Aisha (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 11 maggio 2020)

La vicenda di Silvia Aisha Romano, mi ha lasciato molto perplesso. Perplesso per il trattamento mediatico, perplesso per la passerella del Governo, perplesso per le reazioni da tifoseria che sono passate sopra il dramma di un rapimento di una donna, da parte di terroristi islamici e tutte le conseguenze del caso. Va detto a onor del vero che l’unico politico che si è sempre speso per Silvia Romano, è stato Giuseppe Civati, tutti gli altri se n’erano scordati. Così come va detto che abbiamo visto gli hastag con scritto #veritapergiulioregeni o #bringbackourgirls, ma per Silvia Romano c’è stata relativamente poca pubblicità. Forse un po’ adesso è nell’occhio dei media perché questa presunta conversione libera, fa rima con il decadimento dell’occidente viziato che tanto piace ai sinistrati. In pochi si stracciano le vesti per i quattro milioni finiti nelle casse di Al Shabaab, laddove anni fa, ricordo chi si irritava per il minuto di silenzio per i militari morti a Nassirya o irrideva la morte di Fabrizio Quattrocchi. Alla fine della fiera torna sempre la politica, tutta italiana, della moglie americana e dell’amante araba, l’Italia in questo strano scacchiere geopolitico aveva una sua centralità nello scenario mediterraneo, anche se pesantemente doppiogiochista, basti pensare al caso di Sigonella, gli alleati Usa da un lato, un terrorista palestinese dall’altro e il Governo italiano schierato dalla parte di quest’ultimo. Solo che adesso, come si legge su Atlantico Quotidiano, pare che pure nel Mediterraneo stiamo sempre più perdendo centralità, dopo un’azione dove le nostre forze di intelligence non hanno particolarmente brillato. L’unico consiglio di lettura che mi sento di dare, in questa riflessione senza titolo, è l’articolo scritto da un altro sequestrato da banditi islamici, Domenico Quirico, inviato di guerra de La Stampa. La sua è la riflessione che mi pare sia più opportuno leggere, in quanto sa perfettamente di cosa si parla, quando si parla di rapimento.

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Tre indizi per una prova (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 10 maggio 2020)

Si dice che tre indizi fanno una prova, ragion per cui abbiamo la prova di essere in una società deviata, o per lo meno, abbiamo la prova che la percezione della società e della giustizia sociale non è uguale per tutti, in modo particolare per chi tiene le redini della narrazione quotidiana di ciò che accade. Non a caso, infatti, ogni giorno viene denunciato il giornale unico, il telegiornale univoco e ogni giorno sui social esprimere un’opinione è un atto temerario. Vediamo dunque i nostri tre indizi.

Il primo è un articolo di Davide Cavaliere su Caratteri Liberi che ben descrive l’attuale collocazione tra il bene e il male nella narrazione politica. E se è vero che la sinistra viene narrata come il baluardo in difesa del bene, è opportuno aggiungere che hanno messo un carico da undici nel costruirne la narrazione.

Il secondo indizio è un articolo di Massimo Del Papa su Lettera 43 che spiega lo stato delle cose per quello che concerne la realtà dei disabili. Definire la questione una Caporetto assoluta è usare un eufemismo, ma tant’è. Anche qui, siamo sommersi da una narrazione tremenda, che tutto va ben madama la marchesa, il presidente col ciuffo e le sue innumerevoli task force di esperti hanno tutto sotto controllo. Proprio tutto. Eh già.

Il terzo indizio è il punto che Giuseppe Leonelli, direttore de La Pressa, fa relativamente alla questione degli asili nido esternalizzati a Modena, facendo notare che, in campagna elettorale, il Presidentissimo aveva detto che sarebbero stati gratis in tutta la regione. Certo, la notizia non è passata inosservata sui quotidiani locali, che ricordiamolo, influenzano molto l’opinione pubblica con risvolti anche a livello nazionale, ma solo un giornale fa notare il contrasto in termini di parole e fatti, tra un presidente di regione, e un sindaco, tra l’altro ex assessore proprio di quella regione, che sono guarda caso dello stesso partito.

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Cronache dalla fase due (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 9 maggio 2020)

La prima settimana della fase due mi ha portato a fare alcune riflessioni. Innanzi tutto, leggendo diversi giornali, apprendere che l’epidemia di Covid-19 probabilmente è partita già a novembre dopo il ritorno della delegazione italiana ai giochi mondiali militari di Wuhan (già, proprio lì), mi da da pensare che non sapremo mai con certezza il reale numero delle vittime, se non per un calcolo statistico approssimativo, in relazione ai morti anno per anno.

In secondo luogo, e parlo per esperienza diretta, vissuta sul mio posto di lavoro, non è vero che gli italiani sono indisciplinati. Vero, in giro si vedono persone che lì per lì non portano la mascherina, ma se si entra in un supermercato, o anche in una ferramenta le cose cambiano drasticamente. Mi è poi venuto da pensare, per me che lavoro in ambito edile, che nella cantieristica, che già è soggetta a numerosi controlli anche solo per il fatto di allestirlo un cantiere, sarebbe bastato uno stop di una settimana, massimo dieci giorni e poi tutto poteva riprendere tranquillamente una volta aggiornati i protocolli di sicurezza. Per lo meno questa è l’idea che mi sono fatto io.

Se ci fosse stata un po’ più di organizzazione, se davvero il governo fosse stato pronto, le zone rosse sarebbero state gestite diversamente, l’avrebbero avuta anche a Bergamo e Piacenza da subito e, forse, si sarebbero evitate delle stragi. Ma l’Italia non è il Veneto, dove in barba ai protocolli, hanno arginato l’epidemia e hanno avuto ragione.

Il lockdown nazionale è stato sbagliato. Arginare le zone a più alto contagio era la cosa giusta da fare, ma con gli spostamenti limitati, laddove i contagi sono stati bassi, fermare tutto è stato deleterio. Ma col senno di poi siamo bravi tutti.

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Prospettive (corollario alla rassegna ad alta quota del 8 maggio 2020)

Ammettiamolo, pur se questa pandemia ha causato enormi disagi e una crisi di cui ancora non si conoscono le entità effettive, potrebbero esserci delle prospettive di miglioramento. Pensiamoci un attimo, ma anche solo il fatto che una regione come la Calabria, per mano del suo presidente abbia deciso di intraprendere una riapertura autonoma, anche in relazione al fatto di aver avuto meno contagi e meno morti rispetto ad altre regioni, è un dato significativo. Significativo perché è una voce del sud, il tanto bistrattato sud che, questa volta, anticipa il nord perché sa di poterlo fare.

Lo stesso si dica per le aree montane. Si prospetta, per lo meno nel modenese, un ritorno al turismo di prossimità, occasione da cogliere al volo per rendere nuovamente appetibili zone di villeggiatura che, a oggi, sono rimaste ferme a ormai troppi anni fa. Certo occorreranno investimenti in modo da rendere la cosa strutturale e non occasionale, ma le possibilità ci sono tutte, anche quelle di superare l’economia di solo turismo.

Insomma questa sera, più che un aggiornamento una riflessione. C’è una ripartenza da affrontare e serviranno misure non drastiche ma efficaci. C’è la possibilità di una ripartenza che possa assomigliare a un boom. Lo stato attuale non lascia grandi spiragli di speranza, tuttavia, con le giuste, ma soprattutto dovute agevolazioni, si potrebbe prendere un treno che in Italia aspettiamo da anni.

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Cosa MI sono perso (ciò che non vi ho detto nella rassegna ad alta quota del 7 maggio 2020

Nel fare la rassegna oggi, mi è scappato l’articolo che ho messo nella fotonotizia di stasera, e che vi invito a leggere direttamente nella versione online. E’ la vicenda di due sorelle che, causa Covid-19 hanno dovuto rinviare l’apertura del loro negozio e questo lo riporto, a testimonianza del fatto che questo lockout, non solo ha interrotto una moltitudine di attività, ma ne ha anche rinviato la nascita. Spiace il fatto, soprattutto perché si tratta di due ragazze giovanissime e intraprendenti a cui questo modesto blog, augura ogni bene.

Questa notizia, fa il paio con i dati di Unioncamere riportati da La Pressa: aumentano le imprese straniere e calano quelle dei giovani, ma del resto, con questo governo che più è traballante e più sta in piedi e meno fa, cosa ci aspettiamo, forse un’iniezione di ottimismo?

Insisto ancora sull’industria dello spettacolo ma lo faccio per interposta persona e vi rimando all’intervista che Stefano Soranna, ha fatto a Fabrizio Tavernelli sul suo blog per Il Fatto Quotidiano. Si parla dello stato attuale della musica dal vivo e degli scenari che si prospettano per il futuro immediato

Infine segnalo un gustosissimo ritratto di Andrea Scanzi fatto da Davide Cavaliere per Caratteri Liberi che vi invito calorosamente a leggere, in attesa che sblocchino anche il buon Davide e possiamo tornarci a leggere i suoi commenti al vetriolo.

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Dove eravamo rimasti (integrazione alla rassegna ad alta quota del 5 maggio 2020)

La rassegna di oggi, per ragioni sclero, tecnico, lavorative è stata veloce e non approfondita come avrei voluto, anche se sufficientemente sintetica. Si può fare di meglio? Certo che sì, ma ci dobbiamo perfezionare, occorre trovare un compromesso tra la sintesi temporale e l’approfondimento argomentativo. Che paroloni! Veniamo a noi…

Appennino: la notizia più rilevante (e che approfondiremo nei prossimi giorni in maniera più ampia e nelle sedi più appropriate) è quella relativa al gruppo Facebook “Montese ti aspetta” con più di 3000 iscritti e che, proprio per il fatto di puntare sulla promozione del territorio, mostra come da un male come il Covid-19 ne stia nascendo un bene: in molti comuni montani infatti, in provincia di Modena, si parla di rilancio del turismo di prossimità. C’è solo da augurarsi che si venga a creare un fenomeno strutturale, anziché un una tantum buona per quest’anno e poi chissà.

Pianura e dintorni: da aspetti positivi che possono nascere dalla pandemia a quelli, purtroppo negativi. A Carpi è andata in scena la consegna delle chiavi. L’associazione locale “Carpi c’è” si è detta pronta allo sciopero fiscale, ma il dato che emerge è che, dopo Castelfranco Emilia e Sassuolo, è la terza protesta di rilievo per chi vuole riaprire la propria attività. Bonaccini, sentito da RTL, dice che se continua così la discesa dei contagi, si può valutare un’apertura anticipata rispetto a quella del 18 maggio e anche quelle oltre. Intanto pare che Venturi a fine settimana lascerà l’incarico di commissario regionale.

Cultura: non smetterò di parlarne fino a che non avrò slogato la tastiera del computer. Oggi il tenore sassolese Matteo Macchioni ha rilasciato un’intervista a Gianpaolo Annese sul Resto del Carlino di Modena dove ha suggerito idee per la riapertura dei teatri. Il mondo dello spettacolo, fatta eccezione per gli esemplari di Bella Ciao e i cantanti da I maggio, è letteralmente alla fame. Macchioni ha scritto a Giuseppi e a Franceschini, vedremo se diranno grazie per la lettera o se interverranno diversamente. Intanto le proteste degli addetti del settore, lontano dalle telecamere e dai circuiti di regime, continuano. Sui social, gli unici teatri rimasti dove possono esibirsi. Ma si esibiscono in silenzio, perché non hanno voce.

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Questione di fiducia (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 4 maggio 2020)

Hanno ripreso a correre i runner e, in alcune regioni, tra cui l’Emilia-Romagna, hanno ripreso gli allenamenti, con le giuste distanze, le squadre di serie A di calcio, l’unico campionato che per ora è rimasto sospeso, laddove gli altri hanno chiuso. Ma chi rischia di chiudere sono anche molte palestre, un indotto da 600.000 lavoratori di cui la metà a partita iva. E, sempre di metà si tratta, sono le strutture che, se il lockdown prosegue, rischiano di non riaprire. C’è paura, è ragionevole, ma non si vive d’aria. Si moltiplicano le manifestazioni pacifiche di imprenditori che protestano perché dichiarano che sono allo stremo, che vogliono lavorare, che dicono di poter garantire la sicurezza. Sarebbe ora, da parte dello Stato, di considerare adulti i propri cittadini, e d’accordo che se sul trasporto la quadra sarà difficile da trovare, occorre però fidarsi di chi ha un’impresa e ha tutte le intenzioni di rispettare i protocolli di sicurezza. Dopo l’aspetto preventivo, dev’esserci la presa di coscienza che i cittadini possono assumersi le responsabilità, sia che gestiscano un negozio o una palestra, sia che siano dei semplici avventori. Mi piacerebbe scoprire qual’è il tremendo morbo, qual’è la tremenda pandemia che fa si che gli italiani credano solo alla caricatura di se stessi e mai pensino di poter essere responsabili. Va bene, nel mondo abbiamo diffuso il verbo spaghetti-mafia-mandolini; ma dobbiamo ricordarci anche da dove veniamo e, soprattutto, cosa ancora siamo. D’accordo che ci sono innumerevoli casi che testimoniano una costante inaffidabilità o capacità di voltare la gabbana, ma proviamo per una volta a invertire il canone. Durante il così detto picco della pandemia, si registrava che il 95% degli italiani rispettava le regole, ma a fare notizia era sempre il restante 5%. Spalmatelo su sessanta milioni di abitanti. E d’accordo che manca un’oggettiva fiducia nella giustizia, che si dice sempre che in Italia non paga mai chi dovrebbe, ma sarebbe davvero l’ora di prendersi un po’ sul serio, dimostrare che le regole si rispettano, che non si è untori e, soprattutto, sarebbe ora di vigilare non solo sui runner, ma anche su chi applica la giustizia. Perché dare la possibilità di aprire è un’iniezione di fiducia, sorvegliare e punire chi sbaglia è giusto, ma è giusto anche sorvegliare il sorvegliante. L’anello mancante tra tutte le questioni di fiducia.

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Strani paradossi (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 3 maggio 2020)

Tra le tante cose che sono emerse in questo periodo ci sono dei curiosi paradossi. Ad esempio, alla filiera no-vax, sempre in odore di complottismo, si sono aggiunti i dubbio-vax, soggetti normalmente favorevoli alla filiera vaccinale che però hanno dubbi avanzati sull’idea del vaccino anti Covid-19 e a loro favore ci sono anche tesi di virologi non influencer. Quindi alla maniera Coppi vs Bartali, oggi ci sono i Burioni vs Tarro. Se vi andate a vedere la trasmissione su Facebook “Vado al Massimo” questa sera c’è stato un colloquio interessante con Francesca Totolo, in cui si è parlato anche delle ricerche sull’ipotetico vaccino e anche dei retroscena drammaticamente economici. Ve lo posto qui sotto, ascoltatelo prima o dopo la rassegna di oggi.

Ancora, coloro che un tempo erano visti come i nuovi autoritari, coloro che nel 2005 avevano votato la riforma Calderoli, ma anche quelli che avevano votato la riforma Boschi del 2016, insomma coloro che volevano mettere mano alla Costituzione, oggi sono quelli che si sono ritrovati a doverla difendere e, udite udite, lo fanno senza che sia stata fatta alcuna riforma, a parte quella sulla riduzione dei parlamentari.

Infine, è straordinario vedere che oggi, laddove una volta c’era il culmine del lecchinaggio pro Berlusconi, oggi ci sono i baluardi della libera informazione. Un tempo Retequattro non si poteva guardare perché c’era Emilio Fede, oggi è l’unica rete che si distingue nel panorama televisivo-informativo italiano.

Curiosi paradossi, davvero.

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Se l’Italia si squaglia (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 2 maggio 2020)

Nel cercare qualcosa con cui darvi la buonanotte in questa giornata senza giornali (cartacei) e comunque di ponte dove notizie, a onor del vero, ce ne sono poche se non gli approfondimenti, ecco che scorgo tra le tante newsletter il dato che fotografa l’Italia per quella che è in questa fase: un paese che si sta squagliando. Una gelateria su tre rischia di chiudere, i più tenaci si sono reinventati con l’asporto ma, proprio ora che inizia la bella stagione, si rischia di arrivare tardi e, per qualcuno potrebbe essere troppo.

Mentre dunque assistiamo al grottesco balletto delle riaperture, con l’ennesimo scontro Stato-Regioni, curiosamente virato a sud e, altrettanto curiosamente, riguardante sempre Regioni con amministrazioni diciamo così, contrapposte, un settore dietro l’altro l’allarme per l’economia si espande, ma va tutto bene, è tutto sotto controllo.

Sotto controllo invece non c’è niente, nemmeno la pazienza degli italiani che, laddove non si faranno test a tappeto, faranno affidamento al loro buon senso. Nel frattempo, quando questa pandemia sarà finita, e con essa anche lo stallo politico, sarà il caso di avviare sì un periodo di riforme, ma costituzionali, con una commissione ad hoc che veda impegnato non solo il Parlamento, ma anche le Regioni. Queste ultime infatti, volente o nolente e di qualsiasi colore fossero, hanno avuto il polso della situazione in ogni momento, e questa è una riflessione che va fatta. I sistemi regionali, da quello elettorale alla forma di governo, dal vent’anni a questa parte hanno dato prova di stabilità e, tutto sommato, di efficienza laddove lo Stato è rimasto troppo spesso indietro. Questa pandemia ha di fatto messo in evidenza l’ultimo tabù istituzionale: la forma di governo così com’è non va più bene, il sistema creato nel 1948 si è squagliato come i gelati che, se continua così, rischiamo di non trovare più.

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Quel che non ci siamo detti (integrazione alla rassegna ad alta quota del 1 maggio 2020)

Nell’impostare le rassegne che verranno, giocoforza l’aggiornamento serale o sarà su un tema libero oppure sarà l’integrazione di ciò che non ci siamo detti durante la diretta. Oggi non abbiamo ad esempio guardato le prime pagine dei nostri quotidiani locali di riferimento e, a onor del vero, nemmeno abbiamo fatto un excursus tra le notizie Covid o anche solo quelle riferite a Modena città. Va bene, ci siamo persi nell’ennesima polemica da I maggio, ma di mio, mi sono sentito in dovere di sollecitare di nuovo l’attenzione sull’arte.

E quindi? Beh, oggi non abbiamo detto che ci sarà l’obbligo di mascherina in Emilia Romagna, cosa che avevamo auspicato già tempo fa, però vi rimandiamo a La Pressa per quello che riguarda l’ordinanza regionale che integra il Dpcm del 26 aprile scorso. Poi per il resto non abbiamo parlato del conflitto Stato-Regioni sulle riaperture, con la Calabria della presidente Santelli, che vuole andare oltre alle regole governative ed è quella che fa più rumore ma, come nostra consuetudine vi mostriamo una foto interessante di due regioni, Emilia Romagna e Marche, che sono collocate tra quelle filo-governative (e quindi rosse o Pd), nelle quali si va ben oltre i provvedimenti di Giuseppi ma, misteriosamente, non fanno lo stesso rumore mediatico che fa la Calabria, che pure ha avuto molti meno contagi e meno morti. Il solito mistero buffo della narrazione unica, della quale però, ho la netta impressione che gli italiani si stiano stufando.

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