Dove eravamo rimasti (integrazione alla rassegna ad alta quota del 5 maggio 2020)

La rassegna di oggi, per ragioni sclero, tecnico, lavorative è stata veloce e non approfondita come avrei voluto, anche se sufficientemente sintetica. Si può fare di meglio? Certo che sì, ma ci dobbiamo perfezionare, occorre trovare un compromesso tra la sintesi temporale e l’approfondimento argomentativo. Che paroloni! Veniamo a noi…

Appennino: la notizia più rilevante (e che approfondiremo nei prossimi giorni in maniera più ampia e nelle sedi più appropriate) è quella relativa al gruppo Facebook “Montese ti aspetta” con più di 3000 iscritti e che, proprio per il fatto di puntare sulla promozione del territorio, mostra come da un male come il Covid-19 ne stia nascendo un bene: in molti comuni montani infatti, in provincia di Modena, si parla di rilancio del turismo di prossimità. C’è solo da augurarsi che si venga a creare un fenomeno strutturale, anziché un una tantum buona per quest’anno e poi chissà.

Pianura e dintorni: da aspetti positivi che possono nascere dalla pandemia a quelli, purtroppo negativi. A Carpi è andata in scena la consegna delle chiavi. L’associazione locale “Carpi c’è” si è detta pronta allo sciopero fiscale, ma il dato che emerge è che, dopo Castelfranco Emilia e Sassuolo, è la terza protesta di rilievo per chi vuole riaprire la propria attività. Bonaccini, sentito da RTL, dice che se continua così la discesa dei contagi, si può valutare un’apertura anticipata rispetto a quella del 18 maggio e anche quelle oltre. Intanto pare che Venturi a fine settimana lascerà l’incarico di commissario regionale.

Cultura: non smetterò di parlarne fino a che non avrò slogato la tastiera del computer. Oggi il tenore sassolese Matteo Macchioni ha rilasciato un’intervista a Gianpaolo Annese sul Resto del Carlino di Modena dove ha suggerito idee per la riapertura dei teatri. Il mondo dello spettacolo, fatta eccezione per gli esemplari di Bella Ciao e i cantanti da I maggio, è letteralmente alla fame. Macchioni ha scritto a Giuseppi e a Franceschini, vedremo se diranno grazie per la lettera o se interverranno diversamente. Intanto le proteste degli addetti del settore, lontano dalle telecamere e dai circuiti di regime, continuano. Sui social, gli unici teatri rimasti dove possono esibirsi. Ma si esibiscono in silenzio, perché non hanno voce.

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Questione di fiducia (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 4 maggio 2020)

Hanno ripreso a correre i runner e, in alcune regioni, tra cui l’Emilia-Romagna, hanno ripreso gli allenamenti, con le giuste distanze, le squadre di serie A di calcio, l’unico campionato che per ora è rimasto sospeso, laddove gli altri hanno chiuso. Ma chi rischia di chiudere sono anche molte palestre, un indotto da 600.000 lavoratori di cui la metà a partita iva. E, sempre di metà si tratta, sono le strutture che, se il lockdown prosegue, rischiano di non riaprire. C’è paura, è ragionevole, ma non si vive d’aria. Si moltiplicano le manifestazioni pacifiche di imprenditori che protestano perché dichiarano che sono allo stremo, che vogliono lavorare, che dicono di poter garantire la sicurezza. Sarebbe ora, da parte dello Stato, di considerare adulti i propri cittadini, e d’accordo che se sul trasporto la quadra sarà difficile da trovare, occorre però fidarsi di chi ha un’impresa e ha tutte le intenzioni di rispettare i protocolli di sicurezza. Dopo l’aspetto preventivo, dev’esserci la presa di coscienza che i cittadini possono assumersi le responsabilità, sia che gestiscano un negozio o una palestra, sia che siano dei semplici avventori. Mi piacerebbe scoprire qual’è il tremendo morbo, qual’è la tremenda pandemia che fa si che gli italiani credano solo alla caricatura di se stessi e mai pensino di poter essere responsabili. Va bene, nel mondo abbiamo diffuso il verbo spaghetti-mafia-mandolini; ma dobbiamo ricordarci anche da dove veniamo e, soprattutto, cosa ancora siamo. D’accordo che ci sono innumerevoli casi che testimoniano una costante inaffidabilità o capacità di voltare la gabbana, ma proviamo per una volta a invertire il canone. Durante il così detto picco della pandemia, si registrava che il 95% degli italiani rispettava le regole, ma a fare notizia era sempre il restante 5%. Spalmatelo su sessanta milioni di abitanti. E d’accordo che manca un’oggettiva fiducia nella giustizia, che si dice sempre che in Italia non paga mai chi dovrebbe, ma sarebbe davvero l’ora di prendersi un po’ sul serio, dimostrare che le regole si rispettano, che non si è untori e, soprattutto, sarebbe ora di vigilare non solo sui runner, ma anche su chi applica la giustizia. Perché dare la possibilità di aprire è un’iniezione di fiducia, sorvegliare e punire chi sbaglia è giusto, ma è giusto anche sorvegliare il sorvegliante. L’anello mancante tra tutte le questioni di fiducia.

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Strani paradossi (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 3 maggio 2020)

Tra le tante cose che sono emerse in questo periodo ci sono dei curiosi paradossi. Ad esempio, alla filiera no-vax, sempre in odore di complottismo, si sono aggiunti i dubbio-vax, soggetti normalmente favorevoli alla filiera vaccinale che però hanno dubbi avanzati sull’idea del vaccino anti Covid-19 e a loro favore ci sono anche tesi di virologi non influencer. Quindi alla maniera Coppi vs Bartali, oggi ci sono i Burioni vs Tarro. Se vi andate a vedere la trasmissione su Facebook “Vado al Massimo” questa sera c’è stato un colloquio interessante con Francesca Totolo, in cui si è parlato anche delle ricerche sull’ipotetico vaccino e anche dei retroscena drammaticamente economici. Ve lo posto qui sotto, ascoltatelo prima o dopo la rassegna di oggi.

Ancora, coloro che un tempo erano visti come i nuovi autoritari, coloro che nel 2005 avevano votato la riforma Calderoli, ma anche quelli che avevano votato la riforma Boschi del 2016, insomma coloro che volevano mettere mano alla Costituzione, oggi sono quelli che si sono ritrovati a doverla difendere e, udite udite, lo fanno senza che sia stata fatta alcuna riforma, a parte quella sulla riduzione dei parlamentari.

Infine, è straordinario vedere che oggi, laddove una volta c’era il culmine del lecchinaggio pro Berlusconi, oggi ci sono i baluardi della libera informazione. Un tempo Retequattro non si poteva guardare perché c’era Emilio Fede, oggi è l’unica rete che si distingue nel panorama televisivo-informativo italiano.

Curiosi paradossi, davvero.

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Se l’Italia si squaglia (aggiornamento alla rassegna ad alta quota del 2 maggio 2020)

Nel cercare qualcosa con cui darvi la buonanotte in questa giornata senza giornali (cartacei) e comunque di ponte dove notizie, a onor del vero, ce ne sono poche se non gli approfondimenti, ecco che scorgo tra le tante newsletter il dato che fotografa l’Italia per quella che è in questa fase: un paese che si sta squagliando. Una gelateria su tre rischia di chiudere, i più tenaci si sono reinventati con l’asporto ma, proprio ora che inizia la bella stagione, si rischia di arrivare tardi e, per qualcuno potrebbe essere troppo.

Mentre dunque assistiamo al grottesco balletto delle riaperture, con l’ennesimo scontro Stato-Regioni, curiosamente virato a sud e, altrettanto curiosamente, riguardante sempre Regioni con amministrazioni diciamo così, contrapposte, un settore dietro l’altro l’allarme per l’economia si espande, ma va tutto bene, è tutto sotto controllo.

Sotto controllo invece non c’è niente, nemmeno la pazienza degli italiani che, laddove non si faranno test a tappeto, faranno affidamento al loro buon senso. Nel frattempo, quando questa pandemia sarà finita, e con essa anche lo stallo politico, sarà il caso di avviare sì un periodo di riforme, ma costituzionali, con una commissione ad hoc che veda impegnato non solo il Parlamento, ma anche le Regioni. Queste ultime infatti, volente o nolente e di qualsiasi colore fossero, hanno avuto il polso della situazione in ogni momento, e questa è una riflessione che va fatta. I sistemi regionali, da quello elettorale alla forma di governo, dal vent’anni a questa parte hanno dato prova di stabilità e, tutto sommato, di efficienza laddove lo Stato è rimasto troppo spesso indietro. Questa pandemia ha di fatto messo in evidenza l’ultimo tabù istituzionale: la forma di governo così com’è non va più bene, il sistema creato nel 1948 si è squagliato come i gelati che, se continua così, rischiamo di non trovare più.

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Coronavirus, la linea di Bonaccini non fa che legalizzare l’esistente

C’è qualcosa che non torna nell’ordinanza che grazie a Dio, allenta finalmente il lockdown, con misure meno stringenti rispetto a quelle del governo.

Tralasciamo il fatto che l’andare oltre all’esecutivo in Emilia-Romagna, seconda regione per contagi e per morti, faccia meno rumore rispetto alla Calabria, regione nella quale l’emergenza è stata più che contenuta, fingiamo per un attimo che la polemica, soprattutto giornalistica, non sia alimentata dai diversi orientamenti politici delle due giunte rispetto al governo centrale…

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Quel che non ci siamo detti (integrazione alla rassegna ad alta quota del 1 maggio 2020)

Nell’impostare le rassegne che verranno, giocoforza l’aggiornamento serale o sarà su un tema libero oppure sarà l’integrazione di ciò che non ci siamo detti durante la diretta. Oggi non abbiamo ad esempio guardato le prime pagine dei nostri quotidiani locali di riferimento e, a onor del vero, nemmeno abbiamo fatto un excursus tra le notizie Covid o anche solo quelle riferite a Modena città. Va bene, ci siamo persi nell’ennesima polemica da I maggio, ma di mio, mi sono sentito in dovere di sollecitare di nuovo l’attenzione sull’arte.

E quindi? Beh, oggi non abbiamo detto che ci sarà l’obbligo di mascherina in Emilia Romagna, cosa che avevamo auspicato già tempo fa, però vi rimandiamo a La Pressa per quello che riguarda l’ordinanza regionale che integra il Dpcm del 26 aprile scorso. Poi per il resto non abbiamo parlato del conflitto Stato-Regioni sulle riaperture, con la Calabria della presidente Santelli, che vuole andare oltre alle regole governative ed è quella che fa più rumore ma, come nostra consuetudine vi mostriamo una foto interessante di due regioni, Emilia Romagna e Marche, che sono collocate tra quelle filo-governative (e quindi rosse o Pd), nelle quali si va ben oltre i provvedimenti di Giuseppi ma, misteriosamente, non fanno lo stesso rumore mediatico che fa la Calabria, che pure ha avuto molti meno contagi e meno morti. Il solito mistero buffo della narrazione unica, della quale però, ho la netta impressione che gli italiani si stiano stufando.

Diciamo che da queste parti…

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La formula

Pare che l’opposizione si stia muovendo per una modalità di protesta non violenta, di piazza ma non fisica, senza violare il lockdown ma comunque portando a Palazzo Chigi il dissenso della popolazione nei confronti delle azioni del Presidente del Consiglio Giuseppi Conte. Giorgia Meloni si è già mossa di suo, coi deputati del suo partito, in silenziosa protesta, a distanza sociale e con mascherina, a protestare in Piazza Colonna.

Se posso permettermi, col mio modesto bagaglio di giurista di provincia, un metodo c’è, ed è scritto a chiare lettere sulla nostra Costituzione “la più bella del mondo”. La chiave di tutto è l’articolo 134, quello che definisce le modalità di ricorso alla Corte Costituzionale, quella che abbiamo definito il “Consiglio degli Ayatollah” della nostra Carta… [Continua a leggere su Caratteri Liberi]

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