Per l’Appennino si prospettano giorni di cambiamenti che, in breve tempo potrebbero portare a benefici per il territorio. E’ notizia di questi giorni infatti, che la Regione Emilia Romagna abbia stanziato un fondo perduto di dieci milioni di euro per incentivare il ripopolamento delle aree montane. Contributi fino a 30.000 euro per singoli o coppie che vogliano acquistare o ristrutturare una casa, senza però fare consumo di suolo… [continua a leggere su La Pressa]
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Nel fare la rassegna oggi, mi è scappato l’articolo che ho messo nella fotonotizia di stasera, e che vi invito a leggere direttamente nella versione online. E’ la vicenda di due sorelle che, causa Covid-19 hanno dovuto rinviare l’apertura del loro negozio e questo lo riporto, a testimonianza del fatto che questo lockout, non solo ha interrotto una moltitudine di attività, ma ne ha anche rinviato la nascita. Spiace il fatto, soprattutto perché si tratta di due ragazze giovanissime e intraprendenti a cui questo modesto blog, augura ogni bene.
Questa notizia, fa il paio con i dati di Unioncamere riportati da La Pressa: aumentano le imprese straniere e calano quelle dei giovani, ma del resto, con questo governo che più è traballante e più sta in piedi e meno fa, cosa ci aspettiamo, forse un’iniezione di ottimismo?
Insisto ancora sull’industria dello spettacolo ma lo faccio per interposta persona e vi rimando all’intervista che Stefano Soranna, ha fatto a Fabrizio Tavernelli sul suo blog per Il Fatto Quotidiano. Si parla dello stato attuale della musica dal vivo e degli scenari che si prospettano per il futuro immediato
Infine segnalo un gustosissimo ritratto di Andrea Scanzi fatto da Davide Cavaliere per Caratteri Liberi che vi invito calorosamente a leggere, in attesa che sblocchino anche il buon Davide e possiamo tornarci a leggere i suoi commenti al vetriolo.
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Colpevolmente oggi non ho fatto segnalazioni da La Pressa, ma va detto, nella forma che sta prendendo la nostra rassegna, e cioè la voce non solo dell’Appennino, ma della provincia in generale. Del resto, con già tutte le belle e approfondite rassegne che ci sono tra i vari network, che senso ha parlare di cose di cui parlano tutti? In fondo anche parlare della provincia più remota, è un modo per interpretare il mondo.
Vi rimando dunque alla testata con cui collaboro, per un pezzo di economia che verte sul tema dei prestiti a garanzia statale per le piccole imprese. I dati nel modenese sono deprimenti, ma ad esserlo è la coltre di burocrazia sotto cui hanno sepolto questi provvedimenti.
Oggi poi non vi ho segnalato, o meglio, l’ho fatto solo quando ho letto la prima pagina, l’intervista a Claudio Longhi, direttore artistico di Emilia Romagna Teatri Fondazione sulla Gazzetta di Modena. Verrebbe da dire ben svegliati, anche se si tratta comunque dell’intervista a un pezzo grosso, cioè il direttore del teatro stabile pubblico regionale. Vale a dire il braccio armato della cultura “di regime” perché, sarebbe il caso di dirlo, il mondo spettacolo altro non è che una struttura parastatale, se lo Stato o la Regione, come si suol dire “cacciano i sordi” la filiera funziona (vi ricorda niente il nome Fus, acronimo di Fondo Unico per lo Spettacolo?), ma se manca il supporto pubblico allora sono problemi. E d’accordo che se vengono a mancare i pesci grossi, non mangiano nemmeno i pesci piccoli, ma direi che ormai sia il caso di cominciare a ripensare tutta la filiera: detassazione, più iniziativa privata, meno vincoli burocratici per gli spettacoli dal vivo, riqualificazione delle strutture e, soprattutto, creazione di strutture polivalenti, riconoscimento professionale, flat tax per gli operatori del settore al di sotto di una certa soglia di introiti e ammortizzatori sociali. Lo so che sto insistendo molto su questo tasto, ma esiste una moltitudine di professionisti, alla base di questo settore, che sono senza tutele e impossibilitati a fare qualsiasi cosa al di fuori dello streaming. La musica, il teatro e l’arte in generale, non si possono fare in modalità smart working.
In questo articolo si parla di soldi
duole dirlo, ma gli sforzi fatti, meriterebbero un obolo
La rassegna di oggi, per ragioni sclero, tecnico, lavorative è stata veloce e non approfondita come avrei voluto, anche se sufficientemente sintetica. Si può fare di meglio? Certo che sì, ma ci dobbiamo perfezionare, occorre trovare un compromesso tra la sintesi temporale e l’approfondimento argomentativo. Che paroloni! Veniamo a noi…
Appennino: la notizia più rilevante (e che approfondiremo nei prossimi giorni in maniera più ampia e nelle sedi più appropriate) è quella relativa al gruppo Facebook “Montese ti aspetta” con più di 3000 iscritti e che, proprio per il fatto di puntare sulla promozione del territorio, mostra come da un male come il Covid-19 ne stia nascendo un bene: in molti comuni montani infatti, in provincia di Modena, si parla di rilancio del turismo di prossimità. C’è solo da augurarsi che si venga a creare un fenomeno strutturale, anziché un una tantum buona per quest’anno e poi chissà.
Pianurae dintorni: da aspetti positivi che possono nascere dalla pandemia a quelli, purtroppo negativi. A Carpi è andata in scena la consegna delle chiavi. L’associazione locale “Carpi c’è” si è detta pronta allo sciopero fiscale, ma il dato che emerge è che, dopo Castelfranco Emilia e Sassuolo, è la terza protesta di rilievo per chi vuole riaprire la propria attività. Bonaccini, sentito da RTL, dice che se continua così la discesa dei contagi, si può valutare un’apertura anticipata rispetto a quella del 18 maggio e anche quelle oltre. Intanto pare che Venturi a fine settimana lascerà l’incarico di commissario regionale.
Cultura: non smetterò di parlarne fino a che non avrò slogato la tastiera del computer. Oggi il tenore sassolese Matteo Macchioni ha rilasciato un’intervista a Gianpaolo Annese sul Resto del Carlino di Modena dove ha suggerito idee per la riapertura dei teatri. Il mondo dello spettacolo, fatta eccezione per gli esemplari di Bella Ciao e i cantanti da I maggio, è letteralmente alla fame. Macchioni ha scritto a Giuseppi e a Franceschini, vedremo se diranno grazie per la lettera o se interverranno diversamente. Intanto le proteste degli addetti del settore, lontano dalle telecamere e dai circuiti di regime, continuano. Sui social, gli unici teatri rimasti dove possono esibirsi. Ma si esibiscono in silenzio, perché non hanno voce.
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C’è qualcosa che non torna nell’ordinanza che grazie a Dio, allenta finalmente il lockdown, con misure meno stringenti rispetto a quelle del governo.
Tralasciamo il fatto che l’andare oltre all’esecutivo in Emilia-Romagna, seconda regione per contagi e per morti, faccia meno rumore rispetto alla Calabria, regione nella quale l’emergenza è stata più che contenuta, fingiamo per un attimo che la polemica, soprattutto giornalistica, non sia alimentata dai diversi orientamenti politici delle due giunte rispetto al governo centrale…
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Sorprende, ma fino ad un certo punto, il discorso di Lucia Borgonzoni di oggi in Senato. Posto che, a mio modesto parere, sarebbe dovuta restare all’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna a guidare l’opposizione e a far crescere la classe dirigente del suo partito nella sua regione; mi è finalmente chiaro perché Salvini ha insistito perché restasse al Senato, come referente per i beni culturali: perché è competente in materia.
E quello che sorprende, è che un discorso del genere, sulla cultura, ma soprattutto sulla cultura come lavoro e non come passatempo per borghesi sinistri e annoiati, non l’ho mai sentito fare nemmeno quando, da studente militante a sinistra, ogni qual volta che c’era un taglio alla cultura ci si stracciava le vesti? E sapete perché? Perché quando a sinistra si parla di cultura, si parla di quella funzionale ai suoi bisogni, i concerti da feste dell’Unità, i film da festival del cinema indipendente o sedicente tale, la musica impegnata, la satira ma solo da una parte, i fumetti militanti, i quadri che raffigurino sempre e comunque il quarto stato.
Oggi la Borgonzoni, che magari non lascerà un segno nella storia, in un discorso di poco più di sei minuti, ha comuque snocciolato il tema riguardante i fondi alla cultura, dimenticata da tutti, e di cui non sentirete parlare al concerto del I maggio. E lo ha fatto da destra, la tanto odiata destra che a sentire gli intellò, è piena solo di ignoranti e che fino ad oggi ha avuto Sgarbi come portavoce della cultura ma, bontà sua, trincerato dietro al suo carattere istrionico e selvaggio. Quella destra tanto bistrattata quando Tremonti diceva che con la cultura non si mangia, quella destra per la quale non è ammessa intelligenza, perché kome dikono i kompagni la kultura è di sinistra!
Ecco compagni, vi siete lasciati portar via un altro tema, dopo il pane vi hanno fottuto le rose! E ben vi sta, a cullarvi nella vostra autoreferenzialità. La cultura è un lavoro, la cultura dà lavoro, con la cultura si mangia, e non solo se si ha la tessera di partito. Ma non imparerete questa lezione, fino a quando penserete di avere ancora a disposizione l’egemonia culturale di questo paese. L’intervento della Borgonzoni, dimostra che anche questa sta scricchiolando pericolosamente.
Con la cultura si mangia…
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Sarà molto interessante vedere come si svilupperà il più grande gruppo imprenditoriale italiano, ora che gli Agnelli, attraverso Exor, ne hanno preso il sopravvento. E già vediamo il valzer dei direttori, Feltri Junior promosso all’Huffington Post al posto dell’Annunziata, Molinari al posto di Verdelli a Repubblica e Giannini a La Stampa. Si rimane nel filone anti sovranista, ma sicuramente non sarà tenero con l’attuale governo e vedremo alla luce degli appena approvati recovery bond quale sarà la linea editoriale che dovranno seguire. La cosa più interessante sarà vedere i riflessi sull’editoria locale, le varie Gazzette (tra cui quella di Modena) che è arcinoto non brillano per essere super partes. Gidibì, come lo chiamava il compianto Giampaolo Pansa, indirizzava palesemente le redazioni locali, e lo spostamento dell’asse verso Torino e verso gli Agnelli-Elkann, potrà non significare molto per quotidiani come La Stampa o Il Secolo XIX, ma per il resto del gruppo ci saranno cambiamenti, e a livello locale, come potete leggere relativamente a una querelle tra La Pressa e un giornalista della Gazzetta di Modena, sarebbero più che auspicabili, soprattutto per raccontare una realtà che troppo spesso viene facilmente addolcita.
Il gruppo Gedi è un colosso editoriale…
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C’era un intervista interessante sulla Gazzetta di Modena di oggi, con la quale si capisce chiaramente che il Covid-19 ha smantellato ogni idea di mobilità sostenibile. Nell’intervista all’amministratore unico dell’agenzia per la Mobilità di Modena (aMo) Andrea Burzacchini, si capisce chiaramente che il fronte gretino è alla frutta. Vi risparmio la pagina accanto dove si dice che il pensiero ecologico deve diventare un’abitudine quotidiana. Ve lo risparmio perché nell’intervista, il Burzacchini si augura che, per quanto comprensibile, la paura non porti tutti a prendere la macchina anziché i mezzi. Che va detto, a Modena e provincia non sono tutto sto che. Questi pensano a rifare la mobilità quando i servizi extra urbani sono carenti nei piccoli centri, e anche in quelli urbani non brillano particolarmente. Poco prima della pandemia si stava progettando la riqualificazione del “gigetto” il treno che collega Sassuolo e Modena, l’ennesimo progetto dopo che da anni si sta pensando se sopprimere o potenziare una linea che di per sé, se fosse efficiente, ridurrebbe di suo drasticamente il traffico. Ma ora li voglio vedere, mettere i semafori, prenotare le corse e quant’altro, il che vorrebbe dire, semplicemente, aumentare il parco mezzi, perché se non puoi più far stare 30 o 50 persone su un pullman, automaticamente devi metterne a disposizione un’altro. E chi paga? E le strade ai 30 all’ora per invogliare a prendere la bicicletta? Fallo su per la Giardini tra Maranello e Serramazzoni, genio! La verità, è che si dovrà invece prendere atto che sì, sui mezzi non ci si potrà più salire stipati, il che sarebbe anche l’ora; ma soprattutto che i mezzi andranno di corsa in corsa, o almeno una volta al giorno SANIFICATI. Scongiurare il massiccio uso dell’auto, a fronte di una pandemia che, per come è stata trattata, ci ha reso tutti paranoici (e gli abitacoli delle nostre macchine un porto sicuro) è un’utopia buona per i gretini, laddove basterebbe rendere i mezzi pubblici vivibili, senza la paranoia del distanziamento sociale. Il buon senso (guanti e mascherine obbligatori) farà il resto. Meno parole per aria e soldi investiti decentemente.
Snoopy ha ragione
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Come in un prodotto in serie si son viste la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Modena e il comune di Modena, senza che ci fossero particolari discrepanze (del resto son tutti dello stesso partito), mettere giù un piano per la ripartenza per le filiere dell’automotive, ceramica e della moda; in pratica mettendo in fila i settori che fanno export e soprattutto Pil regionale. Il tutto attraverso i tavoli provinciali per formulare una proposta a Governo, guardandosi bene però dal far rumore e, lontani dalla polemica politica a differenza di quanto fanno quegli scellerati della Lombardia e del Veneto. Il Politburo, assieme alle corporazioni della regione ha stabilito che la priorità saranno i protocolli di sicurezza e ben vengano per carità, a questi si aggiungeranno anche delle fasi di attacco che ben vengono illustrate in questo video del Presidentissimo.
State pur sicuri che il modello emiliano romagnolo ancora una volta sarà visto come l’eccellenza, al che mancheranno solo i cinegiornali celebrativi, chiaramente non appena riapriranno i cinema. Si perché “I firmatari del Patto hanno condiviso la necessità di assicurare quanto prima un impegno particolare, insieme alle associazioni e ai Tavoli provinciali, per l’implementazione dei protocolli di sicurezza da adottare a favore delle imprese individuali e delle microimprese impegnate nelle attività di supporto alle altre filiere. Uno sforzo rilevante dev’essere dedicato alla ricerca di soluzioni di sicurezza adeguate per i servizi alberghieri e turistico-ricettivi, della ristorazione e dei pubblici esercizi, del wellness, delle strutture sportive, ricreative e culturali, che richiedono standard particolari non solo per i lavoratori ma anche per l’utenza. Per questi ambiti è necessario operare da subito per l’adozione di standard e soluzioni di livello nazionale ed europeo.” (fonte La Pressa).
Quindi, intanto far ripartire quelli che hanno i numeri, ma soprattutto la forza persuasiva per ribadire che gli affari sono affari; farlo nella maniera più conciliante possibile (vedrete, non sentirete una sola parola di Conte contro l’Emilia-Romagna), e soprattutto far pazientare ancora un po’ il tessuto delle piccole e medie imprese, ossatura del sistema emiliano romagnolo, che ripartiranno se saranno parte di una filiera, o quando lo deciderà il Politburo. Per tutto il resto c’è Mastercard.
A corollario segnalo questa intervista di Stefano Parisi (leader del centrodestra nel Lazio) rilasciata a Dagospia
A domani
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Cosa si aggiunge a quello che non si è fatto durante il giorno? Di solito nulla e oggi sono più in ritardo del solito nel proporre aggiornamenti. Ma del resto chi vuole può rivedere lo scazzo che ci ho messo in rassegna oggi con le due interviste al presidente dell’Emilia-Romagna che ho citato. E invero aggiungo pochissimo su quanto ho detto oggi, non ho avuto un granché di tempo, non ho finito di leggere i giornali, non ho approfondito niente per cui vi do la buonanotte, oltre che col video di oggi con le seguenti letture: