caratteristica della campagna elettorale 2013 è l’apertura ai gay da parte di tutte e tre le principali forze politiche in campo: Berlusconi- Monti- Bersani. non c’è n’è uno che si sia astenuto dal fare una dichiarazione a favore del riconoscimento dei diritti civili per gli omosessuali, anche se, nel caso di Berlusconi e Casini (che sostiene Monti) con molti distinguo, in primis, il sì al riconoscimento delle coppie di fatto (quindi delle coppie gay) no al matrimonio.
ora, comunque vada, il matrimonio in senso lato, che sia concordatario o civile, non se lo vedranno riconosciuto. in primo luogo per la normale ingerenza vaticana, poi perché la condizione degli omosessuali in Italia, è ben lungi dall’avere una dignità vera e propria. l’omossessuale in questo paese è descritto ancora come una macchietta effemminata per quello che riguarda gli uomini, come un sogno erotico per quello che riguarda le donne (nei pensieri del maschio medio la coppia lesbo è materiale per autoerotismo), come un fenomeno da baraccone per quello che riguarda i transessuali.
ammetto che in vita mia non ho mai avuto le idee chiare, anche se ho sempre preso la parte di coloro che in questo contesto mi parevano i più deboli, cioè i gay.
però c’è un però. si fa un gran parlare del riconoscimento dei diritti, ma quello che mi chiedo io, è previsto anche un futuro riconoscimento dei doveri? mi si dirà che è scontato e ovvio, ma non è così, e l’immigrazione ce lo dimostra.
nel caso dell’immigrazione l’Italia è stata tollerante ma non accogliente, col difetto che, per via di un innato buonismo, per paura di passare da razzisti a certe categorie di immigrati si perdona (quasi) tutto, vedi ad esempio i casi di alcuni immigrati di matrice islamica quando picchiano le loro donne. in questi casi a volte si assiste al paradosso di certe femministe di sinistra che non sanno se difendere i diritti delle donne o difendere l’Islam, quando sarebbe più comodo condannare il singolo caso. ma non divaghiamo.
con l’omosessualità in Italia c’è una tolleranza imbarazzante. oramai è il trionfo del politically correct, ragion per cui in pubblico nessuno si permette di scherzare sull’omosessualità o quasi. la lobby gay è diventata abbastanza potente e trasversale da influenzare tutti gli schieramenti politici (si veda il caso di Fini che riteneva che un omosessuale non avrebbe dovuto insegnare a scuola), tanto che o sei con loro o sei contro di loro, un po’ come accade negli Stati Uniti quando c’è un qualsiasi dibattito politico.
se dunque si è a favore del riconoscimento dei diritti civili ai gay si è aperti di mente e progressisti, se invece no si è dei bigotti retrogradi.
però, nelle piazze, nei bar, nei discorsi da spogliatoio, l’avversione agli omosessuali c’è. nelle trasmissioni televisive, al di là di un certo perbenismo, si coglie la perplessità. e allora che c’è?
c’è che siamo all’inganno, l’ennesimo, del consumismo. gli omosessuali hanno creato le loro comunità, i loro stili di vita, il loro modo di consumare. e lo hanno imposto al resto del mondo, tanto che, laddove c’è libero mercato c’è il riconoscimento di determinati diritti: dalla convivenza con diritto di assistenza, al matrimonio, all’adozione.
ora, va detto che in Italia non mancherebbero gli escamotage giuridici per regolarizzare le coppie di fatto e quindi i gay: basterebbe applicare la disciplina generale del contratto, stabilendo una convivenza con diritti e doveri attraverso questo meccanismo e il gioco è fatto. se poi i meccanismi bancari e di assistenza fossero in base al singolo individuo (e di conseguenza alla persona dalla quale l’individuo vuole farsi assistere) sarebbe ancora più semplice e senza troppo rumore.
Su adozioni e affidamenti invece rimane la mia perplessità, non tanto perché penso che non farebbe bene ai bambini (si veda anche qui), ma perché sarebbe prima da risolvere il problema riguardante le ragazze madri, ancora oggi viste con fumo negli occhi, e di cui la società si è scordata.
non sono un sociologo, prendetemi pure per matto o per retrogrado, chi poi conosce i miei passati di militanza sarà stupito da questo argomento, io però mi baso sulla storia: l’omosessualità ha conosciuto epoche di tolleranza e di intolleranza. mi si dirà che non è un caso che non era tollerata nel medio evo così come non lo è oggi nel terzo mondo. io non sono qui a fare il moralista, a dire cosa è giusto e cosa no. ma dopo un’analisi attenta posso dire che il costume che ammette l’omosessualità e la equipara in maniera naturale all’eterosessualità, deriva dal consumismo. e in un epoca in cui si discute sull’importanza dei valori fondanti della società occidentale e sulla loro importanza attuale, nel senso di resistenza al mutamento sociale, le domande a riguardo sono da porsi. la mia domanda è: si tratta di un riconoscimento di diritti, o è l’ennesima variante consumistica? il consumismo ha già demolito l’istituzione della famiglia, imponendo l’emancipazione della donna, che è sacrosanta, non fosse che in Italia è stata intesa come legalizzazione morale del meretricio ai fini della scalata sociale.
dunque cosa può comportare l’emancipazione dei gay? un nuovo tipo di famiglia? e allora perché non lavorare su quella tradizionale in disarmo? su un nuovo tipo di amore in società sempre più individualistiche?
mi dispiace ma i tempi non sono maturi. se anche Berlusconi si muove a favore dei gay, vuole dire che esiste un tornaconto, sia elettorale che economico. gli stessi omosessuali dovrebbero porsi le domande che mi faccio io, perché mentre i loro rappresentanti giocano col potere, i loro diritti non vengono portati avanti, ma vengono usati come scusante. sono un numero, utile a qualche politicante e imprenditore. ma la cosa che dovrebbe stare loro più a cuore, cioè l’essere trattati come persone, come cittadini, la trascurano. meglio il folklore della dignità? mi dispiace, ma io ci vedo un inganno. l’inganno di persone usate per fare circolare denaro e creare ricchezza. creare nuove fette di mercato (o ampliarle perché esistono già). è riconoscimento di diritti questo? e se fosse tutto un inganno?
Jack