un pezzo di mobilio. il duomo di Modena. qualcosa che sai che c’è, che è lì e che prima o poi sai che visiterai o farai in modo che faccia più parte di te. questo era per me Lucio Dalla. un artista di cui sapevo l’esistenza, di cui non ho mai saputo a memoria le canzoni, che ho ascoltato davvero poco e che so che mi mancherà davvero tanto. un genio poliedrico, uno mai banale. lo accosto ad un altro pazzo furioso, Franco Battiato (un’altro che ascolto poco), perché so che nessuno come loro, nella canzone “leggera” è andato così oltre. oltre gli schemi, in profondità. eppure non lo consideravo, e non inizierò a farlo ora. sapevo che c’era che prima o poi avrei approfondito, avrei esplorato e so che avrò modo di farlo, perché soprattutto adesso ci sarà più di prima. perché in qualche modo mi sentirò in ritardo, come se non avessi potuto stringere la mano a una persona che chissà, se gli fosse capitato di vedere una mia esibizione, non avrebbe esitato a dire la sua, non con fare spocchioso, ma con curiosità. la stessa curiosità che l’ha portato a non essere un artista comune, nonostante il successo commerciale. era presente ma non invadente, probabilmente consapevole che la sua parabola era in discesa, ma l’accettava senza rendersi ridicolo. uno che sapeva quale era il suo spazio. anche per questo mi mancherà. perché anche nel momento dell’addio, nel protagonismo dei “mi ricordo” non c’è niente di assillante, le sue canzoni le sentiamo ma non ci danno fastidio, non sanno di lacrime di coccodrillo. sanno di qualcosa che c’è scivolato dalle mani, come un bicchiere quando cade. qualcosa che non ci aspettavamo e a cui non sapevamo come avremmo reagito. e infatti continuiamo a non capire, continuo a non capire, orfano di qualcosa che sapevo che c’era, e che non c’è più. e di cui, quando mi deciderò ad ascoltarlo sul serio, sentirò tremendamente la mancanza.
Jack