non aspettiamoci un ciclo

Non lo so se abbia vinto il calcio più logico o se quello appena concluso sia stato un mondiale modesto, quello che so è che la finale non ha deluso le aspettative cioè ha deluso. Il gol di Gotze ha probabilmente fatto tirare un sospiro di sollievo a chi non voleva vedere un’altra lotteria dei rigori e andarsene a dormire. La Germania ha vinto con merito il suo primo mondiale dopo l’unità, sfatando il tabù dell’europa che non vince in sud America. L’Argentina ha perso, ha perso Messi, ma più che altro, per me hanno perso (oltre ad aver rotto oltre ogni misura le scatole) coloro che vogliono mettere Messi sul piano di Maradona, Di Stefano e Pelé. Perché tra questi, solo Pelé e Di Stefano sono stati contemporanei e quindi paragonabili in relazione a prestazioni fisiche, capacità tecniche e tattiche. Maradona ha trionfato a Città del Messico 16 anni dopo il canto del cigno della perla nera brasiliana e il calcio era già mutato ed era agli arbori della globalizzazione. Messi è il più forte dei nostri tempi, che non sono paragonabili a quelli di Maradona (ai suoi tempi la coppa Uefa era un signor trofeo e vincerla era un signor risultato, non come l’Europa League che viene considerata di serie B), che a sua volta non sono paragonabili a quelli di Pelé il quale, tranne che a fine carriera, non ha mai giocato fuori dal Brasile.
La Germania, in linea con la sua storia e la sua tradizione (e col suo peso nello scacchiere geopolitico), ha vinto senza schierare fenomeni, facendo forza della sua continuità e del miglior collettivo schierato al Mondiale. Faccio coming out, dopo l’eliminazione degli azzurri ho tifato per la Francia, che aveva secondo me, il calcio più bello da vedere. Siccome non credo alla proprietà transitiva, non ho tifato Germania e, a malincuore, ammetto che sono contento che abbia vinto. Ha semplicemente fatto meglio degli altri, cosa riuscita anche a noi otto anni fa. Da che mondo è mondo si vince con un gruppo o, al limite, con un fuoriclasse in grado di rendere tali anche i brocchi.
Non aspettiamoci però, al pari della Spagna prima del tracollo in terra carioca, l’apertura di un ciclo di dominio assoluto: salvo quanto accaduta tra i 72 e il 74 (Europeo e Mondiale) la Germania non ha mai avuto epopee fatte di titoli e controtitoli. Alla costanza nei risultati e nei piazzamenti, non è seguita (fino ad ora, poi chissà) la costanza nelle vittorie.

Stefano Bonacorsi

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