le interviste perdute: nicolò gianelli (24/12/2010)

l’intervista che pubblico oggi, in realtà doveva uscire sulla nuova Gazzetta di Modena a ottobre, in coincidenza con la “Festa del Racconto” di Carpi,a cui, l’autore con cui dialogo qui, che risponde al nome di Nicolò Gianelli, ha partecipato in quanto vincitore del concorso “Born To Write”.  invece nulla, come al solito, pare che i giovani seri non interessino, mentre si perde continuamente tempo dietro a sedicenti rivoluzionari. l’occasione di ripubblicarla qui è ghiotta, in primis perché ho avuto modo di aggiornarla all’ultima fatica di Nicolò, “Fottuto Mondo Fatato” libro di poesie, uscito da un mesetto scarso, e inoltre perché dal 28 dicembre al 3 gennaio, a Sestola ci sarà “Emilia Ruvida- esposizione di arte giovane e locale” durante la quale sarà possibile acquistare i suoi libri. il 28 alle 18, presso la sala Don Pedroni, Nicolò leggerà anche alcune sue poesie a tal proposito, consiglio, per chi non lo conoscesse, “Settembre non tornerà”. è un bel libro, con una scrittura vivace e, per chi è nato in Emilia, o è nato o passato per Pavullo nel Frignano, uno spaccato di vita in cui si si può immergere, sentendosi presi anche nel vivo. gli altri libri non li ho letti, per cui, non so. buona lettura e, soprattutto vi aspettiamo a Emilia Ruvida.

settembre non tornerà163229_1732098552157_1529331532_31752904_4858566_nfottuto mondo fatatoNicolò Gianelli, classe 1982. Gianelli, già autore di diversi libri tra cui “Oniriche” e “Settembre non tornerà” pubblicati dall’editore sassolese Incontri, si presenta come il vincitore del concorso “Born to write”, con il racconto “Trenta secondi di universo” il quale ha dato anche il titolo all’antologia dei migliori racconti selezionati dal concorso parmense e pubblicata da Marcos y Marcos. Di recente è uscito per Arduino Sacco Editore, la raccolta di poesie “Fottuto mondo fatato”.Cosa ha significato per te vincere Born to write (partendo dal tuo percorso di scrittura)?<>.Ti occupi di poesia e narrativa, ma sei anche autore e regista di video e di satire: come riesci a conciliare queste arti? ti soddisfano tutte allo stesso modo?<>.Quanto porti di te nei tuoi libri e a chi sono rivolti?<> Il tuo ultimo libro è un libro di poesie e si intitola Fottuto Mondo Fatato. Il titolo è provocatorio? <>. Sei creatore del movimento- marchio “Emilia Ruvida”, da dove nasce e perché? <> Perché le persone dovrebbero leggere i tuoi libri? <>. stefano bonacorsi

Pubblicità

dalla polvere al cielo: laicità del futuro (9/12/2010)

ho ritrovato un contributo che avevo realizzato per il numero 5 di Scripta Manent, mai uscito per ragioni di tempo, collaborazioni sfilacciate,e negligenza nella gestione. ammetto che le responsabilità furono mie in gran parte, da poco avevo assunto la direzione, ma i costi di pubblicazione in primis, e in secondo luogo tutte le vicende relative al reperimento dei contributi e degli articoli mi sono sfuggite di mano, arrivando così ad avere un pugno di articoli non sufficenti per una stampa. nel frattempo gli stessi fondatori del progetto (io e altri tre amici) ci siamo persi di vista mandando in vacca la nostra creaturina che, va detto, era carente in termini di distribuzione (e a nulla valsero i miei sforzi di trovare un editore).
fatto sta che, facendo pulizia nella mia casella di posta, ho ritrovato questo scritto, che credevo perso con la morte della mia chiavetta usb. è uno scritto polemico, perché quel fantomatico numero 5 doveva avere come tema la laicità e in quel perido di polemiche ve ne furono parecchie. vi rimando alla lettura di questo articolo, scritto un anno e mezzo fa (era estate) invitandovi ad una riflessione in merito. riflessione che, oggi è più che mai attuale visti gli scenari incerti della nostra Repubblica. buona lettura.

laicità
In tempi recenti l’opinione pubblica ha avuto modo di assistere, in modo più o meno attivamente, al fervente dibattito che ha ruotato sui temi etici e sulla laicità dello stato. Gli argomenti cruciali sono stati senz’ombra di dubbio il caso di Eluana Englaro, e quindi il testamento biologico; e la sentenza della Corte Costituzionale relativa alla legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita. In entrambe i casi, ciò che si è più contraddistinto è stato l’immobilismo legislativo, oltre al fatto che sono prevalsi i toni dello scontro ideologico, piuttosto che il buonsenso.
Nel momento in cui scrivo queste righe, un altro argomento, squisitamente politico tiene banco: le dichiarazione del Presidente della Camera Gianfranco Fini, in merito alla possibilità di riconoscere il diritto di voto agli immigrati. L’argomento in sé è datato, le prime proposte emersero nei governi di matrice ulivista (parliamo del secolo scorso) e Fini non è certo nuovo a queste uscite.
Il lettore si chiederà il nesso di queste due vicende, apparentemente separati. Ma il nesso è semplice e merita un piccolo preambolo. In primavera, mi sono trovato a seguire, per dovere di cronaca, una conferenza sulla fecondazione assistita, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, in particolar modo rivolta ai risvolti futuri che questa comporterà. A conclusione della conferenza ho posto la domanda ai relatori, su come in futuro la questione laicità, diritti e salute potrà venire affrontata in relazione ai processi di integrazione con gli immigrati di altre religioni. Perché se oggi lo scontro è tra laici e Chiesa Cattolica, domani, tra gli interlocutori di peso, potrebbe esserci anche l’Islam.
In Italia, su una popolazione di 60 milioni di abitanti, quasi il 7% sono stranieri, vale a dire quattro milioni e mezzo di persone, di questi, una cifra non meglio precisata, ma che si aggira intorno al milione sono musulmani.  E comincia ad essere un numero influente per quello che può riguardare determinate scelte politiche.
Il 97% della popolazione è battezzato secondo il rito della Chiesa cattolica, e un dato rilevante, a giudizio di chi scrive, è che quando si parla di temi etici, c’è un 3% che viene puntualmente escluso. Se si volesse dare più importanza e più valore alla laicità, e quindi sviluppare il nostro sistema civico su di un modello simile a quello francese, dove prevale l’etica di stato, non ci sarebbero problemi di sorta. Ma in Italia la direzione non è questa, di conseguenza sulla bilancia dei valori, in merito alle decisioni da prendere sui temi etici, prevale un indirizzo di carattere religioso,nel senso di cattolico.
Si fa un gran parlare, in questo paese, dell’accoglienza, soprattutto nei confronti di chi viene da fuori dei nostri confini. Un parametro questo, che viene puntualmente smentito dalla falsa tolleranza che caratterizza la cittadinanza italiana, prima permissiva ai limiti dell’inverosimile, poi reazionaria in eguale misura non appena gli stranieri commettono un passo falso. E le generalizzazioni sono d’obbligo, con la conseguenza che a tutt’oggi, l’Italia non brilla per le sue politiche sull’immigrazione. Ma è una colpa, questa sì generalizzata, ben divisa tra cittadini e istituzioni.
Le cronache locali, quelle dei quotidiani di provincia, mettono in luce situazioni che si sono venute a creare nei centri urbani d’Italia, soprattutto nelle zone più industrializzate, dove il fenomeno migratorio è più presente, e sono situazioni di richiesta di spazi per luoghi di culto o per luoghi di sepoltura dei morti, e queste richieste attirano maggiormente l’attenzione e dividono l’opinione pubblica quandosi provengono dalle comunità musulmane. È quindi un dato di fatto, che questa componente della società italiana è presente e vuole la sua parte di diritti a cui naturalmente dovranno conseguire dei doveri.
Ma la richiesta dei diritti, e soprattutto l’ottenimento degli stessi, passa, in liberaldemocrazia, per il gioco delle rappresentanze e di conseguenza per il voto.
Quello che potrebbe comportare un processo di integrazione che riguardi gli stranieri e i loro credo religiosi, sarebbe, oltre al diritto di voto, anche il diritto/dovere di rappresentanza della propria identità e cultura all’interno delle istituzioni, con l’immediata conseguenza di voler vedere rappresentati i propri valori. E in un paese come il nostro, dove i processi di integrazione sono lenti e farraginosi, la richiesta di rappresentanza di determinati valori, potrebbe confondersi con processi di rivendicazione.
Non è da escludere, che un domani, la comunità musulmana (insisto su questo tasto perché a tutt’oggi è la più numerosa dopo quella cattolica) potrebbe voler dire la sua in merito ai temi etico- sociali oltre al rapporto di questi con la laicità. E in questi termini lo scontro sarà molto più grave di quello attuale.
Il fatto di aver sempre dovuto fare i conti con un’ etica di tipo confessionale, salvo quando le questioni erano trasversali e scuotevano realmente l’opinione pubblica (nei casi di divorzio e aborto), ha fatto sì che nel nostro stato abbia avuto il sopravvento un’incapacità totale di legiferare su temi etico-sociali senza dover prima avere l’avvallo delle gerarchie ecclesiastiche.
Con il fenomeno migratorio in costante crescita, e col costante inserimento in società di altri credo religiosi (è un dato di fatto che anche senza politiche per l’integrazione questi inserimenti avvengano) sarà inevitabile che un giorno, anche questa fetta di popolazione vorrà avere la sua rappresentanza in nome dei propri diritti. E allora sarà ancora più difficile far prevalere una linea laica, in un paese caratterizzato da diverse tipologie di scontro che talvolta arrivano a superare il paradosso. Prova ne sono gli esempi emersi dopo l’11 settembre, le contraddizioni evidenti che emergevano nel mondo femminista, il quale sposava il ciecopacifismo e contemporaneamente dimenticava la condizione delle donne nell’Islam; o le contraddizioni di una certa area di sinista radicale, la quale nel difendere a spada tratta l’Islam, ne scordava le avversioni di questo, nei confronti dell’omosessualità. Di conseguenza non è improbabile vedere in futuro, una eventuale presa di posizione dei laici a favore delle mozioni islamiche, solo per il principio di avversare la Chiesa Cattolica. In questo paese c’è da aspettarsi questo ed altro.
In un paese come il nostro, incapace di politiche di integrazione su tutti i fronti, e incapace di cogliere le reali esigenze di carattere etico-sociali; ci sarà da aspettarsi, in futuro, uno scontro aperto e violento, quando non sarà più possibile ignorare le istanze provenienti dal mondo dell’immigrazione e che, attraverso le seconde generazioni, e attraverso l’imposizione di fatto nel tessuto cittadino, sarà influente nelle decisioni della vita del paese.
I portavoce della laicità ma anche quelli dell’integrazione, dovranno farsi carico di questo processo. L’Italia non può più fingere di dimenticare i problemi sociali al suo interno, dalle coppie di fatto, alla fecondazione assistita, il testamento biologico, i trattamenti salariali, le questioni abitative, la ghettizzazione delle città e l’integrazione tra le diverse fasce sociali. Di conseguenza occorre una seria presa di posizione che, per una volta, vada nella direzione di prevenire il problema, anziché trascinarlo. E la soluzione, per una migliore convivenza di tutti i fattori che si verranno a creare, dovrà andare in direzione della laicità. Laicità come mezzo di dialogo, laicità come mezzo di integrazione, laicità come mezzo di salvaguardia della democrazia e del pluralismo.
Occorrerà farlo senza cecità e nella garanzia del più ampio dialogo possibile. A prevalere però dovrà essere, allora più di oggi, la ragion di stato, per una migliore convivenza di tutti i cittadini. Solo così si potranno trovare soluzioni etico-sociali che avranno sì un impatto sulle comunità religiose, ma ne favoriranno in qualche modo la convivenza, di fronte all’esigenza, di dover adempiere prima ai doveri civici, che non a quelli religiosi.
Il confronto tra laici e cattolici, un giorno sarà più ampio, e quel giorno potrebbe essere più vicino di quanto si pensi.

Stefano Bonacorsi


le interviste perdute: sara bertacchi (7/11/2010)

quella che vi giro oggi è un intervista recente, anzi recentissima, dato che sarebbe dovuta uscire sul giornale di ieri. si tratta di un’intervista a Sara Bertacchi, artista pavullese, che ieri inaugurava la sua seconda personale intitolata “:”. l’intervista è stata segata per lasciar posto a cose che presumo più importanti, anche se penso che uno spazietto l’avrebbe meritato. tra l’altro, la segnalazione della mostra nella parte cultura e spettacoli è stata di un altro, non mia, probabilmente per diritto di precedenza. fatto sta che, al solito, ciò che non mi pubblicano là, lo metto qua sopra, sperando di far cosa gradita all’artista che davvero merita. all’intervista aggiungo qui un pezzettino del suo curriculum, che nel pezzo non avevo fatto in tempo ad inserire, inoltre troverete qualche foto di alcune opere. se avete occasione andate a farci un salto a questa mostra, si trova alla Galleria 82- La Cornice in via Umberto I a Pavullo nel Frignano. sarà esposta fino al 27 di questo mese.

bertacchi Ibertacchi IIbertacchi IIIbertacchi IV


Sara Bertacchi è nata a Pavullo nel Frignano nel 1985, si è laureata presso l’ Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, Dipartimento di Arti Visive con una tesi di ricerca intitolata “L’Arte Aborigena”. La sua persnale si intitola “:” (due punti)  e l’artista pavullese Sara Bertacchi l’ha inaugurata sabato 6 novembre alla Galleria 82- La Cornice in via Umberto I a Pavullo nel Frignano. La mostra si intitola “:”, da cosa parte o dove vuole arrivare?<>. Cosa rappresenti e cosa vuoi comunicare con le tue opere? <>.

Stefano Bonacorsi

le interviste perdute: luca bortolotti (22/10/2010)

oggi vi propongo l’intervista perduta a Luca Bortolotti, collega pavullese per la testata dell’Informazione di Modena e giornalista praticante dell’agenzia La Stefani di Bologna e, non ultimo, frequentatore della birreria Goblin. l’intervista in questione riguarda la presentazione del suo primo libro di racconti, Anime Divise, edito da Albatros Il Filo lo scorso giugno. anche qui avevo fatto l’intervista per la presentazione del libro per la Gazzetta di Modena e, evidentemente per ragioni di spazio, il pezzo fu scartato a favore di una presentazione di poche righe, fatta da un mio collega corrispondente. la riproposi durante l’estate, quando il libraio Iaccheri della libreria “La Sorgente”, durante i mercatini serali, offrì agli autori pavullesi uno spazio per promuovere le loro opere. anche lì, il nulla. e allora, dopo tanto tempo, sperando che nel frattempo il libro stia andando bene (non ho avuto ancora occasione di comprarlo), pubblico qui l’intervista perduta. la forma non è quella originale perché purtroppo ho perso il file. mi limito a riportare ciò che ci siamo scambiati via e- mail. buona lettura.

anime divise
Anime divise è un libro di racconti, come sono nati? 

La scrittura è da sempre stata la mia passione, sin da quando da piccolo se non sapevo cosa fare scarabocchiavo qualche fumetto sui quaderni di scuola. Poi, sono passato ai racconti, e anche quando sono cresciuto ho continuato a usare il mio tempo libero per scrivere e cercare di completare o migliorare cose che già avevo iniziato. Il mio libro nasce proprio da un tentativo di riunire alcuni di questi racconti, quelli con un filo conduttore, scritti in periodi diversi della mia vita: il più vecchio risale a circa cinque anni fa, il più recente ha appena qualche mese di vita.

Esiste un filo che unisce questi otto racconti?
Il titolo del libro, Anime Divise, è proprio ciò che spiega il filo conduttore che unisce racconti scritti in momenti diversi, ambientati in spazi e tempi lontani tra di loro, anche di generi letterari differenti. Questo filo conduttore, infatti, è la messa in scena di personaggi tormentati, percorsi da un dilemma interiore, da uno struggimento dell’anima, da qualcosa che li turba e non rende loro possibile essere sereni. Otto racconti, otto personaggi diversi, otto vite inquiete. E inquiete per ragioni diverse, che corrispondono poi alle quattro sezioni in cui il libro è diviso: corruzione (ciò che porta persone normali a fare cose orribili), paura (che blocca l’azione e porta a riconsiderare la propria vita sotto un’altra ottica), contraddizione (cioè sapere cosa sarebbe giusto fare ma non avere il coraggio di farlo) e amore (che quando non corrisposto, finito o impossibile lacera più di ogni altra cosa), vale a dire i possibili stati d’animo in grado di tormentare l’esistenza di una persona, di renderla, appunto, un’anima divisa. Otto personaggi, dunque, ma in realtà è come se fossero una persona unica, dal momento in cui i turbamenti di ognuno di essi noi come esseri umani con una personalità complessa possiamo viverli tutti, in momenti diversi della nostra vita. Ogni personaggio rispecchia una porzione della nostra personalità, e tutti assieme formano un’unica persona, nella sua complessità.

Sei un giornalista. quanto di questa tua esperienza ha influito sulla tua opera?
Ho cominciato a scrivere racconti prima di iniziare a studiare e lavorare da giornalista, per cui in qualche modo le due cose si sono influenzate a vicenda. Senza dubbio scrittura giornalistica e scrittura creativa sono due tipi di scrittura molto diversi tra di loro. Ma è anche vero che allenarsi nella scrittura creativa può aiutare anche nella stesura di articoli di giornale, se si vuole dare qualcosa in più al proprio pezzo. Le parole sono importanti, e scrivere racconti può essere una buona palestra per avere un lessico più appropriato, preciso e corretto anche quando si passa all’articolo. E la correttezza di ciò che si dice, per un giornalismo serio, è tutto. In fondo, poi, si tratta pur sempre di raccontare delle storie, no? Anche il giornalista scrive racconti, in un certo senso, narra storie reali. 
Non a caso, poi, due degli otto protagonisti di questi racconti sono giornalisti, e uno, in particolare, prende spunto e inizia raccontando una scena che ho effettivamente vissuto nel corso di un’intervista, anche se poi lo sviluppo della trama porta su tutt’altra strada.

Stefano Bonacorsi

le interviste perdute: federica pini (4/10/2010)

oggi vi propongo un’intervista fatta ad una giovane autrice pavullese per il suo romanzo d’esordio. trattasi di Federica Pini, autrice del libro Fantasy “La morte d’argento”, uscito per Runde Taarn Edizioni lo scorso marzo. l’intervista l’avevo realizzata per la Gazzetta di Modena in occasione della data di presentazione del libro alla biblioteca Giovanni Santini di Pavullo, ma non fu pubblicata. successivamente l’ho ripresa per una presentazione estiva che si teneva alla libreria La Sorgente sempre a Pavullo, ma anche lì, ignorata. in un paio di incontri e contatti via facebook l’autrice mi ha chiesto dell’esito di questa intervista e con grande imbarazzo le ho risposto che non ne sapevo, purtroppo nulla. la decisione di aprire questo spazio parte anche da lì, da questa intervista inspiegabilmente segata, non tanto per la qualità letteraria dell’opera (io il libro non l’ho letto, non è il mio genere), ma perché un quotidiano locale, specialmente come la Gazzetta di Modena che da ampio spazio alla provincia, dovrebbe trovare posto per queste cose. ma io sono solo un corrispondente, che ci volete fare…
in ogni caso, ve la ripropongo, con l’aggiornamento estivo, ma soprattutto in versione integrale e senza i tagli che ho dovuto fare per spedirla in redazione. sul sito http://www.lamortedargento.it trovate il primo capitolo gratis del romanzo, se vi interessa. buone letture.

la morte d
Si intitola “La morte d’argento” il primo romanzo di Federica Pini edito da Runde Taarn edizioni. Il romanzo della giovane scrittrice pavullese (classe 1987) è uscito nelle librerie il 1 di marzo. Sabato 5 giugno alle 10 presso la libreria “La Sorgente di Pavullo l’autrice incontra il suo pubblico. Ne abbiamo approfittato per chiedere come sta andando il libro <>.
come è nato “la morte d’argento”?
La scrittura è sempre stata per me una grande passione. L’idea di creare un libro, una storia molto
più lunga rispetto ai racconti brevi in cui mi ero cimentata precedentemente, è venuta al termine
delle scuole superiori, quando la vita cominciava a prendere una svolta più matura e iniziavo a
pormi domande più serie riguardo al mio futuro.
“La Morte d’argento” non è stata l’idea originaria che mi è venuta per un romanzo, bensì successiva
primi esperimenti di scrittura. È nata all’improvviso, precisamente alle 6,40 di una mattina di

settembre del 2007, mentre mi stavo recando con la corriera all’università. Sono una grande
sognatrice, fantastico su tutto quello che mi succede, che sento, che mi circonda. Quella mattina, la
macchinetta dell’autobus mi smagnetizzò il tesserino e da lì la mia mente prese il volo, tanto che,
nel romanzo, un episodio simile fa incontrare Erika e Christian, i due protagonisti. Nel corso di un
singolo viaggio, nacquero i personaggi, la storia a grandi linee, alcuni episodi specifici che mi
piacquero subito. Da lì, il salto a una trama intrecciata e particolareggiata avvenne in pochi giorni.
Viaggiavo molto in quel periodo, quindi la cosa migliore che potevo fare mentre guardavo il
panorama fuori dal finestrino e ascoltavo musica era immaginare.
quali sono i tuoi legami con i luoghi che hai descritto nel tuo romanzo e come li hai
trasportati dentro al romanzo?

La scelta delle ambientazioni non è avvenuta in modo casuale. Ho preferito utilizzare i luoghi che
conoscevo bene per iniziare, come l’Appennino Modenese in cui vivo, la facoltà di Economia dove
ho studiato, la strada che percorrevo tutti i giorni, per rendere la narrazione più reale e vicina ai
lettori. Troppo spesso i giovani ritrovano tra le proprie mani romanzi ambientati in territori lontani,
quasi irraggiungibili. Uno scenario più vicino rende le storie inventate un po’ più vere.
Gli altri luoghi in cui si sposta successivamente la narrazione, come la Cornovaglia e la Bretagna,
rispecchiano i miei gusti personali. Non ci sono mai stata, ma infondono un fascino particolare in
me. Ho cercato di renderli più reali possibile, attraverso ricerche approfondite sulla storia, sulla
cultura e sulla geografia dei territori.
il confine tra realtà e fantasia è spesso sottile, nel tuo romanzo parli di luoghi
esistenti e di vite normali dietro cui si nascondono trame più o meno oscure: c’è una
metafora in tutto questo?

Cercando bene, una metafora c’è. Nella vita di tutti giorni che ognuno di noi vive, può capitare che
qualcosa, qualsiasi cosa, giunga all’improvviso e sconvolga tutti i piani e le aspettative
programmati. Negli ultimi anni mi è successo spesso, tra il romanzo, l’università, il lavoro. Una
mattina pensavo al mio futuro in un modo, mentre quella successiva mi trovavo a immaginarlo
l’opposto. Succede un po’ così, a Erika: da normale studentessa universitaria con un carattere deciso
e pragmatico, diventa il centro di una profezia millenaria, al fianco di creature di cui negava
l’esistenza in modo assoluto. Significa che anche la persona più semplice può aspettarsi di tutto
dalla vita.
Twilight e altre trame fantasy sul vampirismo: temi che qualcuno ti accuserà di
esserti accodata ad un filone “di moda” o pensi che il tuo romanzo sarebbe potuto
esistere anche senza questi fenomeni di massa, cioè prendendo la spinta solo dalle tue
passioni sul genere?

Ho letto Twilight, in effetti tra le lettrici della mia età sono in poche quelle a non averlo fatto. Da
quando il romanzo di Stephenie Meyer è stato pubblicato, i libri sul genere vampiresco si sono
triplicati, invadendo letteralmente gli scaffali delle librerie italiane. Io sono sempre stata molto
orientata sul fantasy tradizionale, come il Signore degli Anelli, e ho cominciato proprio da lì la mia
esperienza di scrittura. Contemporaneamente, è iniziata anche la mia passione per i vampiri,
precedentemente a Twilight. È ovvio che il successo delle storie sui non-morti che si scostano dal
tradizionale, quelli che chiamano “I vampiri buoni”, possa avermi aiutato nella ricerca di
ispirazione, ma non è stato solo questo, anche perché le creature che io descrivo hanno delle
differenze rispetto a quelle che vanno di moda negli ultimi anni. C’erano la mia fantasia, la musica,
gli ambienti, le mie letture precedenti. Mi sento di dire che, senza Twilight, “La Morte d’argento”
sarebbe esistito comunque. Forse sarebbe stato diverso, chi può saperlo? L’idea avrebbe potuto
raggiungermi tra qualche anno, in una situazione differente.
Le accuse ci saranno di sicuro, non lo metto in dubbio. Frequento molto il web e leggo le opinioni
dei naviganti che commentano il genere vampiresco. Spesso succede che alcuni utenti, forse anche
invidiosi del fatto che questo tipo di libri stia avendo un così forte successo, diano dei giudizi
negativi senza nemmeno aver preso il romanzo in mano. Mi aspetto i commenti cattivi, ma sono
pronta ad affrontarli.

Stefano Bonacorsi


recensioni post datate: musica nuda (29/09/2010)

qui di seguito pubblico la recensione di un concerto avvenuto un annetto fa alla Sala dei Contrari del Castello di Vignola, del duo Musica Nuda, composto da Petra Magoni alla voce e Ferruccio Spinetti al contrabbasso. l’occasione era l’anteprima dell’edizione 2009 del Poesiafestival dell’Unione Terre di Castelli. la storia di questo pezzo è tortuosa, nel senso che io andai per interesse personale  a seguire l’evento, avevo preso appunti e poi spedito la recensione alla Gazzetta di Modena per cui avevo anche scritto la presentazione (ma non era mia competenza e fu segata). lo scritto non trovò spazio e ci provai, senza troppa convinzione col Mucchio Selvaggio. probabilmente per ragioni di spazio anche loro non se ne curarono (del resto il loro ultimo disco era uscito nel 2008…). fatto sta che il pezzo non l’ho più mandato in giro, consapevole che non avrebbe trovato spazio e gli elogi sul duo, li ho tenuti per una personale classifica di fine 2009 su Jack Tempesta’s Chronicle. aperto questo nuovo spazio, quella recensione, trova un approdo qui. buona lettura.

VIGNOLA. La scelta di aprire con un anteprima musicale il Poesiafestival 2009, è stata sicuramente premiata dalla presenza di pubblico che ha esaurito i posti della Sala dei Contrari alla Rocca di Vignola, ma anche quelli di una sala superiore, allestita in previsione della forte affluenza, dove è stato proiettato, in presa diretta, il concerto di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti,. L’esibizione del duo Musica nuda, all’anteprima della quinta edizione del Poesiafestival dell’Unione Terre di Castelli (Modena) è stato uno degli eventi più atipici della kermesse oltre che uno dei più attesi. Le canzoni presentate da Magoni e Spinetti (di passaggio in Italia, nell’ambito di un tour, quello di 55/21 esordio per l’etichetta Blue Note nel 2008 che li ha visti esibirsi in Europa, in particolare in Francia e Germania), pur nella semplicità degli arrangiamenti eseguiti, non hanno mancato di sorprendere ed emozionare il pubblico, per lo spessore reso nell’esecuzione dei brani. Ed ecco allora susseguirsi versioni, talvolta orecchiabili, altre volte irriconoscibili di canzoni come “Tu forse non essenzialmente tu” di Rino Gaetano, o “Another brick in the wall” dei Pink Floyd, “Felicità” di Lucio Dalla, fino ad una versione accelerata (quando non hardcore) e con sfumature noise di “Bocca di Rosa” di Fabrizio de André. La disposizione a elle della Sala dei Contrari, ha permesso al duo, di giocare col pubblico, tanto che i protagonisti della serata se lo sono equamente diviso, creando così una competizione di applausi. A circa metà dell’esibizione, un piccolo intervallo poetico, gestito da Spinetti e dall’artista triestino Luca Quaia, che ha letto “Io so che ti amo” di Vinicius de Morales, ha fatto da spartiacque in un concerto straordinario per la varietà dei brani proposti e l’entusiasmo suscitato nel pubblico. E allora omaggi alle terre ospiti di Modena con “Modena park” di Ivan Graziani, classici spiritual (Joshua fit the battle of Jericho) e napoletani (Anima e core), omaggi alla canzone televisiva (un divertente “Tuca tuca”) fino alla conclusione con “Come together” dei Beatles. Generossissimi, il duo ha concesso un primo bis, con “Il cammello e il dromedario”di Virgilio Savona e “Guarda che luna” di Fred Buscagliene; poi un secondo con “La vie en rose” di Edith Piaf. Pubblico in estasi e sicuramente appagato. Tanto appagato che, chi scrive, tornando a casa, dentro un auto senza stereo e col cd autografato di fresco, aveva l’impressione, che senza quella musica, tanto semplice, quanto profonda, mancasse qualcosa. Stefano Bonacorsi

un nuovo inizio (22/09/2010)

un nuovo inizio sì, o meglio, una prosecuzione. diciamo che ho voglia di dare spazio a scritti che non hanno trovato posto altrove, e non sto parlando del blog solito in cui scrivo, ma di elaborati scritti per essere pubblicati in modo serio. da due anni e poco più, faccio il corrispondente per la Gazzetta di Modena dal paese in cui vivo che è Casine di Sestola. mi è capitato, soprattutto di recente di fare lavori che non hanno mai visto la luce su quelle pagine, e m’è dispiaciuto non tanto per me, quanto per quelle persone che si erano rese disponibili a raccontarmi le loro storie o le loro vicende. ci sarà spazio anche per scritti che ho spedito ad altre riviste o che dovevano uscire per collaborazioni che dovevo fare e non ho mai fatto, storie che non hanno preso forma e che la prenderanno qui. insomma questo sarà un blog parallelo a quello di Jack Tempesta con la differenza che non sarà aggiornato quasi quotidianamente, ma periodicamente, in momenti in cui riterrò giusto mettere alla luce scritti che, come dice il titolo, non hanno mai trovato pagine. a risentirci presto!

Jack e Stefano


un battito d’ali

non so dirti come mi sento
ma sento che mi piacerebbe mancarti
non quella lontananza che toglie il respiro
ma il semplice desiderio d’attesa
che ti lascia quel fremito d’impazienza
nella ricerca di uno sguardo tra la folla.

non so dirti quello che sento
se non che non ho più bisogno di alibi
che posso confessare ogni mio peccato
senza bisogno di convincerti del contrario
che posso dormire tranquillo
anche se non mi sussurri la buonanotte.

non so dirti nulla, se non quello che ho detto
che la mia vita scorrerà come un fiume
che ogni tanto avrà bisogno della pioggia
che non sarà di lacrime, e placcherà sete
perché sarà un battito d’ali, che i tuoi occhi vedranno.

J.

il giorno che odio di più

alla fine lo so qual’è il giorno che odio di più: questo. li batte tutti, il mio compleanno (il 31/12), il Natale, la pasqua, ogni santi e il ferragosto. non c’è verso che riesca a farmelo piacere questo giorno in cui, nella migliore delle ipotesi, la vivi come una domenica qualunque, dove non trovi compagnia neanche a pagarla oro perché tutti troppo impegnati a riprendersi dai postumi o dai loro cicli vitali sballati. non c’è musica o lettura che sia in grado di smorzare le mie angosce, che oggi più che in altri giorni si fanno pressanti. e non vedi l’ora che sia un’altra volta notte, e poi di nuovo giorno, finisce che desideri l’ordinario, perché quella eccezionalità, quel primo giorno dell’anno, ti da enormemente fastidio. e non sai che fartene di quel fastidio. non sai che fartene di un pranzo ben augurale di inizio anno in piena tradizione-style, dei postumi se ce li hai, della fiacca che non ti porta a fare un benamato, del ciclo sonno- veglia sballato. può esser vero che capodanno è la più stupida delle feste esistenti, ma la verità è che nessuno ha mai inventato un dopo capodanno all’altezza della situazione. può esser pur vero che nessuno ci obbliga a inseguire la notte, nella notte più pericolosa dell’anno (non dimentichiamoci che capita d’inverno, quindi ghiaccio, e che paesi come il mio, diventano scenari di guerra), ma è altrettanto vero che il primo di gennaio, è un giorno non convenzionale anche per chi vorrebbe che lo fosse. è un obbligo sociale, una dannata consuetudine. forse è un problema solo mio, ma non c’è altro giorno nell’anno, in cui mi senta più imprigionato. imprigionato dal tempo, dalla stanchezza e dall’angoscia. e meno male che è un inizio, altrimenti ci sarebbe da finirla subito.

Jack

sorry, i’m 28 and i’m drunk

è così, che ci posso fare, oggi sono 28 e non ho voglia di festeggiare, solo una dedica, una sola e poi tornerò a disperdermi in questa fine d’anno in cui tutte le certezze sono naufragate, solo gli sguardi sono rimasti, e spero d’incontrarne ancora qualcuno dopo mezzanotte. mezzanotte, mezzanotte, nient’altro che un brindisi in cui affogheremo le nostre paure, ci stringeremo, costruiremo un altro ricordo. e poi di nuovo a correre, perché alla fine un altro anno si é aggiunto e ti trovi più vecchio sì, ma anche più ricco, spero che non mi tassino gli anni che ho ancora da compiere. scusami, ma davvero, devo rimettermi a correre, perché se no non arriverò più, ma oggi è un giorno che non voglio frenetico, non voglio perfezioni, non voglio nulla, se non un altro abbraccio, una confessione, una stretta, uno sguardo sì, voglio ancora uno sguardo. voglio ancora sentirmi come il giorno della Bastiglia, come quando correvo di notte, fottendomene del sonno e di tutto quello che avrei fatto il giorno dopo. vorrò correre anche stanotte, da un capo all’altro, vorrò sentirmi vivo, perché sì, ne ho uno in più, ed è un altro tassello, un altro mattone nel muro. vorrò correre fino alla fine del mondo, fino a quando mi affaccerò sul precipizio e guarderò verso il basso e non sarò ancora pronto a saltare, vorrò avere una mano da stringere, ancora una volta, prima che tutto finisca. non finirà inizierà, qualsiasi cosa sia inizierà, e sarà il migliore dei compleanni. e scusami se ho mentito, da ubriaco non ci sarei riuscito a scrivere tutto questo. lo so, ti sembra impossibile, o forse solo improbabile. ma ieri sera ero stanco, avevo bevuto, neanche troppo ma le parole dormivano da prima che io avessi sonno. oggi sono un pò meno stanco. ho un futuro da affrontare nelle prossime ore. tutto quello che mi è rimasto. tutto quello che avremo.

Jack