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Il caso Parma e i conseguenti dubbi su Roma 2014
Fortunato quel paese che non ha bisogno di Manenti recita un titolo de “L’intraprendente”, e questa intervista ad Alessandro Melli non può che confermare quel titolo. Parma non c’è più, sportivamente parlando o per lo meno, non sta troppo bene, è decisamente in agonia. Ed è un peccato non tanto per la storia sportiva della sua squadra di calcio a cui collego ricordi bellissimi della pre adolescenza, ai tempi dello scontro tra la prima Juve di Lippi e il mitico Parma di Scala; è un peccato per il sistema sportivo italiano, quello che Matteo Renzi vorrebbe candidare all’Olimpiade del 2024.
Il caso Parma sta diventando un emblema negativo del nostro sport, incapace di diventare davvero professionistico, incapace di fare impresa. Se infatti pure nel calcio milionario si arriva a gestioni malandrine, fatte da personaggi improbabili, mascalzoni e cialtroni, senza che ci siano controlli e controllori ma solo chi prende i soldi e scappa; si ha la prova lampante che lo sport, tutto, è rimasto al palo: puro diletto per qualche mecenate danaroso, passatempo per politici locali in perenne caccia di voti, valigia dei sogni per i ragazzini, scusante per le concessioni edilizie, crocevia burocratica, voce consigliata dal commercialista per il bilancio consolidato.
A questo punto tutto diventa inutile: inutile parlare dei troppi stranieri nelle leghe professionistiche, inutile parlare della formazione che manca ai nostri giovani, inutile parlare delle strutture fatiscenti, dei mezzi che mancano a tutti tranne che alle forze armate, dei ricambi generazionali negli sport minori e della gestione farlocca quando non imbarazzante dei loro diritti televisivi. E si potrebbe andare avanti per pagine e pagine di disciplina in disciplina, ma ci limiteremo a qualche esempio.
Lo scudetto al monte dei pegni
Mi perdoneranno gli interisti, ma prima di ieri sera, pensavo che solo l’Inter pre calciopoli fosse in grado di gettare via scudetti vinti. L’Olimpia Milano è un Titanic, apparentemente inaffondabile, che sta naufragando perché speronata da una corazzata, che negli ultimi tempi si è trasformata in chiatta. Eppure Ress e compagni giocano come se non ci fosse un domani. Ed è vero, perché Siena, con ogni probabilità, l’anno prossimo non ci sarà sui parquet della Serie A. Quindi? Allenatore in primis, giocatori, qualche reduce degli ultimi 7 anni e un pugno nuovi elementi certamente più motivati delle scarpette rosse, hanno giocato i playoff della vita. Sono già due anni che la Mens Sana Basket non domina la stagione regolare, eppure riesce a imporsi sulle rivali. Qualche giorno fa ho scritto che dopo sette scudetti consecutivi sarebbe anche ora di dire basta, ma la storia recente di questa squadra, che sta per fare la triste fine già accaduta a Virtus e Fortitudo Bologna, e alla Scavolini Pesaro, mostra la vittoria del basket come sport e non come circolo vizioso di milioni di euro e una classe dirigente che bada ai propri interessi anziché allo sport in se (e i risultati tra club e nazionale purtroppo si vedono…). Ora, a un giorno da gara 6, auguro a Siena di chiudere la sua epopea nel migliore dei modi, anche se mi ha fatto rabbia non vedere mai, uno schiacciasassi così impressionante in Italia, trionfare in europa. E anche se il finale di questa storia è già scritto ed è già amaro anzi amarissimo, lasciamo almeno il canto del cigno, un bel ricordo soprattutto ai tifosi. Nella speranza che nel frattempo qualcosa cambi anche se sarà difficile.
Stefano Bonacorsi
Ring of Fire
Causa mondiali di calcio in corso, passano sotto silenzio due eventi abbastanza importanti: il primo sono le finali del campionato italiano di pallacanestro, dove Milano parte bene sbriciolando Siena. Va detto, dopo sette campionati consecutivi, sarebbe anche ora di basta, ma sappiamo che Siena quest’anno gioca una finale passerella, perché l’anno prossimo non la vedremo più.
Il secondo evento importante, erano le finali Nba, le prime con un italiano a giocarle pur se da sesto uomo o poco più, ma parliamo pur sempre del primo italiano a vincere la gara del tiro da tre punti all’All Star Game 2014. Marco Belinelli da San Giovanni in Persiceto, ci tengo a sottolinearlo, cestisticamente nasce nel vivaio delle V nere e solo dopo la stramaledetta crisi del 2004 (perdonatemi ma in questi casi il cuore prevale sulla ragione) approda sulla sponda Fortitudo. Ere geologiche fa, quando Bologna era ancora un nome che nella pallacanestro significava qualcosa.Fatto sta che ieri, il buon Beli (fortuna che non è genovese) è stato il primo italiano a vincere il titolo Nba (tra l’altro assieme all’altro ex Virtus Emanuel Ginobili, suo idolo quando era nelle giovanili, una delle più belle cose passate in Italia e in bianconero) e in un epoca in cui il basket all’Italia offre davvero poco sia come club che come nazionale (oltre al terremoto senese che ha fatto vacillare i vertici della Lega), è una buona notizia. Buona notizia anche per il fatto che nomi più blasonati come quelli di Bargnani (primo europeo scelto con numero 1 al Draft) e Gallinari, allo stato attuale, pur a fronte di prestazioni eccellenti, hanno raccolto poco. Vogliamo sperare che questo sia comunque un buon auspicio e che in qualche modo indichi la direzione che il basket di casa nostra deve prendere. Nel frattempo godiamoci il nostro signore dell’anello sperando che possa intanto fare da traino mediatico per il movimento (come ai tempi di Myers e Pozzecco) dato che anche quando veste l’azzurro non si tira indietro. Grazie Marco, attendiamo una storia di Federico Buffa tutta per te!
Stefano Bonacorsi
L’Italia non va più a canestro
La vedete questa immagine? è sicuramente un immagine che non vedremo ai prossimi mondiali di pallacanestro che si disputeranno in Spagna. L’Italia ha fallito la qualificazione allo scorso europeo e ha rinunciato a correre per la wild card tanto che è notizia di ieri quella dell’assegnazione degli ultimi quattro posti per il mondiale (al che uno si domanda: le qualificazioni a cosa servono?). Risultato, dopo quelli del 2010 ci saltiamo anche i prossimi mondiali.