Il diritto di essere contro

A leggere questa notizia si stenta a crederci. Trovo che ci sia una profonda ingiustizia nel boicottaggio contro Brendan Eich, perché si lede un diritto fondamentale: la libertà di pensiero e quindi anche il diritto di essere contrari a qualcosa. C’è stato un tempo in cui il verbo del multiculturalismo (e quindi anche quello dei diritti civili per i gay) predicava la protesta non violenta. Qui siamo all’opposto, alla violenza del denaro. Una lobby boicotta una fondazione, mancano i fondi, ci dispiace, anche se lei è uno dei migliori, deve lasciare il suo ufficio. Adesso.
Come scritto nella Bibbia “non giudicate e non sarete giudicati”, io non giudico gli omosessuali, anzi ritengo che non debbano essere discriminati per quello che sono. Da cristiano però, ritengo che neanche io debba essere discriminato se esprimo la mia contrarietà alla cultura gay. E si badi bene, non sono qui a dire che si dovrebbe fare come in Russia o peggio ancora in Nigeria o altri paesi africani. Dico semplicemente che siamo passati dal riconoscere il diritto alla coesistenza e alla non discriminazione, alla imposizione di un modo di pensare. Chi è contrario alle nozze gay è omofobo, idem quelli che sono contrari alle adozioni: omofobi e bigotti. Questo è voler imporre una cultura e non è molto distante da certi modelli di jihad. Il caso di Brendan Eich ne è la prova, perché un bravo CEO è stato costretto a dimettersi perché anni prima aveva sostenuto un referendum contro il matrimonio gay. Si badi bene, non è ancora reato essere contrari, tuttavia, la fondazione Mozilla, ha pensato bene che valeva la pena perdere un buon amministratore che non ingenti somme di denaro. La violenza sta tutta qui: nell’imposizione consumistica di un modello. Non siamo più, infatti, all’affermazione del diritto di esistere, siamo all’imposizione del dovere pensare come gli altri, di doverci trovare di fronte ad accettare un modello col quale non siamo d’accordo. Ma mentre col fondamentalismo islamico c’è la paura della guerra e del terrorismo a giustificare il disaccordo, col modello multiculturale, e quindi con la cultura gay (non con l’omosessualità, questo concetto lo voglio sottolineare) c’è la paura di essere giudicati male, di essere considerati dei retrogradi, mentre semplicemente, non si è d’accordo. E la violenza sta nel voler imporre questo pensiero unico con le pubblicità ammiccanti, con un modo di vestirsi che confonde i sessi, con certi tipi di letture, di musiche, di film. In altre parole, col consumismo. La cultura gay, in occidente, fa girare l’economia e per questo motivo, si vuole imporre.
Pasolini (cito non a caso un omosessuale) vide molto lontano quando scrisse che l’omologazione imposta dal costume e dal consumismo, impediva di riconoscere fisionomicamente un ragazzo fascista da un ragazzo comunista. Oggi, con la cultura gay, non andiamo lontano da questo e siamo di nuovo di fronte a un nuovo tipo di omologazione e quindi anche di fascismo, e mi stupisce che la sinistra, così attenta ai diritti di tutti e all’autodeterminazione no-global, non colga questo pericolo. Non il pericolo degli omosessuali, per carità. Ma il pericolo di una cultura gay che si impone violentemente in nome dell’odiato capitalismo.

Jack Tempesta.

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