Fuori

Dall’America alla Bassa, sul filo della Rassegna ad alta quota.

Curiosando su e giù per il web in cerca di un approfondimento della serata, pur avendo una vaga idea di pescare dall’estero, sono inciampato anche nella meravigliosa polemica che attanaglia la bassa in questi giorni, con la “Mirandolexit”, l’uscita del comune di Mirandola dall’Unione dei comuni dell’area Nord della Provincia di Modena. Nel link da La Pressa che vi segnalo colgo due piccioni con una fava, perché c’è sia l’intervista all’Onorevole Golinelli della Lega, sia il giusto contraltare di Paolo Negro del Pd.

In secondo luogo, mi permetto di segnalare La Verità alle Sette di questa sera, con il dialogo tra Daniele Capezzone e Stefano Graziosi sulla situazione negli Stati Uniti, al di fuori del main stream mediatico e poco trasparente che contraddistingue le italiche cronache.

Buona lettura e buona scolto.

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Solo un saluto

Una fugace rassegna ad alta quota

Mi è capitato diverse volte e per motivi vari, nella vita, di comprarmi i miei quotidiani al mattino presto e poi la sera, al momento di rincasare, vederli ancora intatti, nemmeno aperti, nemmeno letta la prima pagina. Oggi è stato uno di quei giorni. Troppe cose da fare, troppe da metterne in fila, la necessità di sacrificare qualcosa pur se all’ultimo.

Un sommario ristretto però riesco a farlo, abbastanza per dire che la notizia di rilievo di oggi è il terremoto con epicentro a Frassinoro, sui giornali non la trovate se non online, perché il fatto è avvenuto oggi pomeriggio. Per il resto, l’ennesima notizia sul cantiere Carrai che tira per le lunghe, sa un po’ di riempitivo; laddove invece preoccupa che la vicinanza di un ristorante a una casa di riposo dove sono morti in tanti anziani per il Covid, provochi paura negli avventori del locale, al punto che non ci vanno più. Storie di paranoie post pandemia.

Nella bassa tiene banco la Mirandolexit, ma non studiato la cosa, per cui non approfondisco. La notizia più preoccupante è che solo la metà delle imprese modenesi che hanno richiesto il prestito Covid da 25.000 lo hanno ricevuto, la Gazzetta di Modena ci ha aperto la prima pagina, il Carlino lo ha relegato a pagina otto, preferendo dare più importanza alla giusta riapertura dei centri per disabili.

Detto questo, ci leggiamo domani, e già vi anticipo, che sarà un’altra giornata con diretta in forse.

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Smarrimento

Quello che manca alla rassegna ad alta quota

Pochi articoli, nemmeno così ben selezionati, un qualcosa su cui ricade la mia attenzione, che me la rapisce. E su cui finisco per insistere, come se un banale argomento fosse in realtà la chiave di volta della situazione geopolitica mondiale. Sì perché se si guarda al mondo esterno, passi dai titoloni dei giornali, dalle rassegne stampa, dalle notizie condivise sui social e quello che ottieni è un senso di smarrimento. Black Live Metters da una parte, le nuove guardie rosse del politicamente corretto che vogliono rimuovere le statue di Montanelli, imbarazzanti politici in ginocchio e, negli interstizi, articoli ben scritti che ti dicono che, dall’altra parte del mondo si riparte meglio del previsto. E noi qui ancora in balia del BisConte, del silente Mattarella, degli scandali che non potranno rimanere sotto la cenere per sempre e, vedrete, avranno un effetto molto più deflagrante di Tangentopoli.

L’impressione, da osservatore compresso, più che distratto, è che la gente sia stufa, non del razzismo o delle ingiustizie riportate dai media main stram, ma di essere ignorata nella sua quotidianità. Lo spiega bene il primo articolo de Il Detonatore, nuova rivista online che si promette di raccontare la realtà senza troppi fronzoli.

Questa gente però, non la vedrete andare a imbrattare statue o a saccheggiare negozi con la scusa delle rivolte sociali. La vedrete andare silenziosamente a votare e a mettere una croce là dove ve lo aspettate, ma fingevate di non vedere che sarebbe finita così. Se non fossi un minimo informato su quello che accade nel mondo, in virtù della mia passione per il giornalismo, sicuramente, sarei uno di loro.

Il fatto è che sono davvero uno di loro. Solo leggermente più informato, perché a differenza di loro, nell’informazione libera ancora ci credo.

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Appunti della notte

La giornata sui giornali vista dalla Rassegna ad alta quota

Chiedo venia, ma un cambio di piani ha fatto saltare la rassegna di oggi. Pazienz, ho a malapena sfogliato le pagine di provincia, tanto le mie giornate in queste fasi sono abbastanza complesse. Tuttavia, nel quarto d’ora che ho avuto a disposizione un’idea me la sono fatta su quel che avrei potuto in questo post.

E allora ritorno sull’incidente di Nonantola, ne ho già parlato ieri, speravo d’essere smentito oggi, ma ancora le narrazioni non mi convincono. La Gazzetta di Modena in particolare punta il dito sulle male parole girate attorno ai gemelli responsabili dell’incidente. Eppure il giorno prima si presupponeva che fossero quanto meno alticci e che avessero fatto almeno una bravata quale il tentato furto. Apparso il fatto che si appoggiassero allo zio, scomparso lo sfratto di qualche mese prima. Bravi ragazzi, onesti lavoratori. E allora perché quella fuga? La cronaca se la prende con la strada pericolosa e poi, adesso, è colpa dell’altro guidatore, il compagno della madre della bambina morta, che andava a cento all’ora su una strada dove il limite era dei cinquanta, come riporta il Carlino. Non lo so, da un giorno all’altro le versioni cambiano e, a mio modesto parere, in maniera sbilanciata. Ma del resto, nella provincia estrema del Paese dove l’ex presidente della Camera dei Deputati, si inginocchia a mo di Black Live Matters, ci si può aspettare di tutto. Le narrazioni deviate nascono in periferia, non in centro città.

Spostandoci in alto l’Appenino torna terra di conquista e, con l’avvio vero e proprio della legislatura, i consiglieri di opposizione nell’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna, cominciano a farsi vivi e a supplire all’assenza di un consigliere eletto sul territorio. L’ex sindaco di Vignola Simone Pelloni in quota Lega, e il plenipotenziario di Giorgia Meloni in Emilia, Michele Barcaiuolo, hanno sollecitato interventi in montagna, il primo sollecitando la riapertura dei centri prelievi a Sestola, Riolunato e Fiumalbo (ne avevamo parlato in rassegna), il secondo incalzando la giunta sui danni da dissesto idrogeologico in Appennino dopo il maltempo dei giorni scorsi.

La montagna dunque, torna al centro dell’attenzione, peccato che ci torni senza persone del territorio, ma l’opposizione ha da farsi le ossa per diventare sempre più credibile alternativa, e se per una volta chi arriva dalla pianura mostra attenzione, potremmo dire che forse, ma restiamo scettici, è la volta buona. Di sicuro, con queste premesse, il post Covid per chi ha promesso il mare ai monti, non inizia benissimo.

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Narrazioni

La giornata sui giornali vista dalla Rassegna ad Alta quota

Torno nuovamente su quanto raccontato in rassegna, perché sento di non averlo spiegato bene. Qui c’è una narrazione dei fatti che manca, i quotidiani che ho letto e che hanno trattato l’argomento hanno riportato una cronaca fallata. E occorre fare attenzione, perché quasi tutte le notizie di cronaca, bene o male in maggior parte nascono in provincia, e se la narrazione nasce difettosa, finisce che poi, quando arriva alle luci della ribalta, è tutta un’altra cosa.

Come nel caso di George Floyd a Minneapolis, molte cose sono passate in secondo piano. A noi europei è giunta la narrazione che Floyd era un nero ucciso da un poliziotto bianco. Mancava che fosse un delinquente abituale, ucciso banalmente da un abuso di potere di un poliziotto in preda a un delirio di onnipotenza. Dico banalmente perché se quel poliziotto avesse fatto solo il suo dovere, a quest’ora non ne sapremmo nemmeno nulla. Johnny Cash cantava “ho ucciso un uomo a Reno solo per vederlo morire” nella sua “Folsom Prison Blues”. Ecco perché ritengo banale la morte di Floyd, perché il male di per sé è tremendamente banale.

In secondo piano dunque sono passate le bagatelle dei gemelli Souaieh e del loro cugino, sì hanno detto che hanno provato a rubare un cellulare, ma a leggere gli articoli, che la vittima del tentato furto e il gestore del locale, appaiono come persone che compatiscono questi soggetti; il che stride con la fuga fatale che ha portato alla tragedia della loro morte e di quella di una bimba di nove anni.

Stride perché sono pressoché sicuro, che se non avessero dovuto scomodare le forze dell’ordine per il dramma che si sarebbe consumato di lì a poco, avrebbero potuto farlo per denunciare i ragazzini. E stride ancora di più il fatto che nell’articolo dove i loro amici lamentano che la vita è ingiusta, nessuno ha chiesto loro se sapevano della propensione a una guida piratesca, a un’attitudine delinquenziale, alla provenienza da un contesto di disagio sociale (la famiglia aveva subito uno sfratto), all’inclinazione al bere. Non una parola negativa, eppure avevano provato a rubare un telefonino, forse si è rischiata la rissa, forse hanno minacciato di chiamare i Carabinieri e da lì la fuga fatale.

Dinamiche sepolte sotto le lacrime. Magari sui giornali di domani saranno approfondite, lo scopriremo appunto domani. O forse non sapremo mai come erano visti nel paese in cui abitavano prima e come si erano inseriti nel contesto dove poi sono morti. Non mi stupirebbe scoprire eventuali maldicenze, ma sarei felice di sbagliarmi. Sarei felice, forse, di sapere che era stata solo una bravata alcolica.

Intanto però la narrazione ci porta a fatti riportati in maniera imperfetta. La dittatura del politicamente corretto passa anche da qui.

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Palinsesto

La rassegna ad alta quota che verrà

L’ho anticipato nel video, dove avevo in realtà qualche incertezza, tuttavia realizzo che è meglio così. Sposto l’orario della rassegna, dal lunedì al venerdì non sarà più alle 14 e 30 ma alle 18 e 30. Più che una rassegna un riassunto di giornata partendo, ovviamente, dalla provincia e magari allargando il tiro. Debbo farlo, i ritmi lavorativi me lo impongono, garantisco una migliore puntualità e magari così facendo, con tutta la giornata davanti mi faccio una scaletta degna di questo nome, affrontando i vari temi non come un sommario di titoli e con gli articoli letti a volte si e a volte no. In più, questo spazio serale che, in questi ormai tre mesi in cui ci diamo appuntamento è noto come “aggiornamento” diventerà una sorta di diario di giornata. Assieme al video postato in replica, riporterò in maniera sintetica (e anche qui avrò modo di stenderlo durante un’intera giornata) le cose che mi avranno interessato e che avrò voglia di condividere. Poi ci sarà sempre spazio per altre escursioni, ma direi che se bazzicate qua da un po’ dovreste aver imparato come porto avanti questo blog.

Ricapitolando: dal lunedì al venerdì rassegna aperitivo con la “Rassegna Ad Alta Quota” alle 18 e 30, al fine settimana orario “vecchio” delle 14 e 30, con probabili variazioni dovute al weekend, ma queste ultime saranno impostazioni che verranno strada facendo. Intanto sistemiamo i giorni feriali e cerchiamo di rendere dinamiche queste pagine. Restate su queste frequenze!

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Rassegna ad alta quota del 4 giugno 2020

#rassegnaadaltaquota rapida ed indolore, piccolo focus sull’Appennino con i piani di fattibilità per le stagioni turistiche, e l’ingorgo al Bucamante. Abbiamo concentrato l’attenzione sulle sagre che purtroppo saltano con grave danno per tutto il territorio. Questa è la sola cosa che scriviamo oggi, per tutto il resto, ci vediamo e leggiamo domani |

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Siete ridicoli

Integrazione alla rassegna ad alta quota del 3 giugno 2020

Vi inginocchiate senza aver capito il perché. Mettete una foto a sfondo totalmente nero sul vostro profilo Instagram, pensando di fare una cosa figa (non giusta, figa). Mettete meme di Donald Trump con in mano una Bibbia e ci mettete accanto una sua frase sessista. Con lui si può. Postate una foto di una illustrazione dove c’è Gesù che ribalta i tavoli dei cambiavalute nel Tempio, e la usate come immagine per giustificare le violenze. Non vi accorgete che citate la Bibbia a sproposito e solo quando vi fa comodo, ma non siete disposti a contestare il Corano.

Postate foto di giocatori disposti a pagare le multe in Bundesliga per chi protesta contro il razzismo. Vi immolate difensori della libertà di parola censurando chi non la pensa come voi. Volete gli aperitivi liberi ma una manifestazione di centro destra è un’assembramento di untori. Volete il socialismo ma difendete la vostra proprietà privata. Vi indignate per chi fa le multe anti elemosina per combatterne il racket e poi siete i primi a schifare chi ve la chiede.

Predicate la pace ma avete bisogno di un nemico da combattere con ogni mezzo. Volete il fair play ma vorreste spezzare la tibia al vostro rivale. Sbandierate il libero amore ma siete possessivi che neanche ve ne accorgete. Fate le femministe, ma non vi ho mai visto protestare contro il burqa. Fate gli antiproibizionisti finché non tocca a voi proibire. Siete contro la nuova schiavitù d’America ma avvallate una sanatoria che ne crea a bizzeffe sotto ai vostri balconi da cui cantate “Bella Ciao”. Leggete giornali progressisti e non vi accorgete che in quegli stessi giornali ci sono articoli che vi possono tranquillamente far crollare il castello ideologico.

Siete talmente politicamente corretti, che siete un filino ridicoli.

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Casualità

Integrazione serale alla rassegna ad alta quota del 2 giugno 2020

A pensar male si fa peccato, diceva quello, ma io non posso farne a meno. E sempre meno mi va giù il politicamente corretto, la solidarietà obbligatoria, lo scambiare una rivolta sociale per una rivolta razziale, il non vedere che ciò che sta succedendo negli Stati Uniti, altro non è che il preludio di quello che accadrà qui da noi. Seattle fu l’anticamera del movimento No Global nel 1999, e nel 2001 ci ritrovammo col G8 di Genova, coi soprusi delle forze dell’ordine certo, ma anche con gente che era venuta a devastare apposta, alla faccia della non violenza degli Agnoletto e dei Casarini.

Capita così di trovarsi pubblicizzata a tutto campo una playlist della multinazionale Spotify dedicata al Black Lives Matter, e non puoi pensare che non possa essere una casualità. E il paradosso, se vi siete andati a leggere quello che ha scritto Davide Cavaliere su Caratteri Liberi, è che questo tipo di organizzazioni normalmente si rifanno al socialismo, ma hanno un dannatissimo bisogno di slogan pubblicitari, di loghi, di icone e tutto quello che serve nella meccanica capitalistica per avere un segno distintivo, come si dice in diritto industriale. Un marchio, come le magliette con Che Guevara sopra.

La cosa pazzesca è che non sai nemmeno se la playlist è azzeccata in sé. Faccio caso che uno dei cantanti selezionati è Kirk Franklin, un predicatore e cantante evangelico, col brano “Revolution”. Ora, il brano è vero, parla di razzismo e fascismo, ma in realtà si basa sulla “revelation” cioè sulla rivelazione dell’apostolo Giovanni, l’Apocalisse. E se uno copia e incolla il testo su Google Translate, scopre che non ha molto del brano da rivolta. Quanto alla musica beh… avete presente Sister Act 2?

Lo stesso si può dire per il brano “Time’s A Wastin” di Erykah Badu, che lì per lì può essere visto come un incitamento per chiunque, ma nulla ha a che fare con un’idea di contestazione. Poi magari sbaglio io. So che Nina Simone (che compare con la canzone di Randy Newman “Baltimore”) è stata un’artista impegnata nella battaglia per i diritti civili degli afroamericani, so che “The revolution Will Not To Be Televised” di Gil Scott-Heron è un brano decisamente politico, ma trovo curioso che manchino canzoni come “Imagine” (che si vede che va di moda solo qualche islamico investe decine di persone in Europa) o “Blowing in the wind”. Forse perché la playlist ha toni decisamente “negri”?

Poi d’accordo “A Change is gonna come” di Sam Cooke è stata una canzone simbolo dei diritti civili, ma a me viene spontaneo l’1+1 che si fa in relazione alla sua morte (uscì postuma), oltre al fatto che all’epoca (1964) negli Usa i problemi razziali erano molto peggiori di oggi. La sostanza è che le rivolte in atto in questi giorni hanno preso a pretesto l’abuso di un poliziotto per dare un movente razzista, laddove di razzismo non c’è nemmeno l’odore.

C’è invece odore di ipocrisia in questa playlist di Spotify, un’accozzaglia di canzoni diverse tra loro per temi e periodi storici, messa lì solo per speculare sul momento, un po’ come han sempre fatto i gruppi “combat”, buoni a cantare per gli operai e poi, coi loro soldi, a girare in limousine. Pecunia non olet, dicevano i latini, l’America brucia, Spotify incassa.

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Rotture

Integrazione alla rassegna ad alta quota del 1 giugno 2020

Probabilmente sbaglierò, ma mi son rotto le scatole di un certo tipo di narrazione. Posto che per trovare notizie di politica estera degne di questo nome, in Italia devi scovarle con il lanternino, la vicenda di #GeorgeFloyd e dei risvolti che sono più sociali che non razziali, sta stufando, non tanto per la questione relativa agli scontri in sé, quanto per la narrativa che l’accompagna. E purtroppo, mi duole dirlo, occorrerebbe che per queste cose si leggessero meno riviste di basket e più riviste di geopolitica. Lo dico a malincuore perché il basket è il mio sport preferito, ma non posso vedere i vari siti che seguo riportare le dichiarazioni di un Michael Jordan, che a suo tempo disse “anche i repubblicani comprano scarpe” ed è la dimostrazione di come i neri si siano potuti imporre grazie al talento, e che oggi dice, dall’alto dei suoi milioni di dollari, che il suo cuore è con la famiglia di Floyd.

Ribadisco un concetto di base: Floyd è morto per un abuso di potere da parte di un poliziotto che forse non andava bene neanche a fare il netturbino. E se vi occorrono notizie su come sia impostata la polizia e il governo del Minnesota, date una letta a questo articolo di Michael Sfaradi.

Ritengo però, al netto della libertà di espressione, che ognuno dovrebbe fare il suo mestiere: Popovich e Kerr gli allenatori, LeBron James il giocatore, Kareem Abdul Jabbar l’all-star in pensione e, soprattutto, i giornalisti italiani dovrebbero smetterla di ambire ad essere Federico Buffa a tutti i costi e occuparsi del Gioco e non della Geopolitica di cui non sanno nulla. L’Nba a oggi risulta essere il paradiso dell’ipocrisia politicamente corretta, quando all’epoca di Jordan era il paradiso del trash talking (guardatevi The Last Dance in modo critico, o fate i fighi solo quando c’è da parlarne bene?) e soprattutto non era quella spocchia benpensante che oggi offre spettacoli circensi per famiglie, ma storie di ghetto. I bad boys vi dicono nulla? Allen Iverson che oggi fa l’impegnato (forse a causa di un conto in banca che langue) ma che al tempo durante una finale passava letteralmente sopra a Tyron Lue vi sembra qualcosa di immaginabile oggi?

E’ facile parlare seduti sopra i propri conti correnti milionari, sapendo che la protesta sociale non invaderà i vostri villoni sulla west coast. E’ facile schierarsi contro Trump che può piacere o non piacere, ma non è responsabile dell’omicidio Floyd e dal suo essere un buzzurro, altro non è che uno che parla all’America profonda, quella che i neri più milionari che integrati, si sono dimenticati.

Poi ci sta che si prenda posizione. E voglio dire una volta di più che noi, dalle nostre case di provincia, da lettori distratti di Tex Willer, emulatori di spaghetti western, sognatori da “On the road” senza averlo mai finito di leggere, non abbiamo la più pallida idea di che cosa sia l’America, di che cosa siano gli Stati Uniti, di che cosa ci sia veramente di là dall’oceano. L’America può assomigliare a una puntata di Law & Order ma non a una di Sex & the City. Diversamente avremmo serie tv e film ambientati nel Colorado o nell’Iowa, stato che sentiamo nominare solo quando cominciano le primarie democratiche. Lì si che avremmo forse una maggiore idea di che cosa possa significare. Ma finché ci fermeremo ai dischi di Springsteen, a cantare “Sweet Home Alabama” senza capirne il vero significato e a credere che il conflitto razziale sia solo Muhammad Alì che non vuole andare in Viet Nam, cari miei, siamo lontani un bel pezzo.

Evitate letture distorte. Meno tweet di LeBron (con tutto il rispetto) e un po’ più di Federico Rampini.

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