per il sistema sportivo italiano, quello che Matteo Renzi vorrebbe candidare all’Olimpiade del 2024.
Il caso Parma sta diventando un emblema negativo del nostro sport, incapace di diventare davvero professionistico, incapace di fare impresa. Se infatti pure nel calcio milionario si arriva a gestioni malandrine, fatte da personaggi improbabili, mascalzoni e cialtroni, senza che ci siano controlli e controllori ma solo chi prende i soldi e scappa; si ha la prova lampante che lo sport, tutto, è rimasto al palo: puro diletto per qualche mecenate danaroso, passatempo per politici locali in perenne caccia di voti, valigia dei sogni per i ragazzini, scusante per le concessioni edilizie, crocevia burocratica, voce consigliata dal commercialista per il bilancio consolidato.
A questo punto tutto diventa inutile: inutile parlare dei troppi stranieri nelle leghe professionistiche, inutile parlare della formazione che manca ai nostri giovani, inutile parlare delle strutture fatiscenti, dei mezzi che mancano a tutti tranne che alle forze armate, dei ricambi generazionali negli sport minori e della gestione farlocca quando non imbarazzante dei loro diritti televisivi. E si potrebbe andare avanti per pagine e pagine di disciplina in disciplina, ma ci limiteremo a qualche esempio.
Interviste Perdute: conversazione via Facebook con 11 Illustri Sconosciuti
-Esponenti di studi legali: percentuale risicatissima ma dal peso specifico incalcolabile.
-Personaggi equivoci con cui abbiamo litigato a più riprese;
#marcellolippialquirinale
Io me lo ricordo, un post partita di una delle ultime gare di qualificazione al nefasto mondiale del 2010. Incazzato come una belva, contestato dai tifosi, punzecchiato dai giornalisti. E lui li manda tutti a quel paese. Poi consegna all’Italia il suo peggior mondiale della storia, quattro anni dopo averne vinto uno, si assume tutte le responsabilità e se ne va. Non erano le dimissioni pietose di Prandelli, il siluramento senza troppi complimenti di Donadoni, o il passo d’addio di un Trapattoni che in nazionale è stato al di sotto di ogni possibile aspettativa. Quelle furono le dimissioni di un uomo chiamato ad anticipare un disastro, a rimediare a un dissesto, a mettere una pezza laddove non c’era nemmeno il filo per cucire. Lippi fece giocare al meglio una nazionale che peggio non poteva essere, privilegiando il gruppo e lasciando a terra primedonne che quattro anni dopo sarebbero state messe sul banco dei capri espiatori, segno che, forse tanto torto non ce l’aveva. Aveva saputo leggere, esattamente come quattro anni prima, che quello era il miglior calcio che l’Italia potesse esprimere, ci fosse stato un’altro scandalo pre mondiale, forse avrebbe tirato fuori quella punta di orgoglio in più che serviva. Ma tant’è, la colpa non era sua, ma di Giancarlo Abete, rappresentate di un sistema che non stava (e fatica tuttora a starci) in piedi e che solo quattro anni più tardi capì che era il caso di levarsi di torno.
Ecco, se c’è un uomo che vorrei vedere sullo scranno del Quirinale, è Marcello Lippi. Sarà per i miei trascorsi juventini, sarà per quella sua aria da incredibile stronzo, sarà che calciatori, giornalisti, presidenti per lui pari sono; sarà perché probabilmente non ne sa mezza di politica ed economia e allora proprio per questo ce lo vorrei; sarà perché è l’unico italiano ad aver fatto qualcosa di prestigioso agli occhi di tutti (mi perdonino scienziati e uomini di cultura ma la massa vince) a livello internazionale per l’Italia, sarà perché le consultazioni dirette da lui sarebbero un vero spasso…. io candido #marcellolippialquirinale. Un italiano che ha avuto il coraggio d’essere stronzo. E che da tale, pur se da commissario tecnico, ne ha messi in riga sessanta milioni. Tra scherzo e realtà, uno con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, quel modo di fare un po’ così, a fare il presidente ce lo vedrei bene. #marcellolippialquirinale
Il solito sospetto(so)
Sarò sospettoso, ma a me il binomio Tavecchio- Conte non mi convince. Mi sa di solita sceneggiata italica. Tavecchio è la vittoria del “sistema” ma Albertini sarebbe stato, al pari di Renzi per la politica, solo un cambio di facciata. C’è poco da fare, il calcio si conferma lo specchio del paese, la conservazione della conservazione, cambiare tutto perché nulla cambi. La scelta di Conte pare poi un copione già scritto, le sue dimissioni dalla Juventus (e la scelta di Allegri conseguente) sapevano di farsesco e la sua scelta fa il paio con l’ostruzionismo a Tavecchio capitanato da Agnelli. In altre parole: la Juve si ferma un giro e passa il testimone alla Roma, gli altri guardano ma scelgono chi comanda il pallone tricolore. Nel frattempo Conte è incaricato di selezionare i migliori italiani da piazzare sul mercato, dato che il nostro campionato è una realtà ormai provinciale e l’unico modo per far cassa non è vincere ma vendere. Sarò il solito sospettoso, ma per me sta funzionando così.
non aspettiamoci un ciclo
Non lo so se abbia vinto il calcio più logico o se quello appena concluso sia stato un mondiale modesto, quello che so è che la finale non ha deluso le aspettative cioè ha deluso. Il gol di Gotze ha probabilmente fatto tirare un sospiro di sollievo a chi non voleva vedere un’altra lotteria dei rigori e andarsene a dormire. La Germania ha vinto con merito il suo primo mondiale dopo l’unità, sfatando il tabù dell’europa che non vince in sud America. L’Argentina ha perso, ha perso Messi, ma più che altro, per me hanno perso (oltre ad aver rotto oltre ogni misura le scatole) coloro che vogliono mettere Messi sul piano di Maradona, Di Stefano e Pelé. Perché tra questi, solo Pelé e Di Stefano sono stati contemporanei e quindi paragonabili in relazione a prestazioni fisiche, capacità tecniche e tattiche. Maradona ha trionfato a Città del Messico 16 anni dopo il canto del cigno della perla nera brasiliana e il calcio era già mutato ed era agli arbori della globalizzazione. Messi è il più forte dei nostri tempi, che non sono paragonabili a quelli di Maradona (ai suoi tempi la coppa Uefa era un signor trofeo e vincerla era un signor risultato, non come l’Europa League che viene considerata di serie B), che a sua volta non sono paragonabili a quelli di Pelé il quale, tranne che a fine carriera, non ha mai giocato fuori dal Brasile.
La Germania, in linea con la sua storia e la sua tradizione (e col suo peso nello scacchiere geopolitico), ha vinto senza schierare fenomeni, facendo forza della sua continuità e del miglior collettivo schierato al Mondiale. Faccio coming out, dopo l’eliminazione degli azzurri ho tifato per la Francia, che aveva secondo me, il calcio più bello da vedere. Siccome non credo alla proprietà transitiva, non ho tifato Germania e, a malincuore, ammetto che sono contento che abbia vinto. Ha semplicemente fatto meglio degli altri, cosa riuscita anche a noi otto anni fa. Da che mondo è mondo si vince con un gruppo o, al limite, con un fuoriclasse in grado di rendere tali anche i brocchi.
Non aspettiamoci però, al pari della Spagna prima del tracollo in terra carioca, l’apertura di un ciclo di dominio assoluto: salvo quanto accaduta tra i 72 e il 74 (Europeo e Mondiale) la Germania non ha mai avuto epopee fatte di titoli e controtitoli. Alla costanza nei risultati e nei piazzamenti, non è seguita (fino ad ora, poi chissà) la costanza nelle vittorie.
Stefano Bonacorsi
Dal verdeoro al giallo
A dimostrazione che la semifinale tra Olanda e Argentina è stata un compendio di noie calcistiche, la Gazzetta dello sport questa mattina ha dedicato sì la fotonotizia principale all’eroe della serata Romero, ma ha aperto con quattro pagine dedicate all’impresa di Vincenzo Nibali sul pavé, normalmente in uso per le classiche, al Tour de France. Segno che, in assenza di pallonari nostrani a combattere per la Coppa del Mondo di calcio, abbiamo una speranza alla Grand Boucle. Vedremo, siamo agli inizi ma le premesse sono ottime e, passati i mondiali, non avremo di che annoiarci.
Germania e Argentina dunque si confronteranno per la terza volta in finale e, per quanto riguarda gli sponsor, la Germania ha già vinto visto che entrambe le nazionali in lotta per il titolo vestono Adidas. I tedeschi, forti della loro economia e del loro rigore (oltre a una straordinaria costanza e preparazione che li fa sempre ben figurare) partono favoriti per via del 7-1 rifilato al Brasile. C’è da dire però che nelle puntate precedenti i teutonici hanno faticato non poco coi l’Algeria, e non hanno certo straripato contro Francia, Stati Uniti e Portogallo, oltre ad aver solo pareggiato col Ghana. Quindi delle due l’una: o il Brasile ha incappato in una serata no, che di più non si può, oppure sono una squadra di brocchi che prima di incontrare la Germania ne ha battute altre molto più brocche. Diversamente avrebbero “solo” perso.
L’Albiceleste torna in finale dopo 24 anni e lo fa alla stessa maniera, cioè ai rigori. E’ alla quinta finale (qualcuno dice quarta ma, facendo due conti 1930, persa contro l’Uruguay, 1978 vinta contro l’Olanda, 1986 vinta contro la Germania e 1990 sempre Germania ma sconfitta) mentre i tedeschi sono all’ottava. Se vincono i sassoni, si sfata il tabù della vittoria europea in sud America, se vince Messilandia sarà il terzo titolo e, dato curioso, chiunque vinca avrebbe per la terza volta nel suo palmares la Coppa del Mondo Fifa (il Brasile su cinque titoli tre sono Rimet, l’Italia che fa 2+2, la Germania 1 Rimet + 2 Fifa, Uruguay e Inghilterra hanno vinto solo la Rimet, Argentina, Spagna e Francia solo la Fifa). In virtù delle semifinali appena disputate la Germania col suo tiqui- tank parte strafavorita, ma l’Argentina, che pure non ha brillato, ha vinto sempre col minimo sindacale, ed è stata praticamente trainata da Messi; può comunque sorprendere i teutonici, specie se si fanno prendere da un eccesso di boria.
Quello che mi auguro, e che auguro a tutti coloro che si guarderanno la finale, è che sia una bella finale. In 24 anni di mondiali di calcio vissuti con consapevolezza, quella di Italia ’90 è stata una delle più brutte finali che si ricordino e, in ogni caso, tolta quelle di Francia ’98, la finale dei mondiali a mio modesto parere, è sempre stata di una bruttezza disarmante. Non chiedo né una replica della goleada di due giorni fa, ma nemmeno il piattume di ieri sera. Che trionfi, ancora una volta, il gioco.
Stefano Bonacorsi
Palla al centro
Parafrasando la brava giornalista svizzera Natasha Lusenti, questa mattina mi sono svegliato e sono stato contento di non essere un brasiliano. A conti fatti non so se sia peggio una batosta come quella patita dai pentacampeao ieri sera, o la vergognosa eliminazione della pedata italica. I verdeoro per lo meno in semifinale ci sono arrivati, noi no. Qualche post fa, avevo scritto che in una gara a eliminazione diretta, in caso di rigori i brasiliani non avrebbero retto. Ho avuto torto col Cile, anche se hanno rischiato, ma ho avuto ragione con i panzer, anche se non immaginavo che sarebbero usciti di testa. Son pur sempre i brasiliani diamine, ieri sera sembravano una squadra materasso al torneo delle frazioni di Castellaro!
Qualcuno ha tirato in ballo leggi non scritte dello sport in cui il più forte non deve umiliare il più debole, ma avrei voluto vederla applicata al Dream Team di Barcellona ’92, o agli All Blacks che nella coppa del mondo del 1999 strapazzarono l’italico ovale per 101 a 3!
Con ogni probabilità, senza stare a fare analisi tecniche e tattiche, ieri sera ha vinto il gioco e la coppa del mondo è tornata indietro di 70/80 anni, quando alle origini delle grandi sfide internazionali non era difficile vedere grandi squadre battersela a punteggi tennistici. La Germania ha semplicemente giocato, il Brasile sono anni che non lo fa più, aggiungiamoci una pressione senza eguali (neanche noi a Italia ’90 eravamo messi così) e il Mineraizo è servito!
Olanda- Argentina a questo punto si preannuncia sulla stessa linea. L’Albiceleste è stata piuttosto modesta in questo mondiale, un girone vinto a punteggio pieno pur faticando con tutte le squadre (Bosnia e Iran comprese) ottavi e quarti passati al minimo sindacale e una forte dipendenza da Messi. L’Olanda, stando agli umori nazionalpopolari, è la squadra su cui convergono le simpatie (non ha mai vinto nulla, dicono, se lo meriterebbe) e se, come sembra, smettono di fare le cicale come hanno fatto sempre (eccetto l’europeo dell’88) potrebbero averla facile sull’Argentina e giocarsela alla pari con la Germania.
L’impressione che ho, è che dopo le parvenze di Copa America, dettate più che altro dalle sorprendenti compagini della Colombia e Costa Rica, il calcio latinoamericano sia in realtà poca cosa. Del resto non è più possibile fare di un giocatore il proprio patrimonio nazionale come ai tempi di Pelé e, a differenza anche solo di vent’anni fa, i fenomeni sudamericani crescono e giocano in Europa, già privati di quell’estro naturale che avrebbero nella loro terra d’origine, nella quale non giocano neanche i campionati da sbarbatelli (per dire, Maradona approdò a Barcellona a 22 anni dopo aver disputato un mondiale) di conseguenza, gli allenatori europei, che li hanno plasmati a loro immagine e somiglianza, sanno benissimo come annientarli e come farlo fare ai loro giocatori. Ma è una mia impressione, da pallonaio distratto. Palla al centro, che stasera è un altra sfida. Buona visione.
Stefano Bonacorsi
Il ritorno del gioco
Il nefasto girone D, quello dell’Italia per intenderci, era il girone delle 7 coppe del mondo. Quattro italiche, due uruguagie e una albionica. Le semifinali che vanno a cominciare non saranno da meno: 10, otto delle quali si affronteranno stasera. Comunque vada, la finale non vedrà lo scontro Messi-Neymar, ma Adidas e Nike si sono comunque divise equamente le pretendenti al titolo e mi perdonerete se il gioco, lo vedo sempre in secondo piano rispetto agli interessi di sponsor & affini. Gioco che però torna prepotentemente a dire la sua e l’infortunio di Neymar ne è la prova: per quanto puoi provare a far filare tutto liscio l’imprevisto è dietro l’angolo, e anche se questo mondiale è concepito su misura per il Brasile (e la sfida finale con l’Argentina), dovessero trionfare, lo faranno come nel 1962 in cile, quando vinsero senza l’infortunato Pelé.

Quarti di nobiltà
Quando una fase a gironi finisce, già dall’ultima partita la tattica prevale sul gioco e, di conseguenza sullo spettacolo. E’ così più o meno per tutti gli sport di squadra: nel basket le partite dentro-fuori vedono i punteggi ridursi, nel rugby si riscopre l’arte del drop o si usano tutti i calci piazzati disponibili perché l’importante è fare punti. Nel calcio si va ai tempi supplementari e, gloria a Dio, regole come golden e silver goal sono stati bandite.
A dispetto di ciò che si andava delineando, o per lo meno di ciò che si andava cianciando, alla fine l’equilibrio Europa- Sud America è tornato, dopo che alcuni hanno parlato più di Copa America che non di Campionato del Mondo (ma si sa, di qualcosa bisogna pur parlare…). Siamo dunque al punto che una europea e una sud americana entreranno di sicuro tra le quattro semifinaliste. Per lo meno questo è il verdetto che uscirà domani dopo i primi due quarti di finale. Brasile favorito ma non troppo su una Colombia in gran spolvero, Francia data per soccombente contro i panzer tedeschi, i quali non mancano mai di costanza e determinazione, ma i galletti li trovo più freschi.
Poi sarà la volta, passato l’indipendence day, degli Orange contro la sorpresa Costa Rica e dell’outsider Belgio contro Messilandia. Sulla carta Olanda e Albiceleste dovrebbero passare, ma gli Orange son strani, han sofferto contro il Messico poi si è reinventato Sneijder e per i sombreros è stata subito sera. Però hanno patito anche dalla non irresistibile Australia e la Costa Rica ha pur sempre strapazzato l’Uruguay e battuto l’Italia, che non erano ‘sto gran che però…
Il Belgio è divertente, ha eliminato gli Usa e m’è dispiaciuto, però sono una delle squadre più costanti assieme alla sfidante Argentina. Entrambe hanno vinto tutte le partite fin qui disputate, il Belgio stando ai gol subiti ha la difesa migliore, l’Albiceleste dipende molto da Messi. Dovessero annullarlo è finita, dovesse svegliarsi in lui anche solo un decimo dello spirito di Maradona, avremo una replica della squadra che trionfò a Mexico ’86.
Dato statistico: è dal 1978 che non ci sono due squadre sudamericane in semifinale e, a parte Uruguay 1930, non ce ne sono mai state tre. L’europa invece in più occasioni (Italia 1934, Inghilterra ’66, Spagna ’82, Germania ’06) ha fatto cappotto tra le prime quattro cosa mai riuscita al Sud America. Se Brasile e Francia vinceranno il loro quarto di finale se la giocheranno in semifinale e i verdeoro non battono i galletti ai mondiali dal 1958 e dal 1986 sono un po’ la loro bestia nera. Una semifinale Olanda- Argentina non la federi male, ma anche un derby del Benelux ci starebbe. Poi, se la Costa Rica vuol fare come la Turchia nel 2002, ben venga….
Tutto è comunque predisposto perché la finale sia Brasile-Argentina, Neymar contro Messi, Nike contro Adidas. Poi il gioco dirà la sua ultima parola, perché per quanto puoi far si che un mondiale lo vinca chi ha deciso tra sponsor e politica, il calcio rimane sempre un gioco. E in un gioco non mancano mai le sorprese.
Stefano Bonacorsi