
Colpevolmente oggi non ho fatto segnalazioni da La Pressa, ma va detto, nella forma che sta prendendo la nostra rassegna, e cioè la voce non solo dell’Appennino, ma della provincia in generale. Del resto, con già tutte le belle e approfondite rassegne che ci sono tra i vari network, che senso ha parlare di cose di cui parlano tutti? In fondo anche parlare della provincia più remota, è un modo per interpretare il mondo.
Vi rimando dunque alla testata con cui collaboro, per un pezzo di economia che verte sul tema dei prestiti a garanzia statale per le piccole imprese. I dati nel modenese sono deprimenti, ma ad esserlo è la coltre di burocrazia sotto cui hanno sepolto questi provvedimenti.
Oggi poi non vi ho segnalato, o meglio, l’ho fatto solo quando ho letto la prima pagina, l’intervista a Claudio Longhi, direttore artistico di Emilia Romagna Teatri Fondazione sulla Gazzetta di Modena. Verrebbe da dire ben svegliati, anche se si tratta comunque dell’intervista a un pezzo grosso, cioè il direttore del teatro stabile pubblico regionale. Vale a dire il braccio armato della cultura “di regime” perché, sarebbe il caso di dirlo, il mondo spettacolo altro non è che una struttura parastatale, se lo Stato o la Regione, come si suol dire “cacciano i sordi” la filiera funziona (vi ricorda niente il nome Fus, acronimo di Fondo Unico per lo Spettacolo?), ma se manca il supporto pubblico allora sono problemi. E d’accordo che se vengono a mancare i pesci grossi, non mangiano nemmeno i pesci piccoli, ma direi che ormai sia il caso di cominciare a ripensare tutta la filiera: detassazione, più iniziativa privata, meno vincoli burocratici per gli spettacoli dal vivo, riqualificazione delle strutture e, soprattutto, creazione di strutture polivalenti, riconoscimento professionale, flat tax per gli operatori del settore al di sotto di una certa soglia di introiti e ammortizzatori sociali. Lo so che sto insistendo molto su questo tasto, ma esiste una moltitudine di professionisti, alla base di questo settore, che sono senza tutele e impossibilitati a fare qualsiasi cosa al di fuori dello streaming. La musica, il teatro e l’arte in generale, non si possono fare in modalità smart working.

In questo articolo si parla di soldi
duole dirlo, ma gli sforzi fatti, meriterebbero un obolo
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