in tutto il delirio che ha scatenato la lettera di Don Pietro Corsi parroco di San Terenzio in provincia di La Spezia, si è dimenticato un particolare fondamentale che smorzerebbe le polemiche e basterebbe da solo sminuire il ruolo del sacerdote e a spegnere le polemiche. bastava sollevare una questione di principio, citata nel Vangelo di Luca, 6,37:<>. al Vescovo di La Spezia sarebbe bastato citare questo passo per mettere all’angolo il pretino, alla Chiesa Cattolica basterebbe ricordare questo, per riedificare il suo ruolo; a un qualunque giornalista, opinionista o attivista femminista sarebbe bastato questo passo, per stabilire dove finiva la missione spirituale del prete e dove cominciava un concetto religioso, umano e bigotto.
un uomo di Dio, quali dovrebbero esser i preti, non giudica, se segue il Vangelo. nel giudicare, nel generalizzare questo sacerdote di provincia, ha sbagliato in pieno la sua missione, questo dovrebbe essere messo in risalto. e invece siamo alla banalizzazione del fatto, ridotto ad un nuovo pretesto per attaccare la Chiesa Cattolica (come se ne servissero) e, fatto gravissimo, a una nuova banalizzazione della violenza alle donne, che nuovamente torna ad essere un argomento da bar, anzi da parrocchia. eppure bastava un versetto. un semplice versetto. un versetto che avrebbe realmente reso inutile un pretino che a quel punto avrebbe dovuto trovarsi altro da fare. un versetto che avrebbe potuto per una volta riabilitare una struttura secolarizzata come la Chiesa Cattolicaun versetto che non avrebbe banalizzato un argomento di drammatica attualità come il femminicidio. ma in tutto questo delirio, ci si è scordati della cosa più semplice: di una questione di principio.
Jack