Oggi proviamo a fare i seri intervistando Maurizio Cadegiani che è stato sindaco di Montecreto dal 2009 al 2014 con una lista civica collocabile nell’area del centro destra. Molto impegnato sul fronte della salvaguardia del punto nascite dell’ospedale di Pavullo, si è anche distinto per l’attenzione al territorio. Passato all’opposizione dopo l’ascesa di Leandro Bonucchi, si è successivamente dimesso da consigliere per motivi personali, ma non ha ma realmente smesso di interessarsi al territorio. Ecco la sua opinione su quella che scherzosamente abbiamo definito la repubblica di Lamantecreto. [continua a leggere…]
Tag: interviste perdute
Interviste Perdute: conversazione via Facebook con 11 Illustri Sconosciuti
-Esponenti di studi legali: percentuale risicatissima ma dal peso specifico incalcolabile.
-Personaggi equivoci con cui abbiamo litigato a più riprese;
Interviste perdute: Davide Venturelli
Tornano le interviste perdute, rubrica dedicata alle interviste da me raccolte e non pubblicate su nessuna testata eccetto questo blog. Ho riesumato il tag da un mio vecchio blog in cui riponevo per l’appunto materiale giornalistico non pubblicato all’epoca della mia collaborazione con la Gazzetta di Modena. Oggi si ripresenta nella veste di questo blog, in quanto la mia collaborazione con Modena Qui è sospesa, in attesa di sviluppi. Le notizie, specie se urgenti, non possono però attendere, ecco perché ospito su queste pagine Davide Venturelli.
le interviste perdute: valentina arena (13/10/2011)
Questa intervista potrebbe benissimo uscire per la rubrica “cronache sospese” o “cronache istantanee” perché davvero non sappiamo se avrà un futuro al di là di questo blog, ragion per cui, mettiamo le mani avanti, e la inseriamo nelle interviste perdute, consci che qui, non sarà snaturata di nessuno dei suoi contenuti. Torniamo a parlare di “Vetro”, dopo averlo recensito, parliamo con l’autrice, che partecipa a due importanti concorsi. Se avete l’occasione, almeno a quello di Sassuolo andateci (quello in Francia, lo riconosciamo, è un pò più scomodo da raggiungere) e vi garantiamo che ne varrà la pena. Nel frattempo, di modo che possiate farvi un’idea, ecco una breve chiacchierata con l’autrice. Buona lettura.
le interviste perdute: nicolò gianelli (24/12/2010)
l’intervista che pubblico oggi, in realtà doveva uscire sulla nuova Gazzetta di Modena a ottobre, in coincidenza con la “Festa del Racconto” di Carpi,a cui, l’autore con cui dialogo qui, che risponde al nome di Nicolò Gianelli, ha partecipato in quanto vincitore del concorso “Born To Write”. invece nulla, come al solito, pare che i giovani seri non interessino, mentre si perde continuamente tempo dietro a sedicenti rivoluzionari. l’occasione di ripubblicarla qui è ghiotta, in primis perché ho avuto modo di aggiornarla all’ultima fatica di Nicolò, “Fottuto Mondo Fatato” libro di poesie, uscito da un mesetto scarso, e inoltre perché dal 28 dicembre al 3 gennaio, a Sestola ci sarà “Emilia Ruvida- esposizione di arte giovane e locale” durante la quale sarà possibile acquistare i suoi libri. il 28 alle 18, presso la sala Don Pedroni, Nicolò leggerà anche alcune sue poesie a tal proposito, consiglio, per chi non lo conoscesse, “Settembre non tornerà”. è un bel libro, con una scrittura vivace e, per chi è nato in Emilia, o è nato o passato per Pavullo nel Frignano, uno spaccato di vita in cui si si può immergere, sentendosi presi anche nel vivo. gli altri libri non li ho letti, per cui, non so. buona lettura e, soprattutto vi aspettiamo a Emilia Ruvida.
Nicolò Gianelli, classe 1982. Gianelli, già autore di diversi libri tra cui “Oniriche” e “Settembre non tornerà” pubblicati dall’editore sassolese Incontri, si presenta come il vincitore del concorso “Born to write”, con il racconto “Trenta secondi di universo” il quale ha dato anche il titolo all’antologia dei migliori racconti selezionati dal concorso parmense e pubblicata da Marcos y Marcos. Di recente è uscito per Arduino Sacco Editore, la raccolta di poesie “Fottuto mondo fatato”.Cosa ha significato per te vincere Born to write (partendo dal tuo percorso di scrittura)?<>.Ti occupi di poesia e narrativa, ma sei anche autore e regista di video e di satire: come riesci a conciliare queste arti? ti soddisfano tutte allo stesso modo?<>.Quanto porti di te nei tuoi libri e a chi sono rivolti?<> Il tuo ultimo libro è un libro di poesie e si intitola Fottuto Mondo Fatato. Il titolo è provocatorio? <>. Sei creatore del movimento- marchio “Emilia Ruvida”, da dove nasce e perché? <> Perché le persone dovrebbero leggere i tuoi libri? <>. stefano bonacorsi
le interviste perdute: sara bertacchi (7/11/2010)
quella che vi giro oggi è un intervista recente, anzi recentissima, dato che sarebbe dovuta uscire sul giornale di ieri. si tratta di un’intervista a Sara Bertacchi, artista pavullese, che ieri inaugurava la sua seconda personale intitolata “:”. l’intervista è stata segata per lasciar posto a cose che presumo più importanti, anche se penso che uno spazietto l’avrebbe meritato. tra l’altro, la segnalazione della mostra nella parte cultura e spettacoli è stata di un altro, non mia, probabilmente per diritto di precedenza. fatto sta che, al solito, ciò che non mi pubblicano là, lo metto qua sopra, sperando di far cosa gradita all’artista che davvero merita. all’intervista aggiungo qui un pezzettino del suo curriculum, che nel pezzo non avevo fatto in tempo ad inserire, inoltre troverete qualche foto di alcune opere. se avete occasione andate a farci un salto a questa mostra, si trova alla Galleria 82- La Cornice in via Umberto I a Pavullo nel Frignano. sarà esposta fino al 27 di questo mese.
Sara Bertacchi è nata a Pavullo nel Frignano nel 1985, si è laureata presso l’ Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, Dipartimento di Arti Visive con una tesi di ricerca intitolata “L’Arte Aborigena”. La sua persnale si intitola “:” (due punti) e l’artista pavullese Sara Bertacchi l’ha inaugurata sabato 6 novembre alla Galleria 82- La Cornice in via Umberto I a Pavullo nel Frignano. La mostra si intitola “:”, da cosa parte o dove vuole arrivare?<>. Cosa rappresenti e cosa vuoi comunicare con le tue opere? <>.
Stefano Bonacorsi
le interviste perdute: luca bortolotti (22/10/2010)
oggi vi propongo l’intervista perduta a Luca Bortolotti, collega pavullese per la testata dell’Informazione di Modena e giornalista praticante dell’agenzia La Stefani di Bologna e, non ultimo, frequentatore della birreria Goblin. l’intervista in questione riguarda la presentazione del suo primo libro di racconti, Anime Divise, edito da Albatros Il Filo lo scorso giugno. anche qui avevo fatto l’intervista per la presentazione del libro per la Gazzetta di Modena e, evidentemente per ragioni di spazio, il pezzo fu scartato a favore di una presentazione di poche righe, fatta da un mio collega corrispondente. la riproposi durante l’estate, quando il libraio Iaccheri della libreria “La Sorgente”, durante i mercatini serali, offrì agli autori pavullesi uno spazio per promuovere le loro opere. anche lì, il nulla. e allora, dopo tanto tempo, sperando che nel frattempo il libro stia andando bene (non ho avuto ancora occasione di comprarlo), pubblico qui l’intervista perduta. la forma non è quella originale perché purtroppo ho perso il file. mi limito a riportare ciò che ci siamo scambiati via e- mail. buona lettura.
Anime divise è un libro di racconti, come sono nati?
Esiste un filo che unisce questi otto racconti?
Il titolo del libro, Anime Divise, è proprio ciò che spiega il filo conduttore che unisce racconti scritti in momenti diversi, ambientati in spazi e tempi lontani tra di loro, anche di generi letterari differenti. Questo filo conduttore, infatti, è la messa in scena di personaggi tormentati, percorsi da un dilemma interiore, da uno struggimento dell’anima, da qualcosa che li turba e non rende loro possibile essere sereni. Otto racconti, otto personaggi diversi, otto vite inquiete. E inquiete per ragioni diverse, che corrispondono poi alle quattro sezioni in cui il libro è diviso: corruzione (ciò che porta persone normali a fare cose orribili), paura (che blocca l’azione e porta a riconsiderare la propria vita sotto un’altra ottica), contraddizione (cioè sapere cosa sarebbe giusto fare ma non avere il coraggio di farlo) e amore (che quando non corrisposto, finito o impossibile lacera più di ogni altra cosa), vale a dire i possibili stati d’animo in grado di tormentare l’esistenza di una persona, di renderla, appunto, un’anima divisa. Otto personaggi, dunque, ma in realtà è come se fossero una persona unica, dal momento in cui i turbamenti di ognuno di essi noi come esseri umani con una personalità complessa possiamo viverli tutti, in momenti diversi della nostra vita. Ogni personaggio rispecchia una porzione della nostra personalità, e tutti assieme formano un’unica persona, nella sua complessità.
Sei un giornalista. quanto di questa tua esperienza ha influito sulla tua opera?
Ho cominciato a scrivere racconti prima di iniziare a studiare e lavorare da giornalista, per cui in qualche modo le due cose si sono influenzate a vicenda. Senza dubbio scrittura giornalistica e scrittura creativa sono due tipi di scrittura molto diversi tra di loro. Ma è anche vero che allenarsi nella scrittura creativa può aiutare anche nella stesura di articoli di giornale, se si vuole dare qualcosa in più al proprio pezzo. Le parole sono importanti, e scrivere racconti può essere una buona palestra per avere un lessico più appropriato, preciso e corretto anche quando si passa all’articolo. E la correttezza di ciò che si dice, per un giornalismo serio, è tutto. In fondo, poi, si tratta pur sempre di raccontare delle storie, no? Anche il giornalista scrive racconti, in un certo senso, narra storie reali.
Non a caso, poi, due degli otto protagonisti di questi racconti sono giornalisti, e uno, in particolare, prende spunto e inizia raccontando una scena che ho effettivamente vissuto nel corso di un’intervista, anche se poi lo sviluppo della trama porta su tutt’altra strada.
Stefano Bonacorsi
le interviste perdute: federica pini (4/10/2010)
in ogni caso, ve la ripropongo, con l’aggiornamento estivo, ma soprattutto in versione integrale e senza i tagli che ho dovuto fare per spedirla in redazione. sul sito http://www.lamortedargento.it trovate il primo capitolo gratis del romanzo, se vi interessa. buone letture.
Si intitola “La morte d’argento” il primo romanzo di Federica Pini edito da Runde Taarn edizioni. Il romanzo della giovane scrittrice pavullese (classe 1987) è uscito nelle librerie il 1 di marzo. Sabato 5 giugno alle 10 presso la libreria “La Sorgente di Pavullo l’autrice incontra il suo pubblico. Ne abbiamo approfittato per chiedere come sta andando il libro <>.
come è nato “la morte d’argento”?
La scrittura è sempre stata per me una grande passione. L’idea di creare un libro, una storia molto
più lunga rispetto ai racconti brevi in cui mi ero cimentata precedentemente, è venuta al termine
delle scuole superiori, quando la vita cominciava a prendere una svolta più matura e iniziavo a
pormi domande più serie riguardo al mio futuro.
“La Morte d’argento” non è stata l’idea originaria che mi è venuta per un romanzo, bensì successiva
primi esperimenti di scrittura. È nata all’improvviso, precisamente alle 6,40 di una mattina di
settembre del 2007, mentre mi stavo recando con la corriera all’università. Sono una grande
sognatrice, fantastico su tutto quello che mi succede, che sento, che mi circonda. Quella mattina, la
macchinetta dell’autobus mi smagnetizzò il tesserino e da lì la mia mente prese il volo, tanto che,
nel romanzo, un episodio simile fa incontrare Erika e Christian, i due protagonisti. Nel corso di un
singolo viaggio, nacquero i personaggi, la storia a grandi linee, alcuni episodi specifici che mi
piacquero subito. Da lì, il salto a una trama intrecciata e particolareggiata avvenne in pochi giorni.
Viaggiavo molto in quel periodo, quindi la cosa migliore che potevo fare mentre guardavo il
panorama fuori dal finestrino e ascoltavo musica era immaginare.
quali sono i tuoi legami con i luoghi che hai descritto nel tuo romanzo e come li hai
trasportati dentro al romanzo?
La scelta delle ambientazioni non è avvenuta in modo casuale. Ho preferito utilizzare i luoghi che
conoscevo bene per iniziare, come l’Appennino Modenese in cui vivo, la facoltà di Economia dove
ho studiato, la strada che percorrevo tutti i giorni, per rendere la narrazione più reale e vicina ai
lettori. Troppo spesso i giovani ritrovano tra le proprie mani romanzi ambientati in territori lontani,
quasi irraggiungibili. Uno scenario più vicino rende le storie inventate un po’ più vere.
Gli altri luoghi in cui si sposta successivamente la narrazione, come la Cornovaglia e la Bretagna,
rispecchiano i miei gusti personali. Non ci sono mai stata, ma infondono un fascino particolare in
me. Ho cercato di renderli più reali possibile, attraverso ricerche approfondite sulla storia, sulla
cultura e sulla geografia dei territori.
il confine tra realtà e fantasia è spesso sottile, nel tuo romanzo parli di luoghi
esistenti e di vite normali dietro cui si nascondono trame più o meno oscure: c’è una
metafora in tutto questo?
Cercando bene, una metafora c’è. Nella vita di tutti giorni che ognuno di noi vive, può capitare che
qualcosa, qualsiasi cosa, giunga all’improvviso e sconvolga tutti i piani e le aspettative
programmati. Negli ultimi anni mi è successo spesso, tra il romanzo, l’università, il lavoro. Una
mattina pensavo al mio futuro in un modo, mentre quella successiva mi trovavo a immaginarlo
l’opposto. Succede un po’ così, a Erika: da normale studentessa universitaria con un carattere deciso
e pragmatico, diventa il centro di una profezia millenaria, al fianco di creature di cui negava
l’esistenza in modo assoluto. Significa che anche la persona più semplice può aspettarsi di tutto
dalla vita.
Twilight e altre trame fantasy sul vampirismo: temi che qualcuno ti accuserà di
esserti accodata ad un filone “di moda” o pensi che il tuo romanzo sarebbe potuto
esistere anche senza questi fenomeni di massa, cioè prendendo la spinta solo dalle tue
passioni sul genere?
Ho letto Twilight, in effetti tra le lettrici della mia età sono in poche quelle a non averlo fatto. Da
quando il romanzo di Stephenie Meyer è stato pubblicato, i libri sul genere vampiresco si sono
triplicati, invadendo letteralmente gli scaffali delle librerie italiane. Io sono sempre stata molto
orientata sul fantasy tradizionale, come il Signore degli Anelli, e ho cominciato proprio da lì la mia
esperienza di scrittura. Contemporaneamente, è iniziata anche la mia passione per i vampiri,
precedentemente a Twilight. È ovvio che il successo delle storie sui non-morti che si scostano dal
tradizionale, quelli che chiamano “I vampiri buoni”, possa avermi aiutato nella ricerca di
ispirazione, ma non è stato solo questo, anche perché le creature che io descrivo hanno delle
differenze rispetto a quelle che vanno di moda negli ultimi anni. C’erano la mia fantasia, la musica,
gli ambienti, le mie letture precedenti. Mi sento di dire che, senza Twilight, “La Morte d’argento”
sarebbe esistito comunque. Forse sarebbe stato diverso, chi può saperlo? L’idea avrebbe potuto
raggiungermi tra qualche anno, in una situazione differente.
Le accuse ci saranno di sicuro, non lo metto in dubbio. Frequento molto il web e leggo le opinioni
dei naviganti che commentano il genere vampiresco. Spesso succede che alcuni utenti, forse anche
invidiosi del fatto che questo tipo di libri stia avendo un così forte successo, diano dei giudizi
negativi senza nemmeno aver preso il romanzo in mano. Mi aspetto i commenti cattivi, ma sono
pronta ad affrontarli.
Stefano Bonacorsi