c’è un dato che emerge dalla biografia di Max Stèfani: quest’uomo è profondamente ingenuo! Wild Thing è innanzi tutto uno spaccato sulla scena musicale italiana, dagli anni ’60 ai giorni nostri, dall’underground (o come usa dire oggi dall’indie rock) al mainstream. l’ho trovato divertente, anche se con qualche refuso di troppo, e poco mi importa se alcune malelingue dicono sia stato copia-incollato o sia un libro infamante e offensivo per molte persone citate. esistono pur sempre le querele…
per convinzione personale, credo che buona parte di quelli che lo hanno acquistato (sottoscritto compreso) si sono andati a leggere per prime le ultime pagine, per capire come siano andate le dinamiche dell’allontanamento di Stèfani da quella che era la sua creatura, il Mucchio Selvaggio. e al di là della malafede che può esserci stata (siamo in attesa che Federico Guglielmi aggiorni la vera storia del Mucchio in modo da avere l’altra campana) da parte dei collaboratori più o meno storici, la conclusione a cui sono arrivato alla fine è stata… Max, un po’ te la sei cercata! e che diamine, l’autore per buona parte del libro non fa altro che dire di quanto sia indolente, di quanto appena poteva smollava tutto alle persone di sua fiducia ecc. ecc. sarà che io, più vado avanti (e di anni ne ho 28) più preferisco l’autarchia (e quindi delegare il meno possibile), però se non ti prendi la briga di stare materialmente sulla composizione del giornale (si percepiva a sfogliarlo che buona parte del lavoro era nelle mani di Daniela Federico- Guglielmi, John Vignola e Beatrice Mele), se non ti curi di approfondire lo stato delle finanze della società di cui fai parte, se materialmente lasci che tutto ti venga preso da sotto il culo in maniera più che palese… non puoi che prendertela con te stesso alla fine. che va bene essere spregiudicati fino all’incoscienza (leggi alla voce querele) pubblicare qualsiasi cosa ti passi sotto mano o avere l’occhio lungo su come si può indirizzare una rivista, però la fiducia non va data per scontata, specie se l’atteggiamento di chi da fiducia (Stèfani) viene scambiato per disinteresse (questa è una mia illazione). certo è che se è fondata la malafede di chi guida il Mucchio oggigiorno, e ho motivi per crederlo per via di scambi di e-mail che ho avuto con alcuni ex collaboratori, è un peccato che sotto la facciata di una rivista che ha fatto storia e dettato la linea al giornalismo (anche) musicale, vi siano le solite parrocchiette e il solito clan clan. ma del resto siamo in Italia, ed effettivamente è da sciocchi pensare che esistano isole felici e uomini tutti d’un pezzo. l’umanità ha i suoi pregi e i suoi difetti e il Mucchio non ne è stato esente, così come Max Stèfani, il quale a breve tornerà a scrivere sulle pagine di “Suono Wild” evoluzione di “Suono” rivista su cui ha esordito nei lontani anni ’70. rivista che dopo annunci a vario titolo, pare partirà zoppa a causa di alcune polemiche che sono state il naturale sbocco di proclami un po’ troppo pomposi. dall’altra parte della barricata hanno esultato come a dire “avevamo ragione noi!”, ma questo attendere al varco non fa altro che confermare che se da un lato Stèfani si è distinto per indolenza e inaffidabilità, dall’altro non hanno motivi per dichiararsi innocenti. che bisogno ci sarebbe di tanta fretta a sbandierare la propria purezza e coerenza?
Wild Thing è tutto questo e (per fortuna) molto di più. bella edizione, bellissimo materiale fotografico, aneddoti spassosi, nota dolente il prezzo, ma si ha tra le mani un libro che sta bene in qualsiasi libreria e che è comunque la testimonianza di una delle più importanti rock star, nel bene e nel male, del nostro paese.
del resto, come diceva Lester Bangs, e come è anche riportato nell’incipit del libro “Non hai bisogno i una chitarra elettrica per essere un eroe del rock’n roll”
Stefano Bonacorsi